Il tempo è una variabile cruciale nei processi di transizione energetica. E la chiarezza normativa rappresenta un presupposto fondamentale per la realizzazione dei piani di sviluppo basati su tecnologie innovative, come quella dell’idrogeno verde. In prima linea in questo settore c’è De Nora, azienda quotata su Euronext Milan, leader nella produzione di elettrolizzatori, dispositivi che permettono di ottenere idrogeno verde tramite l’elettrolisi dell’acqua, e focalizzata sulle tecnologie sostenibili per supportare la transizione verso un’economia verde.
L’idrogeno pulito è un combustibile che può giocare un ruolo fondamentale nella decarbonizzazione dei cosiddetti settori hard to abate, come per esempio la siderurgia o i grandi trasporti, difficilmente elettrificabili. Per questo l’Europa lo considera strategico e la Commissione europea ha posto l’obiettivo di arrivare alla produzione di almeno 10 tonnellate di idrogeno verde entro il 2030. Ma il piano sta andando meno velocemente del previsto, anche perché il quadro regolamentare non riesce a tenere il passo delle esigenze del mondo economico.
Ma De Nora non è solo idrogeno, il gruppo è il maggiore fornitore mondiale di rivestimenti catalitici ad alte prestazioni ed elettrodi insolubili per applicazioni elettrochimiche e industriali, oltre che di attrezzature, sistemi e soluzioni per la disinfezione, filtrazione e trattamento delle acque e delle acque reflue. Nel secondo trimestre del 2024, ha registrato un aumento del 6,1% dei ricavi su base annua a cambi costanti, grazie alla crescita di tutti i suoi segmenti di business.
In questa intervista a ESGnews, Paolo Dellachà, amministratore delegato di De Nora, fa il punto sull’andamento della multinazionale italiana fortemente impegnata nella transizione dei propri clienti e all’avanguardia come modello organizzativo interno per la sostenibilità.
A due anni dall’ingresso in Borsa nel giugno 2022 come si è evoluto il business di De Nora?
Il nostro business ha continuato a crescere, trainato dal portafoglio ordini che abbiamo costruito progressivamente. Alcuni esprimono preoccupazione per la crescita inferiore alle aspettative del settore dell’idrogeno e in parte è vero. All’inizio c’era un entusiasmo eccessivo, con l’idea che i progressi sarebbero stati rapidissimi, ma in realtà lo sviluppo sta seguendo un andamento più realistico, in linea con i risultati delle aziende focalizzate su questo settore. Tuttavia, il nostro portafoglio ordini ha raggiunto traguardi notevoli: ad oggi abbiamo già realizzato 1,9 gigawatt di tecnologie per l’idrogeno verde e altri 1,6 gigawatt sono in fase di esecuzione.
Avviato solo nel 2022, questo business è ancora nella fase preliminare, ma avere 3,5 gigawatt già completati o in esecuzione entro il 2025/26 rappresenta un risultato significativo.
Va inoltre ricordato che De Nora non è solo idrogeno. I nostri settori Water Technologies ed Electrode Technologies, rispettivamente attivi nel trattamento delle acque e nelle applicazioni industriali degli elettrodi, continuano a generare cash flow e Ebitda grazie alle loro solide performance.
Quali sono le prospettive del gruppo sul fronte della sostenibilità?
Abbiamo tracciato una road map fino al 2030, che stiamo seguendo con determinazione. Ci siamo impegnati a definire una strategia chiara, coinvolgendo attivamente tutti gli stakeholder della nostra organizzazione per raggiungere gli obiettivi fissati e abbiamo compiuto progressi significativi in questa direzione.
A giugno avete avviato la costruzione della gigafactory a Cernusco sul Naviglio, destinata a diventare il più grande polo produttivo di elettrolizzatori in Italia. A che punto è la rivoluzione dell’idrogeno verde?
In Italia, il PNRR sta accelerando alcuni processi legati all’idrogeno verde, in quanto fornisce finanziamenti o supporto a iniziative come le hydrogen valley e a progetti di decarbonizzazione e questo ben si sposa con il piano della gigafactory di Cernusco.
In questo contesto, De Nora ha lanciato anche una linea di propri elettrolizzatori, chiamati Dragon Fly, di dimensioni ridotte per servire le applicazioni decentralizzate di idrogeno verde. L’Italia è un mercato che si presta molto alla decentralizzazione e non ci aspettiamo nella Penisola grandi impianti centralizzati come quelli che invece ThyssenKrupp Nucera, joint venture tra ThyssenKrupp Industrial Solutions e Industrie De Nora, sta realizzando in giro per il mondo. Una caratteristica che, combinata alla spinta data dal PNRR, ci ha messo nelle condizioni di raccogliere i primi ordini pur essendo una tecnologia che abbiamo appena presentato.
Le aziende stanno accelerando i loro piani in materia di sostenibilità, anche alla luce della nuova normativa come la CSRD, ma il settore finanziario mostra qualche incertezza. Qual è la vostra esperienza nelle interlocuzioni con gli investitori?
È vero che nel settore finanziario abbiamo assistito ad alcuni ripensamenti, dovuti anche al fatto che, negli ultimi anni tra la pandemia e le crisi geopolitiche, il mercato ha premiato le valutazioni di aziende problematiche sotto il profilo ESG, come quelle legate al petrolio e alle armi. Inoltre, alcuni fondi hanno subito perdite a causa del rallentamento della crescita di settori legati alla decarbonizzazione, come cleantech, idrogeno ed energie rinnovabili. Questo contesto ha generato un certo disincanto.
Al contempo, però, dal nostro punto di vista, possiamo affermare che i nostri investitori restano ancora molto convinti dell’importanza dei temi ESG. Ci chiedono come ci comportiamo su aspetti come la biodiversità, la gestione delle risorse idriche, la riduzione delle emissioni di carbonio e come promuoviamo la diversità nel consiglio di amministrazione. La nostra esperienza dimostra che c’è ancora un forte interesse per questi temi.
D’altra parte, la normativa è stringente e ha innescato un processo irreversibile: la compliance ai temi di sostenibilità è richiesta ai fornitori dalle grandi aziende che devono sottostare già da quest’anno alla direttiva UE sulla rendicontazione ESG (CSRD). I fornitori quindi per essere conformi alle richieste e poter continuare a servire i propri clienti devono garantire che le aziende con cui collaborano rispettino a loro volta questi requisiti, creando un circolo virtuoso.
Possiamo dare il messaggio che la sostenibilità crea valore?
È inevitabile che questo processo crei valore sostenibile. Certo, nella trasformazione dei modelli economici potremmo assistere a una fase iniziale in cui realtà non coinvolte dalle stringenti regole europee, come quelle cinesi, potrebbero guadagnare un piccolo vantaggio competitivo, una quota di mercato temporanea. Ma non bisogna dimenticare anche che in Cina, dove siamo molto presenti, i temi di sostenibilità e decarbonizzazione stanno prendendo piede più velocemente rispetto ad altri Paesi.
Quindi questa road map deve essere vista come un percorso di lungo termine, senza farsi influenzare eccessivamente da situazioni congiunturali temporanee. Non dimentichiamo inoltre che la stima di come vengono scontati i rischi ambientali nelle aziende a volte non è sufficientemente precisa, per cui si rischia di sottovalutare possibili costi.
A proposito di ESG Accelerator Lab, avete già iniziato a vedere i benefici di aver introdotto questo modello innovativo?
Il punto di forza della nostra governance è che la sostenibilità è pienamente integrata nel business. Non è una questione che riguarda solo l’ufficio sostenibilità, ma è gestita da tutte le funzioni aziendali: chi si occupa della gestione del personale, del procurement o della ricerca e sviluppo è coinvolto nel perseguimento di obiettivi sostenibili. L’ESG Accelerator Lab segue questa logica, coordinando i responsabili delle questioni ESG in tutte le aree aziendali, con l’ufficio sostenibilità che funge da regia fornendo gli aggiornamenti normativi e dando un riscontro delle richieste degli stakeholder.
Non si può pensare che i temi di sostenibilità possano essere portati avanti solo dagli uffici di Milano: per esempio, per decarbonizzare efficacemente bisogna partire da chi gestisce l’impianto, fare l’assessment della struttura operativa e vedere dove e come si possono ridurre le emissioni.
Inoltre, i nostri prodotti sono progettati per supportare i clienti nella direzione della sostenibilità. Da decenni ci impegniamo a migliorare i processi per ridurre i consumi energetici dei nostri clienti, un valore che è stato sempre riconosciuto e che oggi è diventato cruciale per la riduzione dell’impronta di carbonio.
In base alla vostra esperienza, l’innovazione tecnologica ci permetterà di contenere il riscaldamento climatico entro la soglia di 1,5°C dell’Accordo di Parigi?
Le tecnologie hanno fatto grandi passi avanti nella riduzione delle emissioni di CO2 e possono certamente aiutarci a rispettare gli Accordi di Parigi. Tuttavia, la vera differenza la faranno le politiche e le iniziative governative. La decarbonizzazione è un percorso obbligato se vogliamo evitare catastrofi ambientali. Il problema è la lentezza con cui vengono stabilite regole, soprattutto a livello internazionale, dato che ogni Paese ha esigenze e risorse differenti. L’Europa ne è un esempio. Pensiamo alle rinnovabili: mentre al nord soffia il vento, al centro molto poco e a sud batte forte il sole, oltre al vento. La combinazione degli elementi che portano ai processi di decarbonizzazione è molto disomogenea e rende difficile trovare delle regole che vadano bene per tutti. Oggi, ogni nazione sta pianificando o implementando un set di normative, ma la questione cruciale è la velocità con cui saranno applicate.
L’idrogeno potrà davvero essere una risposta per il trasporto pesante?
Assolutamente sì. Il trasporto pesante, come quello navale, aereo o su gomma, contribuisce enormemente all’inquinamento. Basti pensare che una nave cargo inquina quanto 500 mila automobili. È quindi essenziale investire in carburanti a basso contenuto di CO2 per gli aerei e convertire i vecchi motori diesel delle navi in sistemi alimentati con ammoniaca verde, metanolo o gas, ovvero combustibili sintetici a basse o zero emissioni di CO2.