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L'opinione di Mark Dowding di RBC BlueBay AM

Dolcetto o scherzetto? Un Halloween spaventosamente spettacolare

I rendimenti dei Treasury decennali statunitensi hanno raggiunto il 5% per la prima volta dal 2007 nella settimana passata e anche i mercati dei risky asset hanno iniziato a risentirne. I bond hanno avuto una breve tregua quando gli investitori Bill Ackman e Bill Gross sono intervenuti sui social media all’inizio della settimana, con un’opinione positiva sull’opportunità di possedere obbligazioni, ma il tutto è durato relativamente poco.

Che si tratti di una pura coincidenza o meno, è stato un altro promemoria dell’attuale contesto di mercato in cui ci troviamo, caratterizzato da un’elevata volatilità, in cui anche fattori marginali possono avere un impatto molto forte sui prezzi degli asset. Per questo motivo siamo scarichi di rischio, ma sospettiamo che ci sarà un momento o un punto di valutazione più opportuno che dovrebbe arrivare da qui alla fine dell’anno.

Il PIL statunitense del terzo trimestre ha registrato una crescita del 4,9% su base annua, proseguendo la serie di dati positivi sull’attività economica provenienti dagli Stati Uniti. In termini di politica monetaria, riteniamo che la forza dell’economia statunitense indichi il rischio che la Fed debba aumentare ulteriormente i tassi per mitigare la domanda e riportare l’inflazione al 2% in modo tempestivo.

Gli ultimi commenti del presidente della Fed Powell all’Economic Club di New York riflettono queste considerazioni ma, per il momento, la narrazione prevalente rimane quella che il FOMC sia più o meno alla fine dell’attuale ciclo di inasprimento. 

In parte questa narrazione è stata favorita dall’impennata del disavanzo fiscale, che ha portato a un aumento dell’offerta di Treasury, responsabile di un incremento dei premi a termine, con un aumento dei rendimenti delle obbligazioni a più lunga scadenza che ha avuto un effetto restrittivo sulle condizioni finanziarie.

Tuttavia, più persiste una crescita robusta e più questa convinzione comune può essere messa in discussione e riteniamo che ciò metta a repentaglio le speranze di un atterraggio morbido.

Ciò detto, continuiamo a ritenere che la crescita rallenterà entro la metà del prossimo anno e pensiamo che in questo ciclo non sarà necessario più di un ulteriore rialzo da parte della Fed. In un certo senso, dobbiamo solo aspettare che la politica monetaria faccia sentire i suoi effetti in un’economia dove la trasmissione è stata ritardata e dove anche la politica di stimolo fiscale sta indebolendo l’efficacia dei cambiamenti di politica monetaria sull’economia in senso più ampio. 

In generale, pensiamo che la Fed vorrà evitare di gettare benzina sul fuoco ed è più probabile che si schieri contro i recenti movimenti dei bond a più lunga scadenza, rendendo improbabile un rialzo la prossima settimana, mentre dicembre è ancora vivo e ostaggio dei dati.  

Nell’Eurozona, la BCE ha mantenuto i tassi di deposito al 4%, come previsto. Riteniamo che la maggior parte dei membri del Consiglio della BCE sia ora soddisfatta dell’attuale livello di politica monetaria e sceglierà di aspettare di vedere come si evolve l’economia e di digerire le mosse dell’ultimo anno prima di intraprendere ulteriori azioni.

In particolare, la recente indagine sui prestiti bancari pubblicata dalla BCE ha evidenziato un ulteriore indebolimento delle condizioni di credito e di domanda, indicando come una delle ragioni principali di questo la riduzione dei bilanci delle banche centrali che contribuisce all’inasprimento delle condizioni del credito. Se l’economia dell’Eurozona dovesse registrare un andamento positivo da qui alla fine dell’anno, e considerato l’attuale livello dell’inflazione core, sospettiamo che le discussioni su un’ulteriore riduzione dei bilanci saranno al centro dell’attenzione all’inizio del 2024.

Altrove, nell’area del dollaro, gli australiani non stanno certo ricevendo alcun dolcetto per Halloween, dopo che l’inflazione del terzo trimestre si è attestata al 5,4% questa settimana e ha mostrato che i dati trimestre su trimestre stanno accelerando. Ci si chiede se un solo altro rialzo sia sufficiente alla Reserve Bank of Australia per il suo “atterraggio stretto” o se ne servano altri. Una cosa è certa: il mercato non concede al Governatore Bullock il beneficio del dubbio di cui ha goduto questa settimana la Bank of Canada, che ha deciso di rimanere nel campo della “preferenza per la pausa” e di mantenere i tassi fermi.

In vista della riunione di Halloween della Bank of Japan (BoJ) della prossima settimana, gli ultimi dati sul CPI di Tokyo non conforteranno i policymaker sul fatto che l’inflazione sia su un percorso sostenibile per tornare al 2%. La misura “Core”, al netto degli alimenti freschi e dell’energia, ha superato il 3% per il decimo mese consecutivo e, con i rendimenti statunitensi che si muovono verso l’alto, un potenziale errore di politica della BoJ appare ancora più evidente. 

Inoltre, con lo yen a livelli critici rispetto al dollaro, la disputa tra intervenire sul mercato valutario e su quello obbligazionario, allentando e inasprendo allo stesso tempo, comincia a mettere in dubbio la credibilità della BoJ. Le recenti speculazioni del quotidiano giapponese Nikkei, secondo cui i membri della BoJ starebbero seriamente prendendo in considerazione un’ulteriore modifica del controllo della curva dei rendimenti la prossima settimana, non ci sorprendono e riteniamo che, qualora si verificasse il cambiamento di policy da noi anticipato, i tassi aumenteranno e lo yen dovrebbe salire sulla base della sottovalutazione rispetto al dollaro.

Nel frattempo, nel Regno Unito, la Bank of England (BoE) si riunirà la prossima settimana e ci aspettiamo che Bailey e colleghi mantengano i tassi al livello attuale. Tuttavia, riteniamo che potrebbe trattarsi di un errore, dato che i modelli della BoE non sono riusciti a comprendere il de-ancoraggio delle aspettative di inflazione che, a nostro avviso, è diventato evidente. Dopo tutto, se il governo ha promesso all’opinione pubblica di “dimezzare l’inflazione” al 5% entro la fine dell’anno, non ci si dovrebbe sorprendere se l’opinione pubblica inizia a credere che quello sia il nuovo obiettivo di inflazione.

Di conseguenza, continuiamo ad attribuire un’elevata probabilità ad uno scenario di stagflazione nel Regno Unito, con un’inflazione elevata associata a una contrazione economica. Questo ci porta a mantenere una visione ribassista sugli asset britannici, in particolare sui Gilt a più lunga scadenza e sulla sterlina rispetto all’euro.

Il credito societario si è ampliato ed è in gran parte guidato dalla volatilità macro e dei tassi. Gli investitori del credito rimangono generalmente cauti e ciò è sottolineato dall’assenza di vendite significative, nonostante il tono più debole degli asset di rischio.

È da notare che stiamo iniziando a vedere che le delusioni causano movimenti più pronunciati sugli spread di singoli emittenti, con i differenziali della società di pagamenti Worldline e quelli del leader delle tecnologie energetiche Siemens Energy entrambi più ampi di 100 punti base questa settimana.

Manteniamo un modesto bias lungo sul credito, con l’intenzione di aumentarlo in caso di ulteriore debolezza, ma temiamo che il livello di incertezza macro possa continuare a tenere sotto pressione gli spread del credito.

Guardando al futuro

Il grande interrogativo per ora è se il 5% dei rendimenti dei Treasury decennali statunitensi sia il picco o solo un punto di passaggio nel viaggio verso il 6% e oltre. Stiamo iniziando a vedere le prime crepe nei mercati azionari e del credito, ma non possiamo fare a meno di pensare che se i rendimenti continueranno a salire, raggiungeremo presto un punto di rottura che provocherà una grande correzione del mercato.

Cercare di prevedere il futuro può spesso essere un’esperienza umiliante ed è solo giusto concludere che per ora c’è molta incertezza. La visibilità a livello macro è molto bassa, ci sono troppe variabili, troppe incognite e si sta generando troppa volatilità con la geopolitica che passa da una crisi all’altra.

In questo contesto, un conflitto potrebbe seguire un percorso imprevedibile e si ha la sensazione che i mercati finanziari siano un po’ compiacenti a questo proposito, per il momento.

Tornando alle banche centrali, si prospetta una settimana importante con le riunioni della Fed, della BoE e della BoJ, con le due prime istituzioni che dovrebbero mantenere i tassi invariati. La BoJ, tuttavia, si trova di fronte ad un dilemma molto più grande, date le correnti contrarie menzionate in precedenza: manterrà la sua posizione o cambierà rotta? I mercati avranno una brutta sorpresa ad Halloween – in pieno stile dolcetto o scherzetto?