L’interesse degli investitori focalizzati sulla sostenibilità ha subito negli ultimi tempi un significativo spostamento verso investimenti in aziende che consentono una transizione da “brown” a “green”, anziché concentrarsi principalmente su investimenti già verdi. Gli afflussi netti nei fondi focalizzati sulla transizione nell’UE, infatti, hanno quasi raddoppiato quelli nei fondi ambientali negli ultimi 2 anni, secondo un nuovo documento dell’European Securities and Markets Authority (ESMA), l’autorità di regolamentazione dei mercati dell’UE.
Nel suo report semestrale “Trends, Risks and Vulnerabilities” (disponibile qui), l’ESMA rileva la necessità di “finanziamenti significativi del settore pubblico e privato” per raggiungere gli obiettivi del Green Deal dell’UE (le stime più recenti indicano 1,6 trilioni all’anno fino al 2030, ovvero il 67% in più di quanto l’UE investe attualmente) e supportare la trasformazione dell’economia verso un modello più sostenibile. Secondo l’autorità di regolamentazione, mentre la crescita dell’interesse degli investitori per gli investimenti sostenibili negli ultimi anni “fa presagire un andamento favorevole per l’ambizione dell’UE”, gli sviluppi recenti hanno sollevato preoccupazioni sulla capacità di mobilitare con continuità il capitale privato per finanziare la transizione. A tal proposito, l’autorità cita la pressione politica diffusasi negli Stati Uniti negli ultimi anni, che ha portato a una crescente cautela nei confronti degli investimenti ESG e dell’impegno degli azionisti.
A seguito di queste pressioni, l’ESMA osserva che l’adozione degli investimenti ESG e la crescita dei mercati sostenibili si sono stabilizzati nel 2023 e che l’interesse degli investitori per i prodotti con caratteristiche di sostenibilità sembra essere rimasto relativamente stabile nella prima metà del 2024, con i fondi articolo 9 che hanno registrato deflussi netti di 9,4 miliardi di euro nel primo semestre dell’anno, e i fondi articolo 8 che hanno registrato afflussi netti di 50 miliardi di euro.
Mentre i fondi di investimento ESG si sono stabilizzati, tuttavia, il rapporto evidenzia l’emergere dell’interesse degli investitori per prodotti di investimento incentrati sulla transizione che effettuano investimenti mirati in aziende o settori in transizione. Sebbene non esista una definizione universalmente accettata per i fondi di “transizione”, attualmente ci sono ben 136 fondi UE che hanno un riferimento a “transizione” nel loro nome. Tra questi fondi, il 70% divulga ai sensi dell’articolo 8 dell’SFDR e il 22% ai sensi dell’articolo 9. Inoltre, nonostante questa categoria di investimenti emergenti sia ancora relativamente piccola (l’AUM dei fondi di transizione ammonta a 39 miliardi di euro rispetto ai 260 miliardi di euro dei fondi che utilizzano termini ambientali nel loro nome come “verde” o “a basse emissioni di carbonio”), gli afflussi netti cumulativi in questi fondi hanno quasi raddoppiato il ritmo delle loro controparti green negli ultimi due anni (come si vede nel grafico di seguito). I fondi di “transizione”, infatti, hanno in media attratto afflussi netti cumulativi di 27 milioni di euro negli ultimi due anni rispetto ai 14 milioni di euro dei fondi “verdi”.
Afflussi netti cumulativi nei fondi focalizzati sulla transizione e nei fondi green
In particolare, le conclusioni dell’ESMA sulla crescita dei fondi di transizione seguono le recenti raccomandazioni dell’autorità sulle regole di etichettatura ESG per i fondi. Infatti, in questo contesto, la soglia minima dell’80% per gli investimenti utilizzati per soddisfare le caratteristiche o gli obiettivi dei fondi e le esclusioni introdotte dalle linee guida ESMA dovrebbero rafforzare ulteriormente la credibilità di questi fondi e contribuire alla loro adozione in futuro. Inoltre, come parte di una valutazione a giugno 2024 del regolamento sulla divulgazione della finanza sostenibile (SFDR) dell’UE da parte delle autorità di vigilanza europee (ESA), tra cui l’ESMA, i regolatori hanno suggerito la creazione di una categoria di transizione per i prodotti finanziari che investirebbero in attività o asset che non sono ancora sostenibili, ma mirano a diventarlo nel tempo, con un percorso, considerando sia l’ambizione che la tempistica, compatibile con gli obiettivi ambientali e sociali dell’UE e globali.
In quest’ultimo rapporto, l’ESMA osserva che, sebbene non esista ancora un quadro o una definizione chiari per i fondi di transizione, questi fondi sembrano già adottare un approccio di investimento omogeneo, con un grado di somiglianza molto più elevato rispetto ai fondi verdi.
Tra le principali differenze rispetto ai fondi verdi, il rapporto rileva che i fondi di transizione tendono ad avere un’esposizione molto più elevata al settore dei combustibili fossili, a un livello simile a quello dei fondi non identificati come sostenibili. Gli investimenti in combustibili fossili dei fondi di transizione, tuttavia, sono altamente concentrati in aziende classificate dai fornitori di rating ESG come leader ambientali nel loro settore e con il potenziale per contribuire agli obiettivi ambientali dell’UE e tendono anche a favorire le obbligazioni verdi emesse da aziende del settore dei combustibili fossili e dei servizi di pubblica utilità. I fondi di transizione hanno anche una concentrazione molto più elevata in titoli emessi da aziende di servizi di pubblica utilità, il che, come nota l’ESMA, suggerisce che le strategie dei fondi di transizione potrebbero essere orientate verso settori che “consentono la transizione in modo più ampio”.
Esposizione dei portafogli dei fondi focalizzati sulla transizione vs. fondi green