Intervista

BlueBay: è tempo di una nuova ondata di fondi ESG?

Nel mondo dei fondi ESG potrebbe essere arrivato il momento di una ventata di novità, per introdurre una maggiore varietà di approcci. L’attuale contesto di alta volatilità del mercato ha messo in luce i limiti dei fondi ESG (Environmental, Social, Governance) che seguono un approccio long-only. Anche gli investimenti attenti ai temi della sostenibilità potrebbero quindi essere oggetto di un rinnovamento, introducendo una maggiore varietà di stili di gestione. My-Linh Ngo, Portfolio Manager e responsabile degli investimenti ESG di RBC BlueBay Asset Management, analizza alcuni possibili rischi e benefici di un approccio alternativo agli investimenti ESG. In particolare riflette sulla capacità delle vendite allo scoperto di influire sul cambiamento del mondo reale. O sui rischi inerenti una regolamentazione ambigua su alcuni punti riguardo le posizioni corte in portafoglio. E sottolinea come l’aspetto relativo alla qualità dei titoli ESG li ponga in una posizione di maggiore resilienza anche nelle fasi negative del mercato.

My-Linh Ngo, Portfolio Manager e responsabile degli investimenti ESG di RBC BlueBay Asset Management

Il 2022 ha mostrato un incremento della volatilità dei mercati. Vede una maggiore attenzione verso le strategie liquid alternative nel segmento ESG, come i fondi long/short?

Sì, sicuramente. Un approccio long/short, che affianca a posizioni detenute in portafoglio in ottica di lungo periodo altre che permettono di avvantaggiarsi in caso di calo dei mercati, potrebbe consentire una maggiore flessibilità negli strumenti disponibili per gestire i rischi di ribasso, ma non necessariamente. Data l’elevata correlazione tra le strategie gestite in base a considerazioni ESG e i fattori di qualità, si potrebbe sostenere che, in una fase di ribasso del mercato, alcuni fondi ESG long-only potrebbero potenzialmente essere abbastanza resistenti, dato il loro orientamento alla qualità.

I fondi ESG long-only più tradizionali hanno generalmente prosperato nei mercati in rialzo. Ma sono più adatti ad affrontare periodi di maggiore volatilità? Gli investitori stanno perdendo un’opportunità concentrandosi solo sui fondi long only?

Nella realtà non è tutto bianco o tutto nero. Storicamente parlando, le strategie attive offrono certamente una migliore protezione dalla volatilità del mercato rispetto a quelle passive, in particolare nelle fasi di ribasso. In generale, avere la flessibilità di andare long o short può ampliare gli strumenti a disposizione per gestire i movimenti del mercato. Ma non dimentichiamo che le strategie long-only possono comunque avvalersi di strumenti derivati, che possono offrire protezione, ad esempio acquistando CDS (Credit Default Swap) per una singola società o un indice, e sono spesso più liquidi rispetto alla semplice vendita allo scoperto di un singolo titolo.

Cosa pensa delle attuali normative sullo shorting, in particolare per quanto riguarda le posizioni ESG?

È certamente necessario che i regolatori – non solo quelli europei – forniscano una guida migliore per le attività di shorting nei portafogli. Spesso vengono dimenticate e molti requisiti sono scritti con un orientamento long-only.

L’ambiguità non è d’aiuto quando, nell’ambito delle normative ESG, gli investitori devono effettuare un reporting a livello di portafoglio. Prendiamo ad esempio il regolamento SFDR dell’UE: ci sono poche indicazioni esplicite su come tenere conto degli short, se debbano rientrare o meno nell’ambito di applicazione quando si tratta di promuovere una caratteristica “E” o “S” nel caso di un prodotto ai sensi dell’articolo 9, o quando si tratta di calcolare i principali impatti negativi (Principal Adverse Impact, PAI).

Cosa può dirci sulle attuali problematiche legate al greenwashing? I fondi liquid alternative devono aumentare la trasparenza del loro reporting ESG?

Quando si rendicontano le esposizioni agli investimenti long/short a livello di portafoglio, è fondamentale chiarire se l’attività di shorting è stata utilizzata per gestire l’esposizione a rischi e/o opportunità finanziariamente rilevanti, oppure per evidenziare gli impatti ESG reali associati alle posizioni a livello di portafoglio. Le due cose non devono essere confuse: la rendicontazione per la trasparenza ESG è diversa dalla rendicontazione per l’esposizione al rischio ESG.

La prassi migliore sarebbe quella di fornire una trasparenza completa per evitare una rappresentazione fuorviante. Ciò può significare segnalare separatamente le esposizioni lunghe e corte ai fattori ESG, oltre a qualsiasi approccio di aggregazione che possa includere la compensazione delle posizioni long/short.