Gio Giacobbe CEO ACBC | ESG News

Intervista

Giacobbe (ACBC): la sostenibilità è una sfida contro il tempo ed è fondamentale per restare competitivi

Ha più che raddoppiato il fatturato negli due ultimi anni e non intende arrestarsi nei prossimi dodici mesi con un milione di investimenti in Ricerca e Sviluppo previsti per il 2024. Sono questi i numeri di ACBC, acronimo di Anything Can Be Changed, azienda italiana specializzata nella consulenza green B2B e nella progettazione di prodotti responsabili. Fondata nel 2018 da Gio Giacobbe e Edoardo Iannuzzi ha un business orientato al supporto concreto di riduzione di emissioni di gas serra delle aziende e si rivolge ai brand del sistema moda che vogliono avviare un percorso di produzione consapevole con la creazione di capsule collection e progetti speciali dedicati.

Oggi l’azienda collabora con oltre 100 organizzazioni dell’industria del fashion, tra cui Chloé, Missoni, Diadora, Pinko, MSGM, Piquadro, Garmont, Baldinini, Coccinelle, Alexander Smith per citarne alcuni, e ogni anno riduce l’impatto di CO2 di oltre un milione di paia di scarpe prodotte. Ha chiuso, di recente, il bilancio 2023 con Ebitda a 3,1 milioni di euro, in crescita del 55% rispetto all’anno precedente e ha l’obiettivo di raggiungere 10 milioni di euro di EBITDA nei prossimi 4 anni.

Intervistato da ESGnews il ceo di ACBC ha affermato che l’allineamento agli standard di sostenibilità “è una sfida contro il tempo e prima si inizia, prima si possono raccogliere i benefici anche economico-finanziari, ottenendo vantaggi competitivi sia in termini di prodotto che reputazionali”. E il rischio per le aziende che decidono di non preoccuparsi degli aspetti ESG è proprio quello di “non essere più competitive”.

Oggi avete chiuso il bilancio 2023 con Ebitda in crescita del 55% rispetto all’anno precedente. Quali sono i pilastri di redditività e successo di ACBC?

Il driver di crescita più grande di ACBC è supportare un numero sempre maggiore di aziende nella trasformazione e nella transizione sostenibile. Non parliamo solo di cambiamento, lo stiamo realizzando. Attraverso il nostro approccio di consulenza aiutiamo le imprese del settore della moda ad allineare la governance, i prodotti e le catene di fornitura agli standard ESG e oggi oltre 100 organizzazioni dell’industria del fashion hanno intrapreso una strada strategica per ridurre le impronte di carbonio e diminuire gli impatti negativi sull’ambiente, migliorando la propria competitività. Inoltre, realizziamo, e quindi offriamo alle aziende con cui collaboriamo, soluzioni concrete in termini di materiali innovativi, elemento fondamentale per avviare e contribuire alla trasformazione sostenibile nella direzione della circolarità. Un esempio? I polimeri BEYONDPLASTIC™, durevoli e biodegradabili per applicazioni su suole e calzature stampate a iniezione, realizzati in collaborazione con il nostro laboratorio presso l’Università di Targoviste. O ancora i tessuti bio-circolari FREEBIO™, una famiglia di tecnologie per materiali alternativi alla pelle con componenti derivati da polimeri riciclati, riempitivi a base biologica e minerale.

Quindi, supporto strategico e risposte ai problemi: questi sono i nostri pilastri.

L’impegno per la sostenibilità si sta facendo sempre più cruciale per le aziende. Dal vostro osservatorio, a che punto è il settore della moda?

È necessario che le aziende dell’industria del fashion aggiornino e accelerino il processo di decarbonizzazione. Anche il settore della moda è oggi messo alle strette dalle direttive europee e la transizione a un modello produttivo a ridotte emissioni di CO2 non è banale, ci vogliono tante energie ed investimenti. Ci vorrà quindi del tempo, ma è l’unica strada percorribile per salvaguardare il Pianeta e dunque la specie umana. Le aziende grandi sono già proiettate in questa direzione e stanno iniziando a investire, ma la trasformazione non avviene dall’oggi al domani. Tutti dovrebbero capire che è una sfida contro il tempo e prima si inizia, prima si possono raccogliere i benefici anche economico-finanziari, ottenendo vantaggi competitivi sia in termini di prodotto che reputazionali.

Cosa rischia un’azienda che decide di non preoccuparsi degli aspetti ESG? Ci sono ripercussioni concrete nel non essere compliance ai criteri di sostenibilità?

La conseguenza principale per le aziende che scelgono di ignorare gli aspetti di sostenibilità è quella di non essere più competitive. È una realtà dei fatti: un’impresa che decide di non allinearsi agli standard ESG resterà indietro e non riuscirà a colmare il gap rispetto a chi invece sta investendo nella transizione. Fra cinque anni raggiungere i livelli dei competitor sarà troppo complicato e questo potrebbe tradursi in ripercussioni ingenti fino all’uscita dal mercato.

La sostenibilità è un campo in cui è molto importante innovare, avete previsto investimenti in Ricerca e Sviluppo per il prossimo anno? Quanto e in che direzione?

Prevediamo di investire circa un milione di euro in Ricerca e Sviluppo il prossimo anno. Questa cifra si aggiunge ai già sette milioni di euro investiti dalla fondazione dell’azienda nel 2018. La direzione è quella di trovare sempre ulteriori metodologie di produzione ecocompatibile del prodotto e materiali innovativi.

Nel farlo abbiamo dalla nostra parte un’ampia rete di fornitori e solide collaborazioni con istituzioni globali, come le Nazioni Unite, e accademiche, tra cui l’Università di Cambridge e il Politecnico di Milano con cui interagiamo e sviluppiamo soluzioni all’avanguardia. L’obiettivo? Oltrepassare i confini convenzionali, creando nuove possibilità e offrendo nuove proposte che possano ridefinire gli standard dell’industria della moda.

Nel 2023 avete firmato numerose collaborazioni con importanti brand del panorama internazionale che supportate per ridurre l’impronta di carbonio e gli impatti sull’ambiente. Può fare qualche esempio?

Tra le collaborazioni di cui vado più fiero vi è quella legata a una piccola azienda che si chiama Alexander Smith con cui abbiamo lavorato alla creazione di una linea di calzature sviluppate con materiali riciclati ed eco-sostenibili. Nonostante il momento complicato e delicato per il settore della moda, la linea ACBC per Alexander Smith cresce e rappresenta una grande fetta del fatturato della società. Questa è una prova di quanto la sostenibilità è un fattore preso in considerazione nelle scelte di acquisto ed è apprezzato dal consumatore finale.

Quest’estate, poi, ACBC sarà anche protagonista dei Giochi Olimpici di Parigi 2024 grazie alla partnership con Erreà. Le nuove maglie delle nazionali maschile e femminile di pallavolo prodotte da Erreà per la FIPAV (Federazione Italiana di Pallavolo) sono infatti state realizzate con l’innovativo materiale Sensibility derivante da fibre riciclate.     

L’utilizzo di questo nuovo tessuto ha permesso di registrare una riduzione di circa il 23% delle emissioni di CO2 rispetto a una maglia standard. Questo progetto si inserisce all’interno di un percorso responsabile iniziato con la redazione e pubblicazione del Manifesto di Sostenibilità di Erreà di marzo 2024, in cui l’azienda si impegna a ridurre l’impronta di carbonio per unità di prodotto del 30%, entro il 2030.

Avete firmato di recente una nuova partnership in Asia con RTG Consulting Group. Può dirci di più?

RTG, boutique di consulenza con sede a Singapore, Shangai, Hong Kong e Parigi, è un partner ideale per ACBC in Asia e ci darà la possibilità di portare la nostra metodologia e approccio alla sostenibilità nei paesi asiatici. Abbiamo gli stessi valori, punto di partenza fondamentale per una partnership di successo, sono entusiasta di vedere fino a che punto questa collaborazione potrà arrivare. Ma sono sicuro che la sinergia tra le nostre realtà aprirà nuove strade per la crescita e l’innovazione.

C’è molto dibattito sulla compliance agli standard di sostenibilità dei colossi asiatici. Pensiamo per esempio al caso dell’e-commerce Shein accusato per l’elevato contenuto di sostanze tossiche trovate nei prodotti (tra cui scarpe per bambini, borse in pelle e cinture) e che ha poi annunciato investimenti per 200 milioni e il lancio del “Fondo per la Circolarità” in Europa e UK. Qual è il suo punto di vista al riguardo?

È importante ricordare che il territorio dell’Asia è vasto e i paesi sono indipendenti e diversi. Quindi non si può generalizzare sull’intero continente. Negli ultimi anni la Cina ha compiuto numerosi progressi sul fronte della sostenibilità sia in termini di energie rinnovabili, di cui è leader a livello globale, sia in termini di riduzione dell’inquinamento atmosferico (al contrario di altre città, anche europee, tra cui Milano). Il fatto che all’interno dell’ecosistema ci siano realtà che non sono ancora allineate e devono fare tanto è sicuramente un tema, che riguarda, però, anche l’Europa e gli Stati Uniti.

Sicuramente l’Asia, rappresentando tre quarti di mondo, è un continente cruciale per ridurre le emissioni dell’unico Pianeta che abbiamo, ma la sfida riguarda tutta l’umanità e l’allineamento verso la decarbonizzazione deve essere globale. La trasformazione non può accadere “dall’oggi al domani”, ma avverrà se i paesi prenderanno coscienza, come stanno facendo, delle azioni necessarie che di anno in anno dovranno essere correttive: un percorso in cui la direzione è comune.

L’UE e gli USA sono ancora le principali economie globali, l’Europa si sta muovendo sul fronte normativo, ma ha una grandissima responsabilità perché tantissime aziende europee producono in Asia. Ci sono big company europee o statunitensi che fanno dieci volte il fatturato di Shein e non possono dirsi più sostenibili. Non sto difendendo Shein. Ma credo che se Shein non rispetta gli standard ESG non vuol dire che tutto un Paese non lo fa. Tutti devono fare la propria parte.