superbonus pmi

L'opinione di Guillaume Chieusse di Oddo BHF AM

Settore energetico: sfide e opportunità di investimento

Nell’anno in corso, abbiamo osservato un netto calo dei prezzi dell’energia, che ha comportato una forte sottoperformance delle utility europee quotate. La ragione di questo calo più marcato del previsto dei prezzi dell’energia risiede in un calo sostanziale dei costi della CO2, unito a una riduzione di altri costi di input.

Dipendenza europea dal GNL spot statunitense

Il termine gas naturale liquefatto (GNL) si riferisce al gas naturale (principalmente metano) che è stato raffreddato allo stato liquido per renderne più facile e sicuro il trasporto e lo stoccaggio. I principali operatori GNLsono le grandi compagnie petrolifere nazionali internazionali, grazie alle loro forti risorse finanziarie e politiche.

I prezzi del gas si sono dimezzati dal novembre 2023, passando da circa 14 dollari per unità metrica milione di British Thermal Unit (mmbtu) a circa 7 dollari nel febbraio 2024. Questo calo si riflette anche nella Title Transfer Facility (TTF) olandese, il parametro di riferimento per i prezzi del gas in Europa, che è sceso da 42 euro/MWh a 25,2 euro/MWh nello stesso periodo (48% a/a).

L’Europa è fortemente dipendente dal GNL spot statunitense, che rappresenta quasi il 50% delle importazioni europee totali di LNG nel 2023, con 120 miliardi di metri cubi (bcm). Il prezzo minimo per l’approvvigionamento di questo GNL dipende dalle dinamiche dell’offerta di mercato ed è quindi direttamente collegato ai prezzi spot Henry Hub degli Stati Uniti. In un mercato del GNL limitato, il prezzo minimo (che include le spese di liquefazione, trasporto e rigassificazione) sarà più alto, mentre in un mercato con un eccesso di offerta, il livello del prezzo minimo sarà più basso (al costo marginale del GNL statunitense).

Con le limitate aggiunte di capacità di GNL a breve termine e la ripresa della domanda cinese e del Sud-Est asiatico, si prevede che l’offerta di GNL si restringa fino alla seconda metà del 2026. In tal senso, la capacità della domanda di soddisfare il successivo massiccio aumento di capacità a medio termine (circa 150 milioni di tonnellate aggiuntive all’anno dal 2026 al 2028) sarà fondamentale per la determinazione del prezzo dell’energia in Europa.

Verso la normalizzazione dei prezzi dell’energia

Stabilendo i costi marginali di generazione, le dinamiche del gas in corso e l’offerta aggiuntiva di fonti nucleari e idroelettriche potrebbero influenzare le dinamiche dei prezzi dell’energia a breve termine. Inoltre, il crescente sviluppo di asset di energia rinnovabile avrà un impatto significativo sul mix energetico.

Il calo significativo dei prezzi dell’energia all’ingrosso, registrato da un anno a questa parte, potrebbe mettere sotto pressione i margini delle utility europee oltre il 2024, in quanto le coperture ad alto prezzo garantite durante la crisi energetica si esauriranno gradualmente.

L’idrogeno verde è ancora una valida alternativa?

L’incertezza nella crescita della domanda e il ruolo effettivo e le applicazioni dell’idrogeno nelle transizioni energetiche, insieme scarsa chiarezza in materia di certificazioni e regolamentazione, stanno contribuendo alla svalutazione attuale delle azioni legate all’idrogeno.

Si prevede che il costo livellato dell’idrogeno (LCOH) si ridurrà drasticamente nel decennio in corso, soprattutto grazie agli effetti legati all’apprendimento, ma l’effettiva transizione dall’idrogeno grigio (prodotto attraverso il gas naturale, senza catturare i gas serra prodotti) all’idrogeno verde (prodotto attraverso l’elettrolisi che utilizza energia elettrica a emissioni zero) rimane una questione chiave nel caso dell’idrogeno. Inoltre, la perdita di energia intrinseca nei processi di elettrolisi (attualmente circa il 50%) o anche il tasso di concretizzazione dei progetti sorprendentemente basso (solo circa il 3% ha raggiunto la Final Investment Decision nel 2023) sono cambiamenti significativi che devono essere affrontati.

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), la domanda globale di idrogeno è cresciuta del 3% nel 2022, raggiungendo i 95 milioni di tonnellate, di cui oltre il 55% utilizzato per applicazioni industriali nella produzione di ammoniaca o metanolo e il restante 44% nel settore della raffinazione. L’idrogeno prodotto a basse emissioni rappresenta meno dell’1% della produzione totale di idrogeno e l’idrogeno verde rappresenta meno di 700 MW (circa lo 0,1% della produzione totale). Secondo l’IEA, l’uso dell’idrogeno nel 2022 ha comportato più di 1.100 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 (comprese le emissioni a monte e a metà strada dell’approvvigionamento di combustibili fossili), ovvero l’equivalente di circa il 30% della CO2 totale emessa dall’UE.

Non è ancora stato raggiunto un consenso sugli usi finali dell’idrogeno, che sia per il riscaldamento domestico, per sostituire il gas naturale nella raffinazione del biometano o per le batterie dei veicoli pesanti. Sembra che sia in corso uno spostamento strutturale dagli idrogeni grigi a quelli più verdi.

Questa transizione è sostenuta dall’attuazione globale di politiche sempre più favorevoli. Un esempio significativo è l’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti, che prevede crediti d’imposta legati all’intensità delle emissioni di gas serra durante l’intero ciclo di vita dell’idrogeno. Questo ha già contribuito a migliorare la competitività dell’idrogeno verde. Se in Europa verranno adottate politiche simili per affrontare le attuali barriere di costo dell’idrogeno prodotto tramite elettrolisi, l’idrogeno grigio potrebbe subire un significativo rallentamento in futuro.