Le donne costituiscono il 39% dei board delle società italiane in cui investe BNP Paribas Asset Management, e il 25% delle società investite a livello globale, contro una media del 18% nelle quotate in generale. Lo rivela BNPP AM in un comunicato, citando le evidenze di uno studio globale sulla presenza femminile nei consigli di amministrazione, in cui l’asset manager ha confrontato le 3.500 società in cui investire con le 17mila quotate registrate nella banca dati Institutional Shareholder Services (ISS).
Il dato della partecipazione femminile ai board delle società italiane in cui BNPP AM investe è molto interessante, sia perché è leggermente più alto di quello rilevato nelle quotate italiane (fermo al 36%), sia perché risulta il più alto in Europa dopo quello relativo alle partecipate francesi, in cui la presenza femminile nei Cda sale al 43,5%.
A livello globale, rileva lo studio, le donne costituiscono in media il 25% dei membri dei consigli di amministrazione delle società in cui investe BNPP AM, rispetto al 18% delle società quotate. Le differenze geografiche sono notevoli: Europa, Sud Africa e Australia si dimostrano le più avanzate in termini di parità di genere, rispetto ad Asia, Sud America e Medio Oriente. Le dimensioni della società, il Paese di appartenenza e le normative locali incidono significativamente sulla partecipazione femminile ai consigli di amministrazione e sono fattori chiave che gli investitori devono considerare.
“Finanza sostenibile vuol dire investire su aziende che puntano su inclusione e diversity a tutti i livelli, anche nella presenza femminile nei board“, spiega la nota di BNP Paribas Asset Management, sottolineando che questo aspetto è prioritario e rappresenta uno dei pilastri della sua Global Sustainability Strategy.
Le differenze nelle varie aree geografiche
Per raggiungere l’obiettivo di creare valore sostenibile nel lungo periodo anche attraverso la diversity e la maggiore partecipazione delle donne, BNPP AM ha introdotto specifici criteri di voto assembleare sulla diversità di genere, che sono stati successivamente rafforzati, e variano a seconda della regione. In Europa, Nord America, Australia, Sud Africa e Nuova Zelanda si applica una soglia obiettivo del 30% minimo di donne nei consigli di amministrazione, contro il 15% in America latina, Asia, Medio Oriente e Africa (escluso il Sudafrica), regioni considerate meno avanzate in termini di inclusione. Inoltre, la diversity all’interno dei consigli di amministrazione è incorporata nella metodologia di rating ESG proprietaria di BNPP AM.
Tra le aree in cui BNPP AM applica una soglia minima del 30%, in Europa (34%), Australia e Nuova Zelanda (35%) e Sudafrica (33%) l’obiettivo è stato raggiunto e superato, mentre negli Stati Uniti si registra una media del 27%. Tutti dati migliori rispetto all’universo di società quotate nel database ISS: nessuna delle aree geografiche citate sopra ha, infatti, raggiunto la soglia del 30%.
Laddove la soglia fissata è del 15%, invece, la presenza femminile nei board ha raggiunto per le società in portafoglio una media del 29% in Africa (escluso il Sudafrica) e del 16% in Medio Oriente, mentre Asia e America latina (entrambe al 12%) non hanno raggiunto la soglia minima. Notevoli le differenze tra Paese e Paese: ad esempio, nel Sud-Est asiatico, Malesia, Singapore India hanno un tasso di diversity più alto. La stessa cosa accade anche tra le economie emergenti: la percentuale qui è del 10% e solo l’Africa (escluso il Sudafrica) si distingue, con una media del 22%.
“Le differenze geografiche riscontrate vanno viste all’interno di una cornice più ampia, che tenga anche conto del contesto economico, socio-culturale e normativo”, sottolinea Orsolya Gal, Senior Stewardship Analyst di BNPP AM. In particolare, “le società con una maggiore capitalizzazione di mercato tendono a integrare il tema della diversity più facilmente rispetto alle società più piccole. Allo stesso modo, anche l’esistenza di quote stabilite per legge, come quella richiesta dalla legge Copé-Zimmerman in Francia, o più di recente in Germania, incide sul livello di presenza delle donne nei consigli di amministrazione”.
Politica di voto di BNPP AM
Solo nel 2021 BNPP AM ha respinto la nomina del 37% di membri dei board, principalmente a causa di problemi relativi alla diversity. Si tratta di un livello in costante crescita (in aumento rispetto al 20% nel 2018, il 29% nel 2019 e il 36% nel 2020) e che dimostra le forti aspettative di BNPP AM riguardo alla presenza femminile nei consigli di amministrazione.
Nel 2021, l’aumento più significativo del tasso di opposizione di BNPP AM è avvenuto in Asia, come conseguenza diretta dell’introduzione della soglia del 15% nello stesso anno. In Giappone, ad esempio, BNPP AM si è opposto al 57% delle nomine nel 2021, 20 punti percentuali in più rispetto al 2020. Lo stesso fenomeno emerge, dopo l’applicazione della “regola del 30%”, anche in Europa e Nord America, dove i tassi di opposizione sono aumentati in modo significativo tra il 2019 e il 2020, passando rispettivamente dal 13% al 22% e dal 36% al 51%.
Oltre a questo, BNPP AM si impegna nei confronti delle società in cui investe attraverso un dialogo diretto con le realtà che non rispettano la politica di voto. Nel 2021, BNPP AM ha avviato un confronto con 36 società, 13 delle quali hanno successivamente adottato modifiche in linea con i requisiti della politica di voto.
“La nostra politica di voto ora include un obiettivo del 40% di presenza femminile nei consigli di amministrazione da raggiungere entro il 2025”, afferma Michael Herskovich, Global Head of Stewardship presso BNPP AM. “Nonostante le disuguaglianze in alcune regioni, dobbiamo essere soddisfatti dei progressi compiuti finora, che testimoniano l’efficacia del nostro impegno, e mantenere il dialogo con le imprese al fine di supportarle in questo cambiamento. In quanto azionista fortemente impegnato su questo fronte, abbiamo stabilito requisiti ambiziosi ma siamo consapevoli delle diverse realtà dei mercati. Allo stato attuale, se dovessimo richiedere da subito una presenza femminile minima pari al 40% del totale, il 39% delle aziende soddisferebbe il criterio in Europa, mentre solo il 3% in Asia”, conclude.