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Intervista

Sandström (Aktia): “Integrare l’analisi d’impatto in tutti i titoli obbligazionari è la sfida del futuro”

Con 13,5 miliardi di euro di asset under management Aktia AM, parte del gruppo di servizi finanziari finlandese Aktia Bank, è il terzo gestore patrimoniale in Finlandia ed è rappresentato in Italia da Amchor IS. A settembre 2022 la società ha lanciato UI-Aktia Sustainable Corporate Bond Fund, un fondo da 106,4 milioni di euro classificato art. 9 secondo la SFDR che raccoglie un portafoglio diversificato di strumenti di debito societari sostenibili denominati in euro.

I finanziamenti sono quindi indirizzati in attività a impatto ambientale o sociale positivo calcolato con l’ausilio di uno strumento di analisi della società finlandese The Upright Project. “Qualsiasi attività umana, anche quando ha obiettivi virtuosi, utilizza risorse e ha dei costi – economici, ambientali e sociali – che non possono essere ignorati per essere coerenti ed efficienti nell’indirizzare i capitali nella transizione sostenibile” ha dichiarato Jonne Sandström, Portfolio Manager in Aktia, intervistato da ESGnews.

Nello scegliere dove investire le risorse finanziarie, è necessario, però, che gli impatti positivi superino quelli negativi e soprattutto è auspicabile che venga introdotta una certa soglia limite di “danno consentito”: proprio quest’ultimo è un aspetto che presto Aktia prevede di integrare nella propria valutazione dei progetti finanziati.

Finanziare quindi i progetti sostenibili e, al contempo, integrare le considerazioni di impatto in tutti i titoli obbligazionari – e non solo in quelli “green” o “social”: è questa la sfida a cui i mercati dovranno rispondere nel prossimo futuro.

Qual è l’approccio di Aktia AM alla sostenibilità?

È un approccio che ormai usiamo da anni. Tutti i nostri fondi sono classificati almeno art.8 secondo l’SFDR e integriamo le valutazioni del rischio di credito con l’analisi del profilo ESG delle società dei nostri fondi. In primo luogo, valutiamo l’impegno sul fronte della sostenibilità di un’azienda, sia confrontando i punteggi ottenuti in differenti rating ESG, sia in merito al livello di compliance normativa in ambito ESG, sia analizzando l’impatto netto degli emittenti e delle obbligazioni presi in considerazione. Effettuiamo poi il “negative screening” per ridurre o tagliare gli investimenti in società che operano in settori ritenuti dannosi per l’ambiente o la società. Siamo molto rigidi per quanto riguarda alcuni campi, come la produzione di armi controverse o il lavoro minorile, ma non escludiamo invece dal nostro universo d’investimento le società energetiche che utilizzano ancora i combustibili fossili, a patto che dimostrino di essere in un processo di transizione credibile e che abbiano emesso green bond per finanziare questa transizione. Da questo punto di vista, la nostra strategia ESG ammette che, al di là delle aziende già “pulite”, le risorse finanziarie possano essere indirizzate anche a supporto di chi si trova in un processo credibile di transizione dai combustibili fossili all’energia ‘verde’ oppure opera in settori “brown” ma è leader nel settore di riferimento e mira a un cambiamento sostanziale.

A settembre Aktia AM ha lanciato Aktia Sustainable Corporate Bond Fund. Qual è l’obiettivo del fondo?

Aktia Sustainable Corporate Bond Fund mira alla crescita del capitale a lungo termine attraverso un portafoglio diversificato di strumenti di debito societari sostenibili. L’obiettivo è di finanziare attività e progetti sostenibili e a impatto positivo ambientale e/o sociale, generando quindi un impatto netto sostanziale. A dire il vero, abbiamo iniziato ad investire in obbligazioni societarie sostenibili dal 2013 e già prima del lancio di questo fondo specifico la quota di prodotti ESG oscillava tra il 35% e il 40% nel nostro fondo flagship di debito societario Aktia Corporate bond+. Negli ultimi anni il mercato dei bond sostenibili è cresciuto molto e abbiamo pertanto ritenuto che fosse il momento adatto per il lancio di un fondo concentrato solo su questo tipo di prodotti di cui, ad oggi, ci sono molti più strumenti per poterne valutare l’effettiva compliance ESG. Gli standard sono infatti aumentati, il nostro team specializzato è cresciuto e con esso le competenze per poter esaminare l’impatto reale e la veridicità degli obiettivi di sostenibilità associati a questi strumenti. Pertanto, il rischio ESG si è ridotto e gli investimenti sono sicuri e redditizi.

Il fondo Aktia Sustainable Corporate Bond è classificato articolo 9 secondo la SFDR: quali sono le caratteristiche che permettono di definirlo tale e quali sono le difficoltà per esserne conformi?

Il fondo include solo prodotti che rientrano in una delle quattro categorie di investimento sostenibile dell’ICMA (International Capital Market Association): quindi green, social, sustainability e sustainability linked bond. Al momento in portafoglio sono presenti solo obbligazioni appartenenti alle prime tre classificazioni, i bond cosiddetti “use-of-proceeds”, dove è noto che l’utilizzo dei proventi delle obbligazioni è destinato ad attività o progetti specifici. Queste attività sono legate ad esempio a risorse rinnovabili, mobilità e infrastrutture, per un totale di 106,4 milioni di euro. Il motivo principale di questa selezione è che per restare compliant con l’art.9, è necessario che i prodotti assicurino di avere un impatto netto positivo – che sia ambientale, sociale o di governance. I sustainability-linked bond, invece, non necessariamente garantiscono questo risultato in quanto il finanziamento è destinato all’attività complessiva dell’emittente che individua obiettivi di sostenibilità (KPI), al raggiungimento o meno dei quali variano le condizioni finanziarie dell’obbligazione. Questo tipo di obbligazioni, quindi, possono rientrare in un fondo art.8, mentre è più insidioso includerli in uno art.9. Inoltre, è purtroppo capitato in passato di confrontarci con emissioni che avevano individuato KPI di sostenibilità che abbiamo poi scoperto essere già stati raggiunti in larga misura dall’emittente già al momento del lancio. Un caso del genere rischierebbe di far perdere di credibilità al fondo e preferiamo non rischiare.

Come calcolate l’impatto netto delle società in cui investite?

Con l’aiuto della company finlandese The Upright Project, valutiamo le obbligazioni delle società in cui investiamo osservando il valore del Net impact ratio. Questo quantifica gli impatti positivi e negativi di un progetto o di un’azienda lungo tutta la catena del valore ed è dato dalla differenza tra gli impatti positivi e negativi su quelli positivi. Qualsiasi attività umana, infatti, utilizza risorse e ha dei costi – economici, ambientali e sociali – anche quando ha obiettivi virtuosi, che non possono essere ignorati per essere coerenti ed efficienti nell’indirizzare i capitali nella direzione auspicata. Il modello matematico usato da The Upright Project si basa su un algoritmo che permette di prendere in considerazione tutta la conoscenza scientifica accumulata dall’umanità su un certo argomento e che rimane costantemente aggiornato.

Qual è un esempio concreto di obbligazione in Aktia Sustainable Corporate Bond Fund che ha un impatto positivo e un buon rendimento?

Senza dubbio l’esempio più esemplificativo è Ørsted, la multinazionale danese che produce energia elettrica da fonti rinnovabili. È considerata tra le società più sostenibili al mondo e si posiziona sempre al top delle classifiche climatiche e dei rating di sostenibilità. Ørsted è un emittente di green bond per un totale di 3,2 miliardi di euro al 2020 investiti in progetti di energia rinnovabile. Il suo green finance framework ha ricevuto valutazione massima e relaziona annualmente i propri risultati in termini di impatto. Il green bond del fondo Aktia ha un net impact ratio pari al 65% – maggiore di quello della società nel complesso il cui valore è invece pari al 57%. Negli ambiti di analisi società e ambiente gli impatti positivi sono maggiori di quelli negativi. C’è invece ancora margine di miglioramento per quanto riguarda salute e competenze. Quest’ultimo ambito riguarda la capacità di un’attività, o di un’impresa, di creare conoscenza e di diffonderla, oltre che al valore del capitale umano stimolato o coinvolto.

Al momento non abbiamo un limite massimo esterno per gli impatti negativi oltre il quale escludiamo il prodotto e l’emittente, anche se abbiamo limiti interni, ma penso che sarà una possibile mossa nel prossimo futuro per rafforzare ulteriormente la coerenza con la classificazione dell’art.9. Di certo, l’osservazione del net impact ratio permette di escludere le aziende i cui bond hanno una valutazione negativa, come nel caso di H&M, l’azienda di fast fashion, che negli ultimi anni, anche a seguito di alcuni scandali, sta cercando di migliorare il livello di sostenibilità con misure che variano dall’utilizzo di materiali riciclati al commercio solidale. Nonostante le note ambizioni e i KPI annunciati sul fronte della riduzione delle emissioni, il bond emesso non ha superato la nostra valutazione di impatto.

Tra gli emittenti del fondo, però, c’è anche Volkswagen, che nel 2015 è stato coinvolto dall’EPA nello scandalo delle emissioni di ossido di azoto perché violava il Clean Air Act, come gestite la sua presenza?

Credo che Volkswagen da quel momento sia corso ai ripari, scusandosi per la vicenda e migliorando i propri processi. Oggi riteniamo che prenda sul serio la transizione climatica. Inoltre, nell’UI-Aktia Sustainable Corporate Bond Fund vi erano solo titoli green e quindi legati al finanziamento dei progetti di mobilità elettrica. A marzo, tuttavia, abbiamo deciso di vendere le nostre posizioni su Volkswagen a causa delle accuse mosse alla società in merito all’utilizzo di lavoro forzato in Cina. L’azienda ha negato le accuse, ma poiché non possiamo essere completamente sicuri che non ci sia una verità nelle accuse, abbiamo scelto di disinvestire dai corporate bond dell’azienda che detenevamo in portafoglio.

Il discorso è infatti simile per Neste, compagnia finlandese di raffinazione, trasporto e vendita di petrolio e biodiesel con sede a Espoo. Anche questo è un nome presente nel fondo e certamente il suo net impact ratio societario è negativo a livello aziendale. Al contempo, però, Neste sta investendo in economia circolare e biocarburanti derivanti da rifiuti alimentari ed è questo il segmento di attività che finanziamo attraverso i green bond con un impatto netto positivo a livello obbligazionario.

Qual è il tasso di rendimento effettivo a scadenza del portafoglio? E come performa rispetto al benchmark index?

Lo Yield to Maturity (YTM) è pari a 4,57 – rispetto a 4,48 dell’indice di riferimento. Il rating di credito è pari a BBB – BBB+ invece per il benchmark index. Dal lancio a settembre, la performance è negativa (-0,73%; -0,58% per l’indice di riferimento), ma la crisi globale che stiamo attraversando non ha aiutato in questo senso. Sono sicuro che riusciremo a dimostrare che è redditizio investire in sostenibilità: il rendimento da inizio anno è positivo e pari allo 1,72%.

Per quanto riguarda le caratteristiche ambientali del portafoglio – come la carbon footprint o la carbon intensity – sono ovviamente migliori rispetto al benchmark. Affinché il mercato possa realmente riconoscere il valore dei fattori ESG, penso che la direzione auspicabile, in generale, possa essere quella dell’integrazione delle considerazioni di impatto anche nei bond “brown”. Sono comunque ottimista riguardo ai progressi che si stanno facendo in ambito di finanza sostenibile, soprattutto dal punto di vista normativo, nonostante le numerose criticità ancora esistenti, e credo possano dare la spinta di cui il mercato ha bisogno per affrontare le sfide del nostro secolo.