Nei prossimi 5 anni gli asset investiti secondo criteri ESG raddoppieranno

BlackRock: la sostenibilità non è una moda passeggera

“Siamo di fronte a un cambiamento fondamentale nell’industria del risparmio gestito. La sostenibilità è qui per restare e nei prossimi 5 anni gli asset investiti secondo criteri ESG (Environmental, Social and Governance) a livello mondiale sono destinati a raddoppiare”.

E’ questa l’indicazione di un sondaggio effettuato da BlackRock presso 425 investitori, provenienti da 27 nazioni e con asset gestiti per 25 trilioni di dollari.

Il colosso dell’asset management, che ha sposato la filosofia degli investimenti sostenibili, aveva già richiamato l’attenzione sul tema del rischio climatico nella lettera inviata ai propri investitori dall’amministratore delegato Larry Fink lo scorso gennaio nella quale il ceo affermava che il climate change avrebbe obbligato gli investitoria riconsiderare le fondamenta stesse della finanza moderna”.

Una lettera che, per l’attenzione posta dalla comunità finanziaria alle parole di Fink e per il peso del gruppo che gestisce circa 7 mila miliardi di dollari, è stata considerata come un punto di svolta verso l’affermazione del criterio della sostenibilità nelle scelte degli investimenti finanziari.

E il recente sondaggio conferma la tendenza. “Siamo di fronte a un movimento tettonico nell’industria del risparmio gestito” si legge nel report da cui emergono alcune chiare tendenze.

La sostenibilità è qui per restare

La transizione in atto non è una moda passeggera. “Oltre la metà degli intervistati globali – il 54% – considera gli investimenti sostenibili fondamentali per i processi e i risultati di investimento” sottolinea il rapporto. Un cambiamento verso il quale l’Europa si mostra più avanti rispetto ad altre aree geografiche.

L’86% degli intervistati EMEA (Europa, Middle East e Africa) ha dichiarato che l’investimento sostenibile diventerà centrale nelle proprie strategie di investimento, una quota superiore al 64% che già le considera oggi molto importanti.

Il progresso più consistente è atteso nella Far East dove il 57% degli intervistati ritiene che la sostenibilità diverrà fondamentale nei criteri di investimento rispetto al 32% attuale, mentre nelle Americhe la quota salirà dal 40% attuale al 47%.

A livello globale solo il 5% degli intervistati pensa che gli investimenti non verranno toccati nel lungo periodo dall’onda verde.

Ma quali sono le ragioni che guideranno il cambiamento? La principale è una condivisione del credo di fondo: è la cosa giusta da fare (50% degli intervistati). I gestori europei pensano inoltre che sia il modo più efficace per migliorare la performance rispetto al rischio, mentre in Asia e America sono convinti che serva a mitigare il rischio degli investimenti.

In Europa il legislatore è motore di cambiamento e guida la definizione di una normativa per il settore, come nel caso della Tassonomia EU, mentre nel Far East e negli Stati Uniti il propellente viene più dalla spianta dei privati, management o board delle società.

Una trasformazione nell’allocazione del capitale

La consapevolezza dell’importanza dei rischi climatici si tradurrà in un nuovo modo di valutare gli investimenti. Gli intervistati prevedono di raddoppiare le proprie risorse gestite sostenibili nei prossimi cinque anni, passando dal 18% delle risorse gestite in media oggi al 37% in media entro il 2025. Sebbene l’aumento sia più pronunciato in EMEA, dove gli intervistati si aspettano che le masse investite in modo sostenibile debba salire al 47% delle attività totali entro cinque anni, anche gli intervistati di America e Asia si aspettano anche aumenti considerevoli.

Un percorso che replica quello avvenuto negli ultimi cinque anni che hanno visto il raddoppio degli asset under management investiti in modo sostenibile passati dagli 895 miliardi di dollari del 2016 ai 1.833 miliardi del 2020 (a fine settembre).

La pandemia globale non sembra aver ostacolato questo cambiamento, con solo il 3% degli intervistati che si aspetta di ritardare l’implementazione di investimenti sostenibili di conseguenza.

La sfida dei dati

Uno dei freni alla rivoluzione ESG è il ben noto problema dell’affidabilità dei dati. Il 53% degli intervistati globali ha citato la scarsa qualità o disponibilità di dati e analisi ESG come il più grande ostacolo a un’implementazione più profonda o più ampia dell’investimento sostenibile, superiore a qualsiasi altra barriera che abbiamo testato.

Una risposta che è stata coerente in tutte le regioni. Da segnalare che gli asset manager Usa e asiatici esprimono ancora il timore (rispettivamente nel 48% e 43% delle risposte) di non essere sicuri di riuscire a generare ritorni duraturi.

Il clima fa da padrone

Tra i tre pilastri degli investimenti ESG, ambiente, aspetti sociali e governance, le tematiche green confermano la propria centralità nell’attenzione degli investitori. Ben l’88% degli intervistati globali ha classificato l’ambiente come la priorità più importante da affrontare oggi, riflettendo l’urgenza rappresentata dal cambiamento climatico.

Un percorso facilitato dall’esistenza di un più chiaro quadro di obiettivi condivisi definito dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) e dai target dell’Accordo di Parigi, sebbene l’adozione di questi framework sia attualmente bassa, gli intervistati si aspettano che aumenti.

Un approccio completo al portafoglio

L’integrazione ESG sembra essere l’approccio più popolare all’investimento sostenibile, con il 75% degli intervistati globali che attualmente, o che stanno considerando di integrare criteri ESG nelle loro decisioni di investimento, seguito dal 65% degli intervistati che utilizzano, o che considererebbero di utilizzare, schermi di esclusione come meccanismo chiave per esprimere i propri principi di sostenibilità.

Reddito fisso e alternative destinate a crescere

L’asset class più toccata dalle valutazioni ESG è e rimarrà l’investimento azionario (per il 66% delle risposte), ma anche reddito fisso e investimenti alternativi illiquidi incrementeranno l’adozione di valutazioni sulla sostenibilità degli investimenti, portandola rispettivamente dal 42% al 61% e dal 36% al 56%.

Le risposte mostrano che l’indicizzazione è destinata a svolgere un ruolo più significativo in futuro, in particolare all’interno dell’EMEA, con una crescente attenzione all’indicizzazione del reddito fisso.