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Rapporto Immigrazione Caritas - Migrantes

Cresce disuguaglianza lavoro per immigrati, ma più donne fanno impresa

“L’alto livello di occupabilità dei migranti in Italia è in gran parte dovuta alla loro disponibilità a ricoprire lavori manuali non qualificati, spesso poveramente pagati: questo provoca un fenomeno di ‘etnicizzazione’ delle relazioni di lavoro, connotando fortemente alcuni settori occupazionali, come ad esempio il lavoro di cura. L’accentuarsi e il protrarsi di questo divario di tutele e di disuguaglianze economiche, accelerato dalla pandemia, rischiano di trasformarsi in una condizione permanente, un vero e proprio status non solo occupazionale, dal quale difficilmente si potrà uscire”. È la tendenza che emerge dal Rapporto Immigrazione di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes.

Il report sottolinea che in un quadro complessivamente critico esistono comunque dei positivi paradossi. In Italia si contano 136.312 imprese a conduzione femminile straniera, pari all’11,6% delle attività guidate da donne e al 23,8% delle imprese fondate da immigrati. Negli ultimi dieci anni sono aumentate del 42,7% e sono cresciute con un ritmo maggiore rispetto a quelle a conduzione maschile. Le titolari sono nate all’estero, soprattutto in Cina (34.000), Germania (10.000) e Albania (8.000) e le loro aziende crescono a un tasso più elevato di quelle a guida maschile.

Le donne con background migratorio che fanno impresa in Italia rappresentano circa il 10% di tutte le imprenditrici attive nel Paese. In Italia le imprenditrici immigrate, a fine 2021, sono 205.951, pari al 27,3% degli imprenditori nati all’estero, l’80% delle quali possiede imprese individuali. Indubbiamente il processo di crescita di queste aziende si inserisce in un percorso di integrazione positiva, che però non deve fare dimenticare che ci sono situazioni di famiglie immigrate, provenienti soprattutto da India, Bangladesh, Egitto e Marocco, dove la maggioranza delle donne è ancora esclusa dal mercato del lavoro.