Climate Impact Pledge Report 2023

LGIM: come l’engagement aiuta gli asset manager nella lotta al cambiamento climatico

Il tempo a disposizione per evitare che l’innalzamento delle temperature nel mondo superi gli 1,5°C si sta velocemente esaurendo, per questo la società di asset management Legal & General Investment Management (LGIM) ha deciso di rafforzare la propria attività di engagement e di stringere le maglie degli investimenti. Sono ben 299 le società individuate da LGIM come passibili di sanzioni di voto per non aver raggiunto gli standard minimi richiesti nella lotta ai cambiamenti climatici e di conseguenza le aziende da cui l’asset manager ha disinvestito salgono da 12 a 14 nel 2023. È quanto emerge dal settimo Climate Impact Pledge, il programma di engagement annuale di LGIM che mira a spingere le imprese a combattere i cambiamenti climatici, raggiungendo le zero emissioni nette.

Quest’anno LGIM ha deciso di estendere l’applicazione del Pledge a un numero maggiore di imprese, spingendole a fare di più in tema ambientale attraverso sanzioni di voto o di investimento. Attualmente, le imprese che rientrano sotto il programma sono più di 5mila e operano in 20 settori critici per raggiungere le zero emissioni nette. Solamente l’anno scorso il Climate Impact Pledge comprendeva circa 1000 società in 15 settori.

Michelle Scrimgeour, Ceo di LGIM

“Non c’è mai stato un momento più cruciale di questo per affrontare la grande sfida dei nostri tempi: i cambiamenti climatici. Eppure, dopo un anno di sconvolgimenti geopolitici ed economici, gli sforzi globali per stimolare la transizione energetica stanno vacillando. Riteniamo che i policymaker, gli investitori e i leader del settore debbano utilizzare ogni strumento legittimo a loro disposizione per mitigare il rischio sistemico posto dal cambiamento climatico. Ogni segmento dell’economia globale deve adeguarsi. In qualità di investitori responsabili, spetta a noi segnalare chiaramente alle società partecipate le azioni che vogliamo siano intraprese per innalzare gli standard di mercato. Iniziative come il nostro Pledge svolgono un ruolo chiave in questa attività e mostrano come cerchiamo di raggiungere il nostro scopo: creare un futuro migliore attraverso investimenti responsabili. In questo momento critico, è imperativo che tutti noi facciamo un passo avanti. Il cambiamento è ancora possibile, se agiamo ora. Il mondo ha i mezzi; richiede solo la volontà”, ha dichiarato Michelle Scrimgeour, Ceo di LGIM.

Le analisi quantitative di LGIM

L’espansione del programma ha portato LGIM a identificare 299 realtà aziendali che, secondo le sue analisi quantitative, potrebbero essere soggette a sanzioni di voto, non avendo raggiunto gli standard minimi richiesti nella lotta ai cambiamenti climatici.

Le società individuate come a rischio di sanzione vengono avvertite da LGIM in largo anticipo rispetto alle assemblee generali, cercando di lasciare loro tempo per sopperire ai deficit che hanno presentato. Inoltre, sebbene inizialmente il 20% circa delle aziende non fosse in linea con gli standard minimi di LGIM, quest’anno l’asset manager ha concesso alle aziende più piccole e alle nuove aziende aggiunte al settore tech e telecomunicazioni, più tempo per soddisfare le aspettative minime. 

Le analisi qualitative di LGIM

Oltre all’approccio quantitativo, LGIM ha identificato 105 società dette “dial mover”, con cui ha intrapreso attività di engagement più mirate (un aumento del 70% rispetto alle 60 identificate nel 2021). Queste imprese vengono selezionate sia per la loro dimensione, sia perché hanno le potenzialità per incentivare le azioni a favore del clima. Queste attività di engagement si svolgono su un arco di tempo annuale e, in assenza dei cambiamenti che LGIM vuole apportare, possono portare a sanzioni di voto o, nel caso dei fondi, al disinvestimento.

Quest’anno la società inglese applicherà sanzioni di voto contro 43 dial mover, tra i quali vi sono anche le società inserite nella lista degli esclusi. L’asset manager, infatti, ha aumentato le aspettative per riflettere le più recenti conoscenze scientifiche sul clima e gli standard del settore. 

Le aspettative sui dial-mover includono:

  • Ambiziosi e certificati obiettivi per raggiungere il net-zero, inclusa la presentazione di un piano di transizione con target di breve e medio termine;
  • La descrizione accurata, da parte delle imprese, delle azioni e degli investimenti racchiusi nel loro piano per il net-zero;
  • L’allineamento della retribuzione del top management della società agli obiettivi di breve e medio termine sulle emissioni;
  • Il raggiungimento degli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi, per i quali LGIM ha creato una “linea rossa” specifica per ogni settore sulla descrizione delle attività di lobbying per il clima, come l’essere membri di associazioni commerciali, spiegando quali provvedimenti prenderà la società se queste ultime non fossero allineate all’obiettivo degli 1,5°C;
  • La preservazione delle aree naturali e della biodiversità, integrandovi le implicazioni sociali, come punto fondamentale per un percorso verso le zero emissioni nette credibile:
    • In quei settori con un legame evidente tra biodiversità e strategie per il net-zero, le imprese dovrebbero valutare il loro impatto e la loro dipendenza dalla natura con un’ottica di gestione del rischio, mitigando o contrastando il loro impatto negativo su questa;
    • Nei settori in cui la transizione può portare a implicazioni sociali, le imprese devono incorporare una “transizione giusta” nelle loro strategie di decarbonizzazione.

Dall’analisi del 2023 è emerso che delle 105 aziende contattate, il 41% ha reso noto un impegno o un obiettivo a zero emissioni. I progressi variano a seconda del settore. Molte delle aziende del settore automobilistico, navale e delle utenze elettriche hanno fissato un obiettivo net zero, mentre permangono criticità nei settori dei materiali (alluminio, cemento, prodotti chimici) e dell’Oil&Gas.

Ambizioni net-zero per settore sulle società dial mover 

Fonte: LGIM, Climate Impact Pledge.

L’Oil & Gas non ha raggiunto gli standard minimi di LGIM

Nonostante i profitti record registrati dall’Oil & Gas, più di un terzo delle imprese del settore non hanno raggiunto gli standard minimi di LGIM e la maggior parte di loro non ha obiettivi sufficientemente ambiziosi di abbattimento delle emissioni. Anche i settori bancario, assicurativo e immobiliare saltano all’occhio per essere particolarmente arretrati nello stabilire e raggiungere obiettivi ambiziosi per le zero emissioni nette.

Nel suo Climate Impact Pledge, LGIM osserva che questi settori hanno la capacità di guidare la riallocazione di capitali e di separare crescita economica ed emissioni di CO2.

Percentuale di imprese che raggiungono gli standard minimi per settore e di quelle con obiettivi sulle emissioni ambiziosi

Fonte: LGIM, Climate Impact Pledge.

Europa e UK leader per obiettivi sul clima, l’Asia migliora

Francia e Regno Unito sono ancora leader per obiettivi climatici, mentre, tra le nazioni che appaiono nel grafico sottostante, LGIM ha osservato un miglioramento significativo delle imprese coreane e cinesi tra il 2021 e il 2023, seguite dal Giappone.

Infine, sebbene anche gli Stati Uniti abbiano migliorato il loro punteggio rispetto allo scorso anno, rispetto alle altre aree geografiche sono quelli che continuano a segnare i progressi più contenuti.

Rating CIP negli anni in nazioni selezionate (2021-2023)

Fonte: LGIM, Climate Impact Pledge.

Inoltre, LGIM ha riscontrato anche miglioramenti nei tassi di risposta alle attività di engagement, che quest’anno ha raggiunto l’80%, contro il 78% del 2022. Tuttavia, le imprese dei mercati emergenti (tra cui Cina, India e Malesia) sono state generalmente le meno propense ad accogliere l’invito di LGIM ad agire contro i cambiamenti climatici. Tra le 21 imprese “non-responsive”, 13 (il 62%) hanno sede nei mercati emergenti. Quando una società non dà seguito alle richieste di engagement di LGIM, la sua performance viene valutata tramite fonti esterne e le informazioni di pubblico dominio emanate dalla stessa.

I disinvestimenti di LGIM

La lista delle imprese da cui LGIM ha disinvestito conta 14 nomi, di cui 12 erano già presenti dagli scorsi anni (AIG, China Construction Bank, China Resources Cement, Exxon Mobil, Hormel, Industrial Commercial Bank of China, Invitation Homes, KEPCO, Loblaw, MetLife, PPL e Sysco), mentre Air China e COSCO Shipping Holdings si sono aggiunte quest’anno per non aver raggiunto gli standard minimi ambientali richiesti.

Al contrario, la China Mengniu Dairy è stata reintegrata poiché dopo essere stata spronata con attività di engagement dirette, l’azienda si è dotata di una politica sulla deforestazione e si sta impegnando per la carbon neutrality entro il 2050 e ha rispettato quanto stabilito da LGIM.

Società da cui LGIM ha disinvestito

Fonte: LGIM, Climate Impact Pledge.