L'opinione di Peter van der Welle, Strategist del team Multi Asset di Robeco

I tre elementi che traineranno la ripresa europea

Dopo essere uscita da una doppia recessione, che si è conclusa nel primo trimestre di quest’anno, l’Europa sta recuperando il ritardo rispetto alla ripresa già registrata in Cina e negli Stati Uniti. I tassi di vaccinazione sono ancora lievemente inferiori a quelli di USA e Regno Unito, ma il divario si sta riducendo grazie all’accelerazione delle inoculazioni; in Germania il 50% circa della popolazione ha ricevuto almeno una dose, mentre in Francia e nei Paesi Bassi la percentuale si colloca intorno al 40%.

Il beneficio maggiore è stato l’aumento della mobilità all’interno delle economie sviluppate, grazie all’allentamento delle misure di lockdown. Questo, ovviamente, dà impulso all’economia dei servizi, trovando riflesso anche negli indicatori della fiducia dei produttori, sia nel terziario che nel settore manifatturiero. Alcuni di questi indicatori si sono portati sui massimi degli ultimi 15 anni, o addirittura degli ultimi 17 nel caso del sentiment nel comparto dei servizi. Tutto ciò è realmente promettente per i dati sulla crescita del PIL che possiamo aspettarci nel secondo semestre.

Peter van der Welle

L’ottimismo sulla crescita europea è sostenuto da tre elementi fondamentali. Il primo, e più forte, è il livello estremamente elevato dei risparmi; le persone saranno fortemente motivate a spendere il denaro accumulato quando il successo dei programmi vaccinali consentirà ulteriori riaperture nel secondo semestre. Nel primo trimestre il tasso di risparmio delle famiglie tedesche si attestava al 20%, un livello storicamente molto alto. È logico supporre che la gente sia davvero impaziente di incrementare la spesa per servizi, come i viaggi, appena possibile nel secondo semestre, e che l’erosione dei risparmi sia destinata ad accelerare nel medio termine.

Il secondo elemento è il carattere persistente dello stimolo fiscale dell’Eurozona, grazie al via libera dato agli esborsi dei 750 miliardi di euro del Recovery Fund, che saranno suddivisi tra sussidi e prestiti, spalmati fino a circa il 2026. In definitiva, il passaggio dal supporto di emergenza a misure più mirate darà una spinta al PIL dei paesi periferici. Mantenendo i tassi d’interesse reali a livelli storicamente bassi per un periodo prolungato, la BCE rimarrà un finanziatore credibile della politica di bilancio, favorendo così una piena ripresa. I membri del consiglio della BCE hanno recentemente sottolineato che l’Eurozona dovrebbe evitare un precipizio fiscale (“fiscal cliff”), ragion per cui sia lo stimolo monetario che quello fiscale dovrebbero per il momento rimanere in vigore. In termini di livello del PIL la ripresa è ancora incompleta, poiché il prodotto aggregato dell’Eurozona rimane quattro punti percentuali al di sotto dei livelli del 2019.

A fronte di un output gap relativamente ampio, è probabile che le pressioni inflazionistiche di fondo restino contenute rispetto agli Stati Uniti. Questo giustifica una politica monetaria accomodante e gli acquisti di emergenza della BCE sui mercati finanziari.

Facendo eco a questo sentiment, la Commissione europea ha rinviato l’applicazione dei parametri del debito di Maastricht fino all’inizio del 2023. Pertanto, ai paesi membri viene concesso un margine di manovra fiscale maggiore in tal senso. In tutto questo c’è anche una dimensione politica, poiché l’Europa sta diventando più populista e progressista, anche in risposta alla crescente disuguaglianza dei redditi dopo la pandemia, e pertanto sarebbe più contraria a future misure di austerità. Un ‘falco’ della politica di bilancio avrebbe difficoltà a promuovere con successo l’austerità fiscale rispetto al periodo successivo alla crisi dell’Eurozona del 2011. Al momento, i sondaggi premiano i Verdi in vista delle elezioni in Germania, in programma nel settembre di quest’anno. E se consideriamo gli attuali negoziati per la formazione di una coalizione nei Paesi Bassi, si percepisce anche lì un lieve orientamento progressista.

Il terzo elemento è il ritrovato vigore del commercio globale, che favorirà l’economia europea. L’Eurozona è per lo più un’economia aperta con una spiccata sensibilità ai flussi commerciali globali, specialmente dalla Cina. Anche se il credit impulse in Cina suggerisce che la domanda cinese di importazioni potrebbe rallentare verso la fine dell’anno, gli attuali indici della fiducia dei produttori nel colosso asiatico segnalano un’espansione continua. Inoltre, ricadute positive potrebbero giungere anche dall’imponente stimolo fiscale e monetario in atto negli Stati Uniti. Tutto sommato, quindi, il driver principale sarà una crescita trainata dalla solidità dei consumi e delle esportazioni, specialmente nel settore dei servizi, nel contesto di un orientamento accomodante della BCE e della Commissione europea per quanto concerne le norme fiscali. Questo avvalora il nostro scenario di riferimento, che prevede un quadro di continua espansione economica con pressioni inflazionistiche in aumento.