case green CBG impact report | ESG News

Settore immobiliare

La direttiva case green è legge. Ecco le nuove regole

Ha passato anche l’approvazione del Consiglio Ecofin. L’Energy Performance of Buildings Directive (Epbd) ha superato l’ultima fase dell’iter normativo, che in questo caso è durato tre anni, nonostante lo scetticismo espresso da alcuni governi europei, tra cui quello italiano, nei confronti della stretta sui requisiti di prestazione energetica per gli immobili dell’UE. La norma comunemente nota come “direttiva case green” sarà ora pubblicata nella Gazzetta Ufficiale europea ed entrerà in vigore 20 giorni dopo.  

La nuova legge punta ad accelerare la riduzione del consumo energetico e delle emissioni di gas serra del settore edilizio dell’UE. Agire sull’efficienza energetica degli edifici è fondamentale dato che l’85% degli edifici europei sono stati costruiti prima del 2000 e tra questi, il 75% ha una scarsa prestazione energetica (dati Commissione UE). Obiettivo finale è raggiungere un parco immobiliare a emissioni zero e completamente decarbonizzato entro il 2050. 

Come si traduce, però, nel concreto l’approvazione della direttiva in termini di effetti sui cittadini italiani ed europei? Di seguito facciamo il punto sulle caratteristiche della normativa così come approvata dagli eurodeputati il 12 marzo 2024, che aveva modificato il testo originale. In particolare, è stato spostato al 2030 (rispetto al 2028) l’anno a partire dal quale tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero, al netto di quelli pubblici, residenziali e non, per i quali l’obbligo slitta al 2028 (rispetto al 2026). 

Quali sono le regole della normativa delle case green 

Se prima la posizione dei legislatori europei fissava rigide tappe che ciascun Paese avrebbe dovuto seguire, il testo revisionato lascia agli Stati membri la facoltà di stabilire dei piani nazionali di ristrutturazione per ridurre i consumi energetici del proprio patrimonio edilizio. Unico traguardo comune è il raggiungimento nel 2050 di un parco immobiliare a zero emissioni. Il testo revisionato, inoltre, prevede che i nuovi edifici siano a emissioni zero a partire dal 2030, mentre i nuovi edifici occupati o di proprietà del settore pubblico dovrebbero essere a emissioni zero a partire dal 2028. Non vi è più l’obbligo di aumentare gradualmente la prestazione energetica degli edifici attraverso livelli minimi che i singoli edifici devono raggiungere. Gli Stati membri dovranno invece garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata negli edifici residenziali di almeno il 16% entro il 2030 e in un range compreso tra il 20 e il 22% entro il 2035. Sui requisiti minimi di prestazione energetica, il nuovo testo prevede che gli Stati membri ristrutturino il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% con le peggiori prestazioni entro il 2033. L’obiettivo è interrompere completamente l’uso delle caldaie a combustibile fossile entro il 2040 e smettere di sovvenzionare le caldaie autonome a combustibile fossile a partire dal 2025. L’anno di riferimento per monitorare i progressi futuri è stato fissato al 2020.

Negli obiettivi precedenti, invece, oltre agli obblighi sugli edifici nuovi, si prevedeva che gli edifici residenzialiavrebbero dovuto raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e D entro il 2033. Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi sarebbe dovuto avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D). Per prendere in considerazione le differenti situazioni di partenza in cui si trovano i parchi immobiliari nazionali, nella classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, la classe G avrebbe dovuto corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro.

Cosa prevede la norma per le caldaie

La data entro cui i sistemi di riscaldamento dovranno essere decarbonizzati è slittata al 2040 (rispetto al precedente 2035). Salta la pressione sull’eliminazione delle agevolazioni per le caldaie a combustibili fossili a partire dal 2024. Il divieto di sovvenzioni partirà dal 2025, ma sarà ancora possibile stabilire incentivi per le caldaie ibride alimentate quindi da un mix che include fonti rinnovabili.

Chi è esente

La normativa non si applica ai monumenti, e i Paesi UE avranno la facoltà di escludere anche edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri potranno inoltre estendere le esenzioni anche a edifici dell’edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche. L’esenzione è stata inoltre estesa alle seconde case abitate per meno di quattro mesi l’anno, gli immobili per la difesa e quelli con una metratura inferiore ai 50 m2.

I vantaggi della ristrutturazione degli edifici europei 

Gli edifici dell’UE sono responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra. Migliorare la loro prestazione energetica permette sia di efficientare il consumo energetico, sia di ridimensionare il costo delle bollette, con effetti positivi a cascata su questioni sociali urgenti come la povertà energetica o gli effetti delle emissioni sulla salute dei cittadini. 

Inoltre, secondo la Commissione UE, gli investimenti nell’efficienza energetica contribuiscono a stimolare l’economia e a creare più posti di lavoro verdi. Il settore edile dell’UE contribuisce per circa il 9,6% al valore aggiunto dell’UE e impiega quasi 25 milioni di persone in 5,3 milioni di imprese. Sono soprattutto le piccole e medie imprese (PMI) a trarre vantaggio da un mercato potenziato delle ristrutturazioni, poiché costituiscono il 99% delle imprese edili dell’UE e il 90% dell’occupazione nel settore.