La Piattaforma sulla Finanza Sostenibile (PFS), il gruppo di esperti che ha il compito di aiutare e consigliare la Commissione Europea circa le politiche di finanza sostenibile, ha pubblicato l’atteso report in cui propone la struttura per la Tassonomia sociale che sarà ora messa al vaglio della Commissione.
L’obiettivo della tassonomia è quello di stabilire con chiarezza cosa costituisce un investimento sociale e quali attività economiche possono essere considerate socialmente sostenibili, così come è stato fatto con gli investimenti ambientali.
La PFS, infatti, aveva già in precedenza sottolineato che per garantire l’efficacia della strategia europea riguardo la finanza sostenibile, la Tassonomia ambientale (il cui atto delegato complementare è stato presentato il 2 febbraio) non è sufficiente in quanto non include, appunto, gli aspetti sociali.
Il report, che comunque non è vincolante per il testo che dovrà varare la Commissione europea, tiene conto dei feedback arrivati alla bozza presentata nel luglio 2021 che ha ricevuto 268 commenti. Tra i meriti individuati nei pareri ricevuti è stato sottolineato il fatto che la Tassonomia sociale possa rafforzare le definizioni e la capacità di misurare le ricadute sociali degli investimenti, rafforzando la capacità di indirizzare i risparmi verso attività con impatti positivi e che permettano di arrivare a una “giusta transizione”. D’altro canto è stata sottolineata la preoccupazione che fosse troppo appesantito il carico burocratico e amministrativo per gestire tutte le richieste di trasparenza e disclosure. Altri punti critici individuati sono l’armonizzazione con la legislazione nazionale e l’autonomia delle parti sociali. La maggioranza dei rispondenti ha votato a favore del fatto che la Tassonomia sociale si indirizzasse sia alle attività che agli enti. Su altri punti, invece, le opinioni sono apparse discordi a testimonianza di quanto la materia sia complessa e le implicazioni dipendano anche dalla visione soggettiva. Per esempio la quota di chi si è detto favorevole (35%) e chi contrario (39%) a legare le retribuzioni a criteri di sostenibilità si equivalgono.
Ora la palla passa alla Commissione europea che dovrà lavorare nei prossimi mesi al testo da sottoporre all’iter legislativo.
L’impostazione della Tassonomia sociale ricalca quella della Tassonomia ambientale. Se, però, alla base della tassonomia green vi sono criteri scientifici, la base di partenza di quella sociale sono i documenti fondamentali dell’Unione Europea e internazionali in materia e quindi: il pilastro europeo dei diritti sociali e il relativo piano d’azione; la Carta sociale europea; la Carta dei diritti fondamentali del l’UE e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, principi guida delle Nazioni Unite in materia di imprese e diritti umani (UNGP), gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Per venire incontro alle aspettative degli operatori di mercato che, secondo le analisi degli esperti, attendono per la tassonomia sociale una struttura comune a quella ambientale, è stata proposta una ossatura di base similare a quest’ultima. Quindi per valutare un’attività economica relativamente all’ambito sociale, la PSF consiglia di prendere in considerazione i seguenti fattori: lo sviluppo di obiettivi sociali; i contributi sostanziali in ambito sociale; il criterio ‘do no significant harm’ (DNSH); e le garanzie minime.
Da un punto di vista sociale gli stakeholder che possono essere ‘colpiti’ da un’azienda, e sulla cui relazione le attività economiche possono essere valutate, sono i dipendenti e i lavoratori lungo tutta la catena di approvvigionamento, i consumatori o gli utenti finali e le comunità interessate (direttamente o attraverso la catena del valore).
Pertanto, i tre obiettivi principali della tassonomia sociale saranno:
- Condizioni lavorative dignitose (anche per i lavoratori di eventuali fornitori);
- Standard di vita e benessere adeguati per gli utenti finali;
- Comunità e società inclusive e sostenibili.
Partendo da tali obiettivi, una società o un settore può essere valutato in base a differenti aspetti quali salute e sicurezza, assistenza sanitaria; salari; discriminazione; salute dei consumatori; formazione; trasparenza della gestione; contributo a porre in essere prestazioni sociali; servizi offerti alle comunità. Al contempo, il criterio poi del ‘do no significant harm’ (non fare danni significativi) garantisce che quando un’attività contribuisce a uno degli obiettivi sociali non danneggi nessuno degli altri. Tale criterio dovrà essere sempre esteso a tutti i rapporti e gli impatti di un’attività per evitare incoerenze, come ad esempio rischiare di ritenere positivo un contributo sociale sostanziale nei confronti di una società che in un altro settore agisce contro i principi sociali e o di governance. In tal modo, gli aspetti relativi alla corporate governance saranno generalmente collegati all’entità economica di partenza e saranno riconosciuti come criteri minimi di salvaguardia.
Infine, la tassonomia sociale considera le attività socialmente dannose. Analogamente alla tassonomia ambientale, la questione in questo caso è quale attività può essere considerata socialmente dannosa in qualsiasi circostanza.
Anche in risposta alle critiche giunte dal Parlamento UE in merito all’onerosità per le aziende di dover adeguarsi da un punto di vista normativo a una seconda tassonomia, la Piattaforma sulla Finanza sostenibile fornisce, in conclusione, due indicazioni su come garantire un equilibrio nel rapporto tra la tassonomia ambientale e la tassonomia sociale. Il primo è che, così come le garanzie minime sociali e di governance (UNGP e linee guida dell’OCSE sulle multinazionali) sono incluse nella tassonomia ambientale, allo stesso modo le garanzie ambientali minime dovranno far parte della futura tassonomia sociale. Il secondo è quello di intendere il criterio del “non fare danni significativi” sia da un punto di vista ambientale che sociale.