Dal 18 agosto 2024 la legge sul ripristino della natura (Nature Restoration law) è ormai entrata in vigore. Si tratta di una norma chiave per la strategia dell’UE sulla biodiversità, che stabilisce obiettivi vincolanti per ripristinare gli ecosistemi degradati, in particolare quelli con il potenziale maggiore di catturare e immagazzinare carbonio e per prevenire e ridurre l’impatto dei disastri naturali.
Nonostante la Nature Restoration law sia ormai legge, il suo iter di approvazione è stato tutt’altro che semplice. La bozza di testo presentata a febbraio 2024 da Parlamento e Consiglio, infatti, è stata adottata definitivamente dal Consiglio il 17 giugno, dopo mesi di intense trattative e senza il voto favorevole di Italia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia e Svezia.
Proposta dalla Commissione UE il 22 giugno 2022, la Nature restoration law rientra nell’ambito della strategia europea sulla biodiversità per il 2030, che fa parte del Green Deal.
La legge sul ripristino della natura, in breve
Il contesto naturale europeo è in continuo declino, con oltre l’80% degli habitat in cattive condizioni. Con l’introduzione della nuova legge, il ripristino di zone umide, fiumi, foreste, praterie, ecosistemi marini e delle specie che ospitano aiuterà ad aumentare la biodiversità, a favorire importanti processi naturali (come l’impollinazione), a limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C, a rafforzare la resilienza e l’autonomia strategica dell’Europa, prevenendo i disastri naturali e riducendo i rischi per la sicurezza alimentare.
Nel dettaglio, il regolamento combina un obiettivo di ripristino generale per il recupero a lungo termine della natura nelle aree terrestri e marine dell’UE con obiettivi di ripristino vincolanti per habitat e specie specifici. Tali misure dovrebbero coprire almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e, in ultima analisi, tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. Tra gli ecosistemi inclusi dal regolamento vi sono quelli terrestri, costieri e d’acqua dolce, forestali, agricoli e urbani, tra cui le zone umide, i pascoli, le foreste, i fiumi e i laghi, nonché gli ecosistemi marini, tra cui i coralli.
Fino al 2030, gli Stati membri daranno priorità ai siti Natura 2000 nell’attuazione delle misure di ripristino.
Per gli habitat ritenuti in cattive condizioni, elencati nel regolamento, gli Stati membri adotteranno misure di ripristino pari:
- Almeno il 30% entro il 2030;
- Almeno il 60% entro il 2040;
- Almeno il 90% entro il 2050.
Obiettivo della norma è anche quello di aiutare l’UE a rispettare gli impegni assunti a livello internazionale, in particolare il Quadro globale per la biodiversità di Kunming-Montréal concordato alla Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità del 2022 (COP15).
Per quanto riguarda gli obiettivi specifici, la legge prevede:
- Target basati sulla legislazione vigente (per zone umide, foreste, praterie, fiumi e laghi, brughiere e macchia, habitat rocciosi e dune): migliorare e ristabilire habitat con biodiversità su larga scala e ripopolare specie migliorando e ampliando i loro habitat;
- Insetti impollinatori: invertire il declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 e raggiungere una tendenza crescente gli impollinatori, con una metodologia per monitorarli regolarmente;
- Ecosistemi forestali: raggiungere una certa connettività forestale, abbondanza di uccelli forestali comuni e stock di carbonio organico;
- Ecosistemi urbani: nessuna perdita netta di spazio urbano verde e copertura arborea entro il 2030 e un aumento costante della loro superficie totale dal 2030;
- Ecosistemi agricoli: aumento delle farfalle delle praterie e degli uccelli delle zone agricole, dello stock di carbonio organico nei suoli minerali delle zone coltivate e della quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad alta diversità;
- Ecosistemi marini: ripristino degli habitat marini come i letti di fanerogame marine o i fondali sedimentari che offrono benefici significativi, anche per la mitigazione dei cambiamenti climatici, e ripristino degli habitat di specie marine iconiche come delfini e focene, squali e uccelli marini;
- Connettività fluviale: identificazione e rimozione delle barriere che impediscono la connettività delle acque superficiali, in modo che almeno 25.000 km di fiumi siano ripristinati a uno stato di flusso libero entro il 2030.
Piani di ripristino nazionali
Obiettivi di ripristino diversi si applicano a ecosistemi diversi e gli Stati membri decideranno le misure specifiche che adotteranno nei loro territori. A tal fine, ogni Paese membro svilupperà un piano di ripristino nazionale, che definisca le esigenze di ripristino e le misure per soddisfare gli obblighi e raggiungere gli obiettivi della legge adattati al contesto nazionale e tenendo conto della diversità delle regioni.
I piani di ripristino nazionali dovrebbero includere una tempistica per l’attuazione, le risorse finanziarie necessarie e i mezzi di finanziamento previsti, nonché i benefici attesi, in particolare per l’adattamento e la mitigazione del cambiamento climatico. Gli Stati membri devono identificare sinergie con altre politiche, come il degrado del suolo, la prevenzione dei disastri, l’agricoltura, la pesca, la silvicoltura e lo sviluppo delle energie rinnovabili.
I Paesi membri, inoltre, devono presentare una bozza di piano alla Commissione entro due anni dalla data di entrata in vigore (metà 2026), che stabilisca le tappe fondamentali per il 2030, il 2040 e il 2050. Questi piani devono essere sviluppati in modo aperto e trasparente, consentendo al pubblico e a tutte le parti interessate di partecipare al processo.
D’altra parte, la Commissione, sostenendo le autorità nazionali nella creazione di questi piani, valuterà le bozze dei piani e potrà formulare osservazioni che gli Stati membri dovranno considerare nei loro piani definitivi. Entro sei mesi dal ricevimento di eventuali osservazioni, ogni Stato dovrà finalizzare il proprio piano, pubblicarlo e presentarlo alla Commissione. L’Agenzia europea dell’ambiente redigerà relazioni tecniche periodiche sui progressi verso gli obiettivi e gli Stati membri dovranno rivedere i propri piani entro il 2032 e il 2042 al più tardi.
Le fonti di finanziamento che potranno essere mobilitate sono i fondi necessari da fonti pubbliche e private, compresi i fondi europei, tra cui i fondi della politica agricola comune, i fondi regionali, il programma LIFE, Horizon Europe e il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura.
Entro il 2033, la Commissione riesaminerà l’applicazione del regolamento e il suo impatto sui settori dell’agricoltura, della pesca e della silvicoltura, nonché i suoi effetti socioeconomici più ampi.