Una piantina, metafora di Esg

Intervista

IMPact SGR, ecco le differenze tra ESG e impatto

Investimenti a impatto o ESG? Sebbene i due concetti possano apparire in larga parte assimilabili, e i primi possano sembrare una sorta di evoluzione dei secondi, ci sono delle importanti tra i due universi, che si traducono anche in diversi approcci nella costruzione di un portafoglio. Esistono dei titoli che possono avere un elevato rating ESG ma non esprimere un impatto positivo, e addirittura ci possono essere società che al contrario producono un importante impatto ambientale o sociale ma non avere un buon punteggio ESG. 

“La performance ESG, per come sono costruiti i rating – e prendendo in considerazione le varie differenze di metodologia tra I diversi operatori – valuta principalmente la capacità manageriale di gestire i rischi e le opportunità di natura extra finanziaria su base settoriale”, spiega a ESGnews Dario Mangilli, head of sustainability di IMPact SGR. “Ben differente è la misurazione della performance di impatto, con cui si prova a misurare gli effetti reali, ambientali o sociali, che la società con i suoi prodotti e servizi genera sugli stakeholder, quindi sulle persone e sull’ambiente”, aggiunge. 

Dario Mangilli, head of sustainability di IMPact SGR

Ovviamente, l’esperto ritiene che l’ESG sia un’ottima baseline per promuovere la finanza sostenibile, “ma è comunque indispensabile secondo noi ragionare in termini di effetti che una determinata società genera sulla qualità di vita delle persone e sull’ambiente, in relazione a CO2, biodiversità, gestione dei rifiuti e adozione di modelli di economia circolare. La misurazione di questi effetti è a nostro avviso un’evoluzione necessaria per fare innovazione di prodotto nel risparmio gestito attivo”. 

L’impact investing è nato come approccio agli investimenti dopo la crisi finanziaria globale, e il termine è stato coniato dalla Fondazione Rockefeller per indicare la possibilità di una forma di capitalismo al servizio delle comunità e dell’ambiente, ricorda Mangilli. Questo approccio si è affermato gradualmente, restando a lungo un fenomeno comunque di nicchia, ma negli ultimi tempi ha vissuto un‘importante accelerazione, che ha spinto molte società di asset management a costruire portafogli sostenibili pensando in primo luogo all’impatto degli investimenti sottostanti. 

Caratteristiche degli investimenti di impatto 

Un investimento di impatto, spiega Mangilli, è connotato da tre requisiti: “intenzionalità, misurabilità e addizionalità, cioè deve generare intenzionalmente e in modo misurabile un obiettivo di impatto nel perseguire un rendimento”. In tal senso, aggiunge, si può distinguere tra investimenti impact first, che cercano in via prioritaria un impatto positivo e in via secondaria un rendimento, e financial first, in cui il rendimento risk-adjusted è la priorità, ma ci si domanda come ottenerlo perseguendo allo stesso tempo obiettivi di impatto. 

“Anche se l’impact nasce in ambito non quotato, i tempi sono maturi per pensare di passare agli investimenti di impatto anche in ambito quotato, il che è ciò che stiamo facendo noi nei nostri fondi”, afferma l’esperto di IMPact SGR. “Se si vuole parlare seriamente di realizzazione degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, – aggiunge – il coinvolgimento dei mercati finanziari è essenziale”. Ovviamente una parte dell’equazione cambia: in ambito non quotato si inietta liquidità nelle società che promettono di perseguire un impatto, ma se si applica il modello alle società quotate in questo caso si opera sui mercati secondari, non c’è iniezione diretta nelle aziende. Pertanto, la dimensione dell’addizionalità deve cambiare forma. “Ciò che facciamo noi – dice Mangilli – è tentare di realizzare l’addizionalità con l’engagement”. 

Quando c’è divergenza tra ESG e impatto

Spesso la misurazione dell’impatto porta a considerazioni che potrebbero essere opposte rispetto alla misurazione ESG. 

“Un esempio interessante di divergenza tra performance ESG e performance di impatto è McDonald’s, che sul fronte ESG ha punteggi discreti o addirittura buoni, a testimonianza di una capacità manageriale di gestire i rischi specifici che si presentano a livello settoriale nel settore alimentare, ma dal punto di vista dell’impatto presenta una performance negativa”, racconta Mangilli. Questo accade perché, prosegue l’esperto, anche se il gruppo riesce a generare molto lavoro assumendo lungo tutta la filiera produttiva (quindi con impatto positivo a livello sociale, anche per le tasse che paga) ha impatti negativi sulla base di due fattori: “gli impatti negativi sulla salute dei prodotti che vende, perché nell’evidenza scientifica diete con elevate quantità di zuccheri aggiunti e grassi sono associate a malattie cardiovascolari e diabete; e una filiera produttiva della carne ad altissima intensità di CO2 equivalente. La produzione della carne genera molto gas metano, che ha un potenziale di global warming rispetto alla CO2 in rapporto di 25 a 1”. Nel complesso, McDonald’s ha un indicatore di impatto, secondo il provider di IMPact SGR, di -46%. 

Riccardo Salviato, impact research analyst di IMPact Sgr

Ma le divergenze non si fermano qui, interviene Riccardo Salviato, impact research analyst di IMPact SGR. Esistono infatti anche casi opposti: società con performance ESG modeste e performance di impatto positive. “È il caso, per esempio, di Exact Sciences, un’azienda di diagnostica molecolare specializzata nell’individuazione precoce dei tumori. Nel suo caso, il rating ESG in base al nostro provider è medio, ma ha un net impact ratio molto elevato, +83%”, argomenta Salviato. In questo caso, sul punteggio ESG pesa la parte di governance, “perché in passato la società ha avuto qualche scandalo, anche se con il passare del tempo le cose si sono evolute in senso positivo. Ma anche se l’impatto ambientale non è particolarmente rilevante, è molto importante quello sociale, visto che contribuisce a ridurre il rischio di letalità dei tumori”, aggiunge Salviato. 

La misurazione di impatto 

La tecnologia può giocare un ruolo essenziale nella misurazione dell’impatto, che si gioca soprattutto sul core business dell’azienda, sottolineano gli esperti di IMPact Sgr. “Noi per esempio su questo fronte collaboriamo con The Upright Project, una società tecnologica finlandese specializzata nella quantificazione e misurazione dell’impatto ambientale e sociale generato dalle imprese, che si avvale di modelli di intelligenza artificiale semantica”, afferma Mangilli. Questa società analizza 15mila prodotti venduti da migliaia di aziende facendo “correre” l’algoritmo di analisi semantica su diversi database. In questo modo, con l’analisi su parole chiave e attingendo da un bacino di conoscenza scientifica sicuramente perfettibile ma in continua evoluzione, stima un rapporto causa-effetto tra categorie di prodotti e categorie di impatto. In particolare, prende in considerazione quattro dimensioni di impatto che a loro volta si declinano in 19 categorie di impatto.

La selezione è uno degli aspetti più delicati nella strategia di investimento. Mangilli osserva che la transizione la faranno soprattutto le società che oggi sono a impatto negativo e che hanno intrapreso o stanno per intraprendere un percorso verso un impatto positivo. “Occorre essere molto pragmatici, ed è quindi giusto guardare sia a quelle che hanno già oggi un impatto netto positivo, magari per modello di business intrinseco (una società che produce vaccini avrà necessariamente una sovraperformance stellare nella categoria health), ma non limitarsi a esse”. 

Verso l’impatto, una strada segnata

Il percorso di spostamento del focus all’impatto sembra una strada segnata, secondo IMPact. “La spinta normativa dell’UE va esattamente nella direzione di ragionare in termini di effetti, e secondo noi questa è la direzione giusta”, afferma Mangilli. La tassonomia – spiega – si può considerare un insieme di misurazioni sul grado di allineamento su due dei sei obiettivi ambientali, quindi si pone in ottica impact. Non solo. Anche il regolamento SFDR, nel chiedere la disclosure sui Principal Adverse Impact Indicators, ragiona in questi termini. 

“Noi abbiamo due prodotti art 9 SFDR in gestione che si incentrano sulla misurazione delle performance di impatto, al fine di costruire un portafoglio che possa perseguire intenzionalmente un obiettivo ‘impact’. Siamo convinti che le esternalità che le imprese generano, negative o positive, e che oggi non trovano spazio nei conti economici, presto lo faranno, in virtù di dinamiche regolamentari o dell’evoluzione delle preferenze dei consumatori. Il nostro scopo è di individuare quali siano questi effetti anche per suggerire idee di investimenti. Per esempio, sulle emissioni di CO2, stiamo andando in modo inevitabile verso un carbon pricing”, conclude Mangilli.