L’EBA lancia un Discussion Paper sulla possibilità di includere i rischi ambientali nel quadro prudenziale del Primo Pilastro (Pillar 1) per le banche e le società di investimento. Un tema molto delicato per gli istituti di credito, impegnati da anni in un processo di rafforzamento patrimoniale sotto il pungolo delle autorità europee. Per questo la consultazione dell’EBA, che si concluderà il 2 agosto, vuole raccogliere il maggior numero di opinioni e pareri.
L’EBA, visti i potenziali effetti importanti sulla struttura patrimoniale degli istituti di credito e, quindi, sulla loro strategia, propone un esame approfondito, partendo dall’analisi di come i rischi ambientali siano già incorporati nelle altre categorie di rischio (di credito, di mercato e operativo), si chiede quale sia il migliore approccio suggerendo una prospettiva di lungo periodo nel quadro prudenziale, ponendo anche la questione dell’affidabilità dei dati. Infine chiede al mercato considerazioni su quale poi debbano essere le conclusioni operative su quale possa essere il migliore approccio per incorporare questi rischi nel capitale delle banche al fine di garantire la maggiore resilienza possibile agli eventuali shock ambientali.
D’altronde l’impatto del cambiamento climatico e la necessaria transizione verso un’economia sostenibile e altre sfide ambientali sono destinate a trasformare la nostra società. Secondo diverse previsioni, i rischi ambientali diventeranno più elevati in futuro, causando un aumento della frequenza e della gravità dei rischi fisici, oltre a rischi di transizione più evidenti a seguito dell’attuazione della politica ambientale, degli sviluppi tecnologici e del cambiamento delle preferenze dei consumatori.
Tutto questo potrebbe portare a un aumento dei rischi per la stabilità finanziaria nel suo complesso, con la crescita di eventi imprevedibili a breve e medio-lungo termine. Le caratteristiche dei rischi ambientali, infatti, stanno cambiando il quadro dei rischi per il settore finanziario, che ha un ruolo importante da svolgere non solo in termini di finanziamento della transizione, ma anche per il suo ruolo nella gestione dei rischi.
Per questo l’EBA, anche se in questo discussion paper si focalizza sul Pillar 1 ritiene che ci debba essere un approccio olistico da parte delle autorità nell’affrontare questi temi.
Allo stesso tempo, i fattori di rischio ambientali e in particolare quelli legati al clima sono stati identificati come fonti di rischi finanziari che possono concretizzarsi attraverso le categorie tradizionali di rischio prudenziale. Ed è proprio per questo motivo che la European Banking Authority (EBA) si è interrogata sulla questione se siano necessari adattamenti specifici del quadro prudenziale per tenere conto dei fattori di rischio ambientali.
Indice
Il Discussion Paper dell’EBA
Il discussion paper dell’EBA è finalizzato a chiedere sostegno e feedback, da inviare entro il 2 agosto 2022, al fine di fornire adeguati quadri e strumenti di vigilanza che possano sostenere il settore bancario europeo negli obiettivi di transizione verso un’economia più sostenibile e di mitigazione dei rischi derivanti dal cambiamento climatico e da più ampi fattori ambientali, sociali e di governance (ESG). Il documento pubblicato dall’EBA mira ad avviare il dibattito intorno a questi temi e a raccogliere un’ampia gamma di punti di vista e input.
Il nocciolo della questione è fare una valutazione sulla necessità e sulle modalità in cui inserire i rischi ambientali nel trattamento prudenziale del primo pilastro degli standard di Basilea III, relativi alle informazioni che le istituzioni finanziarie devono pubblicare per consentire ai propri clienti adeguate valutazioni. La relazione finale dell’EBA sul trattamento prudenziale, la cui consegna è prevista per il 2023, si rivolge sia agli istituti di credito che alle imprese di investimento, date le loro interconnessioni e la necessità di condurre analisi coerenti. Una volta, recepita, la Commissione UE dovrà decidere se legiferare o meno a riguardo.
I rischi tradizionali per il settore finanziario stanno subendo sempre più l’impatto dei rischi ambientali, in tutte le categorie, rischi di credito, di mercato e operativi compresi. Nel documento, infatti, l’EBA pone anche la questione se l’attuale quadro prudenziale possa tenere conto di questi nuovi fattori di rischio.
Il documento di discussione fornisce un’analisi della misura in cui i rischi ambientali sono già riflessi nei requisiti dei fondi propri del primo pilastro attraverso rating interni ed esterni, valutazione degli strumenti finanziari e delle garanzie, o analisi di scenario.
Il documento adotta un approccio basato sul rischio per assicurare che il quadro prudenziale rifletta i rischi sottostanti e sostenga la resilienza delle istituzioni finanziarie. Lo scopo del quadro prudenziale non è quello di raggiungere specifici obiettivi ambientali, ma piuttosto quello di trovare un approccio normativo olistico nel contesto del più ampio lavoro dell’EBA nell’area dei rischi ESG, che si concentra sulla trasparenza, sulla gestione del rischio, sulla supervisione del secondo pilastro e sulle riserve di capitale macroprudenziale. Il documento evidenzia anche le interconnessioni con il quadro contabile.
Quando si esaminano le attività degli istituti di credito e gli impatti dei fattori di rischio ambientale, il rischio di credito è particolarmente rilevante, in particolare nel contesto di un’analisi dei differenziali di rischio. Pertanto, l’EBA analizza nel dettaglio questo tipo di rischio, che rappresenta la porzione maggiore del “Risk-Weighted Assets” (RWA), ovvero le attività delle banche ponderate per il rischio.
Composizione del RWA in base al tipo di rischio
Come viene sottolineato nel documento, il modo in cui i rischi ambientali si traducono in rischi finanziari nel tempo rimane un’area di grande incertezza, in parte a causa della non linearità dei rischi ambientali. Questo ha inevitabilmente delle implicazioni sulla misura in cui il quadro del primo pilastro permette l’eliminazione automatica di tale rischio, in assenza di modifiche legislative.
Le sfide su natura e misurazione dei rischi ESG
Misurare i rischi ESG è un passaggio delicato, quindi, l’EBA suggerisce di considerare alcune sfide nella valutazione dei rischi ESG e nella loro incorporazione nelle metriche normative: l’identificazione e la misurazione dei fattori di rischio ESG; la misurazione dei canali di trasmissione tra i fattori di rischio ESG e le perdite effettive; le sfide poste dalla natura dei rischi ESG, ossia l’orizzonte temporale dei rischi ambientali e la conseguente necessità di adottare una prospettiva a lungo termine, rispetto all’orizzonte temporale previsto dalle norme prudenziali, viste anche le incertezze sui tempi e sull’entità (non linearità) degli eventi futuri.
Secondo diverse indagini, ad oggi solo un numero molto limitato di banche ha integrato direttamente i fattori ambientali nei parametri e nei modelli interni di rischio. Questi fattori, sottolinea l’EBA, non sono finora integrati nei modelli utilizzati per il calcolo dei requisiti patrimoniali per diverse ragioni: la mancanza di linee guida normative; la limitata evidenza della materialità e dell’impatto del rischio ambientale; la mancanza di un sistema di classificazione comune, standardizzato e completo; le preoccupazioni relative alle metodologie di quantificazione in diversi orizzonti temporali.
Incorporazione diretta dei rischi ESG nei modelli esistenti
L’obiettivo di costruzione di un quadro prudenziale olistico
In conclusione, secondo l’EBA è fondamentale garantire che i requisiti prudenziali riflettano i rischi sottostanti e sostengano in modo completo la resilienza delle istituzioni a tali rischi. Da una prospettiva di rischio ambientale, questo significa che i requisiti prudenziali devono riflettere i profili di rischio delle esposizioni per sostenere la sicurezza e la solidità delle singole istituzioni finanziarie, indipendentemente dal fatto che queste esposizioni siano “green”o dannose per l’ambiente.
Nell’analisi l’EBA si concentra sui requisiti di fondi propri del 1° pilastro, riconoscendo, tuttavia, che questi requisiti non possono coprire tutti i rischi cui sono esposti gli istituti di credito e le imprese di investimento. I requisiti del 1° pilastro, infatti, sono integrati dai requisiti supplementari sui fondi propri del 2° pilastro, che tengono conto dei rischi specifici dell’istituto. Inoltre, una serie di strumenti macroprudenziali considerano i rischi sistemici nel settore finanziario.
La novità dell’analisi dell’EBA risiede nel tentativo di garantire un quadro prudenziale olistico, suggerendo di mettere al centro il ruolo dell’ESG nella gestione del rischio da parte delle istituzioni e le pratiche di vigilanza, nonché l’esecuzione di stress-test climatici.
Esiste ormai una forte attenzione della comunità di vigilanza europea sui rischi ESG, tanto è vero che seppur indirettamente già sia nel quadro del primo pilastro che nel secondo vengono inclusi meccanismi che permettono di considerare nuovi tipi di fattori di rischio.
Tuttavia, la volontà dell’EBA è quella di inserire nel quadro prudenziale del primo pilastro modifiche mirate ai requisiti prudenziali esistenti per affrontare i rischi ambientali in modo più accurato. E per farlo esorta tutte le parti interessate a considerare e immaginare delle modifiche che si adattino al materiale esistente.