Previdenza complementare collettiva

Assogestioni – CNEL: serve una riforma mirata nella previdenza complementare

Il sistema pensionistico italiano, che si basa sul sistema finanziario a ripartizione (ovvero i contributi dei lavoratori in attività finanziano le pensioni di coloro che hanno lasciato l’attività) è in crisi da tempo, principalmente a causa di tre fattori: invecchiamento della popolazione, crisi del mercato del lavoro ed eccessiva spesa pubblica. Un’altra caratteristica del sistema pensionistico del nostro Paese è che si compone di tre pilastri: il primo pilastro è costituito dalla previdenza obbligatoria (gestito dall’INPS), il secondo dalla previdenza complementare su base collettiva ed il terzo dalla previdenza complementare individuale. Il secondo pilastro, che riguarda la previdenza complementare su base collettiva, è stato oggetto di dibattito al quarto seminario del ciclo “Risparmio, mercato dei capitali e governo dell’impresa”, nato dalla collaborazione tra il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) e Assogestioni e tenutosi a Roma. La previdenza complementare su base collettiva, che si realizza per scelta volontaria attraverso i fondi pensione (aperti, chiusi e negoziali) – ovvero organismi associativi che si costituiscono come soggetti giuridici gestiti da compagnie di assicurazione, banche, SIM o SGR – sembrerebbe fare fatica ad affermarsi come valida alternativa per i lavoratori.

La previdenza complementare si sta sviluppando solo lentamente e con risorse esigue. Siamo arrivati a un punto in cui bisogna decidere cosa fare: se continuare così o, come sarebbe auspicabile, cambiare passo nella direzione di un rafforzamento del secondo pilastro. Soprattutto in un periodo di incertezze come quello che stiamo vivendo, sarebbe bene avere un sistema previdenziale articolato, anche per incamerare maggiori risorse da impiegare per l’investimento di lungo periodo”, ha dichiarato Tiziano Treu, presidente del CNEL.

Il direttore generale di Assogestioni Fabio Galli ha addirittura parlato della necessità di “una riforma mirata della previdenza complementare, che porti alla nascita di un vero e proprio secondo pilastro”. Questo auspicio del direttore generale coincide con l’obiettivo di irrobustire il mercato dei capitali nazionale a beneficio delle imprese e delle infrastrutture. “L’Italia non può crescere pensando solo ai BTP (Buoni Poliennali del Tesoro, ndr)”, ha aggiunto Galli.

Angelo Marano, direttore generale politiche previdenziali e assicurative del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, invece, ha posto l’accento sul problema del mercato delle rendite vitalizie, che a suo avviso in Italia è ancora agli inizi e non funziona. “I fondi pensione fanno fatica a trovare questi strumenti sul mercato o pagano prezzi eccessivi e presentano quindi coefficienti di trasformazione peggiori rispetto al pubblico. Una situazione che deve essere cambiata per consentire un corretto funzionamento della previdenza complementare”, ha commentato Marano.

“Il nostro sistema finanziario è ancora piuttosto distante dall’ideale di completezza ed eterogeneità del mercato, anche per la carenza di investitori istituzionali forti”, ha sottolineato nel corso del Keynote Speech, Luigi Guiso, Axa professor of household finance presso l’Einaudi Institute for Economics and Finance (EIEF). “Il rafforzamento dei fondi pensione comporterebbe indubbi benefici tanto per i singoli risparmiatori, bisognosi di un piano di integrazione del futuro pensionistico, quanto per il tessuto imprenditoriale italiano e dunque per l’efficienza complessiva del sistema economico del Paese”, ha aggiunto.

Secondo i relatori intervenuti all’evento, data la centralità del tema per lo sviluppo economico del Paese, è necessario compiere un salto culturale di fiducia diffusa nei confronti dei fondi pensione, sostenuti da governo e istituzioni.

“È importante rilanciare un periodo di adesione di massa accompagnato da una adeguata campagna informativa. Prima però, riteniamo indispensabile rivedere il sistema di adesione ai fondi pensione e ridisegnare l’opzione di default in linea con le raccomandazioni dell’OCSE, dare maggiore flessibilità nella fase di erogazione delle prestazioni e rendere più efficiente la fiscalità per incentivare le adesioni ed eliminare le distorsioni della tassazione per maturazione dei rendimenti”, ha concluso Arianna Immacolato, direttore fisco e previdenza di Assogestioni.