Se possiamo imparare qualcosa dalla storia, nelle ultime fasi del ciclo economico, i titoli di qualità hanno sempre avuto la tendenza a sovraperformare il mercato generale. In passato gli investitori si sono allontanati dai settori come quello degli industriali, dei materiali o l’energetico per rifugiarsi nei beni di consumo e nelle aziende dell’ambito healthcare. Quest’anno però i risultati economici e societari sono stati più forti del previsto quindi la maggioranza degli investitori si aspetta quello che viene definito come “atterraggio morbido”. La disoccupazione negli Stati Uniti rimane ai minimi storici anche se l’impatto ritardato dell’aumento dei tassi di interesse sull’economia deve farci stare allerta. Sul fronte fiscale rimane poco spazio per fare di più e gli incentivi per i consumatori legati al Covid sono stati ampiamente esauriti. Consapevoli del contesto macroeconomico, non si potrebbe fare altrimenti, ciò che ci interessa realmente però è poter selezionare un insieme diversificato di società di crescita di qualità.
Qualità e sostenibilità spesso vanno a braccetto
Gli indicatori ESG spesso si allineano sorprendentemente bene con quello che si potrebbe considerare distintivo delle aziende di qualità. Pensiamo a come ricerchiamo i fattori di “qualità”: lo si fa andando ad analizzare metriche che descrivono il passato dell’azienda in questione; per proiettarci sul futuro è necessario focalizzarci sulla gestione aziendale. Una società che voglia garantire buone performance deve avere una buona distribuzione del capitale che coinvolga gli investimenti, corrette remunerazioni dei lavoratori e manager oltre che degli shareholders. Quando si parla di qualità, tendenzialmente ci si riferisce alle aziende che possono capitalizzare sul lungo periodo, generando un ritorno superiore sul capitale investito (ROIC). Questo premia, con rendimenti maggiori, gli investitori pazienti. I principali driver di un ROIC superiore sono aziende con vantaggi competitivi che portano a meno concorrenza e a una maggiore capacità di determinazione dei prezzi. Si tratta di società spesso gestite da manager eccezionalmente capaci. Tali aziende, in genere più prevedibili, hanno un bilancio più solido e generano liquidità in modo più stabile, risultando in un profilo di rischio inferiore e rendimenti finanziari meno volatili ma superiori. E questi fattori tendono a essere prevalenti anche tra le aziende con alto punteggio ESG.
Possiamo quindi affermare che le migliori società sono quelle che creano un ambiente “win-win-win” in cui i Lavoratori, Manager e investitori vincono. Quando manca questo allineamento di interessi, c’è il rischio che un’azienda con buone performance nel passato, anche prossimo, possa non riuscire a confermarle nel futuro. Questi aspetti si riferiscono agli elementi Sociali (S) e di Governance (G), ma anche l’attenzione ai temi ambientali (E) rappresenta un efficace segnale di qualità: se un’azienda è capace di ridurre le proprie emissioni o gli sprechi, vuol dire che è in grado di pianificare nel lungo periodo e di adattarsi ai cambiamenti.
Per fare alcuni esempi di società che rispettano questi elementi viene in mente Kingspan, attiva nel campo del materiale edile per l’isolamento termico, ed Epiroc, una società specializzata nella produzione di macchinari finalizzati all’estrazione dell’alluminio e del rame. Quest’ultima, oltre ad operare in un ambito fondamentale per l’elettrificazione del mondo, punta a sua volta su macchinari a trazione elettrica, andando così a ridurre le emissioni nel settore minerario. L’impatto non è solo sulla “E” ma anche sulla “S”, visto che l’azienda ha introdotto l’uso di macchinari autonomi che vanno a ridurre notevolmente i rischi dei lavoratori delle miniere.
Questo allineamento di fattori di qualità e caratteristiche tipiche delle aziende con alti punteggi ESG è riscontrabile sia nelle società più large cap che nelle small cap. Quello che cambia è la reperibilità dei dati. Le aziende giovani e innovative infatti, spesso investono i loro capitali in R&S, vendite e marketing piuttosto che nella creazione un dipartimento ESG per redigere rapporti di sostenibilità approfonditi. Ciò non significa però che non siano consapevoli dell’importanza delle tematiche ESG, ma solo che potrebbero essere meno attente a divulgare informazioni e dati in questo ambito.
Per questo noi di DPAM abbiamo elaborato un sistema di “scorecard” che ci permette di valutare le caratteristiche di sostenibilità di queste realtà. Un approccio che prevede di lavorare a stretto contatto con queste società, aprendo canali diretti che permettono alle aziende di migliorare la loro comunicazione riguardo a dati, metriche e aspetti di sostenibilità. Recentemente, ad esempio, ci siamo confrontati con Inspire, un’azienda innovativa che sta introducendo una sorta di pacemaker da applicare alla lingua per evitare le apnee notturne. Dopo esserci interfacciati con loro, Inspire ha iniziato a produrre un rapporto ESG dettagliato adatto alle dimensioni che sta raggiungendo la società.
E, mentre con le small cap ci muoviamo per ottenere maggiore divulgazione dei dati, con le società large cap spingiamo per raggiungere cambiamenti in quegli aspetti che possono rivelarsi controversi o critici. Un’opera di sensibilizzazione e attenzione che fa parte del DNA di DPAM e che, oltre all’aspetto etico, contribuisce alle performance dei nostri fondi. Spesso, inoltre, è proprio grazie all’attenzione a questi principi che siamo in grado di intercettare la maggiore qualità disponibile nell’universo investibile.