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Climate Action 100+

Van Lamoen (Robeco): cosa succede alle alleanze sul clima e come mantenere la rotta

Ha fatto scalpore la decisione di alcuni asset manager tra cui Invesco, JP Morgan e State Street di lasciare l’alleanza per il clima Climate action 100+. L’uscita di alcuni asset manager di grosso peso ha fatto temere un rallentamento degli impegni verso il clima da parte di alcuni grossi player e il venir meno della forza di ingaggio delle coalizioni, come accaduto in ambito assicurativo per la Net Zero Insurance Alliance, i cui partecipanti si sono ridotti a circa una decina. Cerchiamo di capire le vere ragioni dietro queste defezioni con Carola Van Lamoen, Head of Sustainable Investing di Robeco che sottolinea l’importanza di mantenere la rotta verso difesa del clima da parte dei grandi gestori mondiali.

“Di recente alcuni grandi investitori hanno abbandonato l’iniziativa Climate Action 100+ (CA100+), mossi dalle preoccupazioni per i requisiti introdotti dalla “Fase due” dell’iniziativa. Questa prevede che le aziende, dopo aver comunicato le proprie strategie di decarbonizzazione, comincino finalmente a attuarle. Tale passaggio dalle parole ai fatti sembra essere un punto chiave per questi investitori”, sottolinea la responsabile degli investimenti sostenibili di Robeco.

Al tempo stesso, sottolinea Van Lamoen, si osserva una tendenza opposta, dato che oltre 60 nuovi investitori hanno aderito alla CA100+ per la Fase due, richiamati dal potere della collaborazione. CA100+ conta attualmente più di 700 investitori e continua a crescere, avendo registrato un aumento costante degli aderenti a partire dal lancio. “Come valutare questi sviluppi?”, è la domanda a cui cerca di rispondere Van Lamoen.

La storia: i progressi compiuti finora

CA100+ è un’iniziativa promossa dagli investitori, lanciata nel 2017, con l’obiettivo di assicurare che le maggiori società quotate al mondo responsabili dell’emissione di gas serra si attivino per contrastare il cambiamento climatico. In altre parole, l’iniziativa cerca di dare impulso alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

CA100+ ha giocato un ruolo di primaria importanza nel sensibilizzare le aziende sulla rilevanza finanziaria dei rischi associati al cambiamento climatico e alla transizione energetica e sulla necessità di gestire tali rischi. Il 77% circa delle società coinvolte si è impegnata ad azzerare le emissioni nette al più tardi entro il 2050, focalizzandosi almeno sulle emissioni degli Ambiti 1 e 2.

La supervisione degli impatti climatici fa parte degli strumenti di governance della maggior parte delle aziende. Attualmente, il 93% delle maggiori società quotate al mondo responsabili dell’emissione di gas serra ha demandato ai comitati consiliari la supervisione dei rischi e delle opportunità legati al cambiamento climatico. Molte imprese prestano anche particolare attenzione alla rendicontazione. Il 90% delle aziende coinvolte nell’iniziativa si è esplicitamente impegnato ad allineare le proprie informative alle raccomandazioni della Taskforce on Climate-related Financial Disclosures (TCFD), l’attuale standard globale per le informative e la rendicontazione sul clima.

Il futuro: c’è ancora molto lavoro da fare

I progressi compiuti, tuttavia, non sono affatto sufficienti, secondo l’esperta di Robeco. “Nonostante i passi avanti fatti nella definizione di impegni net zero di alto livello e di obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni, si registra ancora una mancanza diffusa di piani d’azione concreti. Alcune società del settore petrolio e gas, in particolare, hanno addirittura ridimensionato i proprio obiettivi e i propri piani di investimento nella riduzione delle emissioni, rimangiandosi in parte le promesse degli anni precedenti. Le aziende dalle emissioni elevate che non si adoperano per allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi si trovano ad affrontare rischi finanziari sempre più rilevanti”, afferma la Van Lamoen.

Risposte del mercato

“Le motivazioni commerciali di un engagement collaborativo su base continuativa sono chiarissime, eppure alcuni investitori hanno deciso di abbandonare l’iniziativa”, osserva l’Head of Sustainable Investing di Robeco. Questo ha suscitato una varietà di reazioni. L’inviato degli Stati Uniti per il clima John Kerry ha affermato che gli asset manager stanno “voltando le spalle alla scienza”, domandandosi se gli investitori rinunciatari si stiano “ponendo dalla parte giusta della storia”. CA100+ ha ricordato che centinaia di investitori di tutto il mondo continuano a impegnarsi per indurre le aziende a ridurre le emissioni di gas serra. Alcuni investitori statunitensi hanno espressamente ribadito il loro impegno nell’ambito di CA100. Desta interesse il fatto che il recente lancio di Nature Action 100 ha visto la rapida adesione di oltre 200 investitori istituzionali, il che, secondo Van Lamoen, dimostra la continua fiducia nelle iniziative di stampo collaborativo.

Questi sviluppi avvengono in un contesto normativo sempre più complesso. Un crescente dilemma riguarda il “come conciliare la performance finanziaria a breve termine con gli obiettivi climatici a lungo termine“, sottolinea l’esperta. Il cambiamento climatico ha effetti significativi sull’ambiente e sulla società in generale, e le più recenti ricerche scientifiche prevedono che tali effetti aumenteranno nel tempo. “A nostro parere”, aggiunge Van Lamoen, “non si possono ignorare o trascurare i rischi e gli impatti sistemici posti dal cambiamento climatico per i portafogli nel loro insieme solo perché si desidera cogliere i rendimenti offerti nel breve termine da un piccolo gruppo di società ad alte emissioni di carbonio. L’engagement con le società partecipate allo scopo di dare impulso alla transizione net zero, contribuendo così alla creazione di valore a lungo termine, rimane uno strumento chiave a disposizione degli investitori per adempiere ai propri doveri fiduciari. La necessità di utilizzare questo strumento diventa ogni giorno più impellente, e infatti gli investitori stanno cominciando a dialogare anche con i governi per affrontare meglio i rischi sistemici del cambiamento climatico”.

Engagement collaborativo e finanziamento della transizione

“È spiacevole vedere alcuni investitori fare un passo indietro”, ammette l’esperta di Robeco. Tuttavia, nonostante la percezione negativa che tali rinunce creano negli osservatori esterni, “nella pratica la maggior parte di questi ex
membri ha giocato un ruolo attivo limitato nell’iniziativa
. Inoltre, notiamo che alcuni di coloro che hanno abbandonato l’iniziativa stanno al contempo rafforzando i finanziamenti destinati alla transizione, a quanto sembra come alternativa all’engagement per la riduzione delle emissioni nel mondo reale”. La contraddizione, sottolinea Van Lamoen, sta nel fatto che il finanziamento della transizione è proprio ciò per cui Climate Action 100+ si batte, chiedendo alle imprese di definire strategie di decarbonizzazione concrete e di allocare i propri investimenti di conseguenza.

Mantenere la rotta

Accelerare la transizione è indubbiamente necessario secondo la ricerca scientifica. Il tempo a disposizione per limitare l’innalzamento delle temperature in linea con l’Accordo di Parigi si riduce ogni giorno di più. “Mantenere la rotta è la cosa giusta da fare sia dal punto di vista finanziario che da quello dell’impatto: la transizione è inevitabile. Esternalità negative come le emissioni di carbonio e la perdita di biodiversità avranno sempre più spesso attribuito un prezzo. Lo si vede già nei meccanismi di adeguamento del carbonio alle frontiere e nella spinta a istituire veri e propri mercati del carbonio, e diventerà indubbiamente un aspetto ancora più rilevante sul piano finanziario in futuro”, conclude l’analista.