Tan - Fidelity | ESGnews

Intervista

Tan (Fidelity): la protezione della biodiversità è la prossima sfida per gli asset manager

Nei prossimi anni “nature positive” sarà il nuovo “net zero”. È questa la convinzione di Jenn Hui Tan Global Head of Stewardship and Sustainable Investing di Fidelity, che spiega come gli obiettivi di difesa della biodiversità, concordati durante la COP15 di Montreal dello scorso mese di dicembre, siano destinati ad avere un’importanza fondamentale nei prossimi anni. La protezione della natura è infatti strettamente connessa al raggiungimento dell’obiettivo di Net Zero, con il surriscaldamento climatico causa, ma anche effetto dei danni agli ecosistemi naturali. Un processo nel quale le società di asset management sono sempre più coinvolte, anche perché la perdita di biodiversità comporta rischi notevoli dato che secondo le stime circa il 50% del Pil mondiale sia legato alla natura. “Il cambiamento climatico e la natura restano una priorità per molti investitori, al contempo i clienti mostrano un continuo interesse per le strategie di investimento finalizzate al raggiungimento di emissioni zero e di una giusta transizione e alla preservazione della biodiversità” spiega Tan in questa intervista a ESGnews.

In che modo la tutela della biodiversità è importante nel percorso verso la decarbonizzazione del sistema produttivo? 

Il percorso di “atterraggio sicuro” a 1.5°c stabilito dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) presume che la natura continuerà a fornire pozzi di assorbimento del carbonio e servizi ecosistemici. Pertanto, il suo declino continuo mina la capacità della società di raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi. D’altro canto, il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori minacce per la biodiversità e ci si aspetta che diventi il principale fattore trainante nei prossimi decenni, soprattutto nelle regioni tropicali. Dal nostro punto di vista, l’incapacità di affrontare la perdita di biodiversità parallelamente al cambiamento climatico costituisce un fallimento nell’affrontare entrambe le questioni.

Cosa si intende per “nature positive” e perché è così importante? 

Nature positive” è un obiettivo globale volto a fermare e invertire la perdita di biodiversità entro il 2030, rispetto al livello di riferimento del 2020, e a ripristinare gli ecosistemi naturali entro il 2050. Il COP15 alla fine del 2022 si è rivelato un punto di svolta nel riconoscere l’importanza della natura se si vuole che il mondo raggiunga l’obiettivo “net zero” ed evitare gli effetti peggiori del cambiamento climatico. Sebbene non esista un modo facile per valutare rischi e opportunità legati alla natura, a differenza delle emissioni di carbonio per il clima, la spinta per una maggiore divulgazione aziendale più in generale, attraverso le raccomandazioni della Task Force on Nature-based Financial Disclosures (TNFD) e attraverso regolamenti come la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) sta portando quest’area nel suo ambito di applicazione in tempi relativamente brevi e viene presa in considerazione per l’inclusione da parte di standard setter globali come l’International Sustainability Standards Board (ISSB). Riteniamo che nei prossimi anni “nature positive” sarà il nuovo “net zero” poiché il cambiamento climatico diventerà sempre più una componente del modo in cui consideriamo i rischi per la biodiversità e il capitale naturale. 

L’accordo COP15 e l’obiettivo di proteggere almeno il 30% delle terre e delle acque del pianeta entro il 2030 rappresentano un piano ambizioso per proteggere la natura. Quali sono le azioni concrete per raggiungere questo obiettivo? 

Il Global Biodiversity Framework (GBF) di Kunming-Montreal è stato concordato al COP15 ed è stato ratificato da oltre 195 nazioni. Il quadro mira ad arrestare e invertire la perdita globale di biodiversità entro il 2030, con la visione di vivere in armonia con la natura entro il 2050 e comprende 23 obiettivi che i Paesi devono raggiungere entro il 2030. In seguito al lancio di questo framework, i decisori politici, gli investitori, le aziende e le iniziative a favore della natura hanno lavorato su una serie di politiche che i paesi potrebbero adottare per raggiungere questi obiettivi e trasformare le loro economie, migliorando sia gli ecosistemi locali che contribuendo alla mitigazione e alla resilienza climatica. Abbiamo assistito a innovazioni politiche in tutto il mondo, comprese nuove regole per le società di sviluppo immobiliare nel Regno Unito per migliorare la biodiversità, creando così una base per mercati naturali regolamentati, e la Legge Europea sul Ripristino della Natura. Quest’ultima stabilisce obiettivi specifici per gli Stati membri per aumentare il numero degli impollinatori, preservare gli spazi verdi urbani, cambiare le tecniche di gestione delle foreste e ripristinare gli habitat marini e la connettività fluviale.

Nonostante la sua importanza, la tutela della biodiversità è ancora sottovalutata dalle aziende. Come investitori, che tipo di iniziative ha sviluppato Fidelity per stimolare la consapevolezza su questo tema? 

Abbiamo sviluppato strumenti proprietari per integrare la sostenibilità nella nostra ricerca fondamentale sugli investimenti. La biodiversità è esplicitamente considerata nel nostro framework di rating ESG proprietario per quei settori in cui i nostri team di investimento lo ritengono rilevante, con 78 dei 127 sottosettori associati ad almeno un indicatore di biodiversità. Per integrare i nostri rating ESG, abbiamo sviluppato il nostro strumento SDG. Lo strumento fornisce una valutazione del contributo positivo di un’azienda ai risultati ambientali e sociali attraverso i suoi prodotti e servizi (ovvero “cosa” fa). La natura è inclusa nello strumento SDG, attraverso la valutazione del contributo dei prodotti e servizi di un’azienda al raggiungimento degli SDG rilevanti (come l’SDG 6 “Acqua pulita e servizi igienico-sanitari”, l’SDG 14 “La vita sott’acqua” e l’SDG 15 “Vita sulla terra”), contribuendo a identificare potenziali opportunità di investimento. Più in generale, lo strumento SDG aiuta a identificare gli emittenti che affrontano le cause della perdita di biodiversità come il cambiamento nell’uso del territorio e del mare (SDG 14 e 15), lo sfruttamento diretto (SDG 12 “Consumo e produzione responsabili”), l’inquinamento (SDG 3 “Buona salute e benessere”) o il cambiamento climatico (SDG 7 “Energia accessibile e pulita”). 

Pertanto, utilizziamo il nostro quadro di rating ESG per assicurarci di comprendere come gli emittenti gestiscono i loro impatti e la loro dipendenza dalla natura e integriamo questa analisi con l’uso dello strumento SDG per identificare le aziende che potrebbero contribuire positivamente a risultati favorevoli per la natura. 

Partecipate a iniziative collettive per la difesa della biodiversità?

Abbiamo diversi impegni tematici e collaborativi in corso legati alla biodiversità, inclusi quelli riguardanti il cambiamento climatico, l’inquinamento, il cambiamento nell’uso del territorio e del mare e lo sfruttamento diretto. La deforestazione rimane un impegno tematico di punta per Fidelity, poiché dati sempre più accurati e dettagliati (ad esempio provenienti dai satelliti) aiutano gli emittenti a comprendere i rischi per le loro catene di approvvigionamento. 

Siamo membri di diverse iniziative del settore, tra cui il Finance for Biodiversity Pledge. Come parte di questo impegno, abbiamo stabilito diversi obiettivi che includono la valutazione dell’impatto e la definizione di obiettivi di rendicontazione sulle questioni legate alla biodiversità entro il 2025. Siamo anche membri del Forum TNFD, contribuendo allo sviluppo del quadro e della relativa guida “Getting Started”.

Ci confrontiamo regolarmente con i clienti sul tema della biodiversità attraverso sessioni di formazione e incontri individuali.

Quali rischi vede per le aziende che non danno la giusta importanza alla biodiversità? 

La biodiversità è sottoposta a forti pressioni e la sua perdita comporta rischi finanziari notevoli. Si stima che oltre il 50% del PIL mondiale dipenda in misura moderata o elevata dalla natura. Il “Global Risks Report 2023” del World Economic Forum ha classificato la “perdita di biodiversità” tra i primi cinque “rischi che potrebbero avere l’impatto più grave nei prossimi 10 anni”. Pertanto, la preservazione della biodiversità e, in ultima analisi, la gestione dei rischi correlati sono fondamentali per garantire la prosperità sociale ed economica globale. 

Quali sono a suo avviso i maggiori rischi associati alla perdita di biodiversità?

I rischi associati alla perdita di biodiversità includono i rischi fisici derivano dal degrado del capitale naturale e dalla conseguente riduzione dei servizi ecosistemici chiave, da cui dipende l’attività economica. Questi includono, ma non sono ad essi limitati, gli eventi meteorologici più estremi e il degrado del suolo.

Ci sono poi i rischi di transizione che si sviluppano a seguito della risposta politica, normativa e dei consumatori al crescente consenso scientifico sugli impatti negativi associati alla perdita della biodiversità. Le attività nei settori ad alto impatto corrono un rischio maggiore di essere soggette a nuove leggi e regolamenti volti a ridurre gli impatti negativi. La risposta politica potrebbe portare a interruzioni delle catene del valore, compresa la produzione di proteine animali e di plastica. 

Infine sono presenti rischi legali e reputazionali si verificano quando le parti colpite dalla perdita di biodiversità cercano un risarcimento da coloro che ritengono responsabili, allo stesso tempo la mancanza di consapevolezza e considerazione per le parti interessate può ridurre il valore del marchio e portare alla perdita di clienti.