Gli impatti climatici fisici colpiranno sempre più le case e il lavoro di milioni di persone, l’IA (intelligenza artificiale) generativa guiderà le trasformazioni tecnologiche e rivoluzionerà anche il settore finanziario e la regolamentazione richiederà catene di fornitura sempre più trasparenti. Sono alcuni dei risultati emersi dal report di MSCI Sustainability and Climate Trends to Watch for 2024 in cui i ricercatori del fornitore globale di servizi finanziari offrono approfondimenti utili per orientarsi nel panorama degli investimenti per l’anno prossimo. Di seguito ne approfondiamo alcuni.
Indice
Gli impatti del clima su case e lavoro
Gli eventi climatici estremi negli ultimi anni sono diventati sempre più severi. Gli impatti di questi eventi stanno colpendo un numero sempre maggiore di persone e di aziende, con conseguenze sociali e strutturali che vanno ancora comprese appieno.
Uno degli effetti economici più diretti di questa situazione è che i rischi climatici possono aumentare la pressione sull’accessibilità economica delle assicurazioni per i proprietari di case. Ad esempio, MSCI analizza il mercato statunitense, riscontrando che l’aumento del costo medio dell’assicurazione per i detentori di case negli Stati Uniti tra il 2001 e il 2020 è stato notevole (fino al 145%) e ben oltre l’incremento del 61% del reddito familiare medio nel corso dello stesso periodo. E il cambiamento climatico non può che aggravare ulteriormente l’onere finanziario per le famiglie che già cercano di destreggiarsi in un’economia inflazionistica.
I rischi climatici possono rendere meno accessibili le assicurazioni per i proprietari di case
Gestire l’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale generativa è alla base delle innovazioni tecnologiche in atto e sta rivoluzionando quasi tutti i settori, compreso quello finanziario. Sebbene l’IA offra ampie opportunità, porta con sé anche dei rischi, che tanto le aziende quanto gli investitori devono tenere in considerazione nel futuro prossimo.
Uno dei rischi connessi all’IA, sottolinea MSCI, riguarda la privacy dei dati. I modelli e le applicazioni di intelligenza artificiale generativa stanno aprendo nuove modalità di utilizzo dei dati personali dei consumatori. Le applicazioni di intelligenza artificiale generativa, ad esempio, possono raccogliere dati comportamentali senza un chiaro consenso, e quindi utilizzarli per migliorare ulteriormente i modelli di IA. In risposta, i politici hanno iniziato a muoversi per proteggere i diritti alla privacy dei loro cittadini. Ne è un esempio il Regolamento generale sulla protezione dei dati dell’UE, che è incentrato sui diritti degli utenti, sul consenso e sulle finalità secondarie, nonché sul principio della “privacy by design” nello sviluppo dei prodotti.
Per comprendere quanto le aziende sono pronte a proteggere i dati dei propri dipendenti e clienti, MSCI ha esaminato tre indicatori, riscontrando che le società tecnologiche coinvolte nello sviluppo sia di modelli che di applicazioni dell’intelligenza artificiale potrebbero aver bisogno di integrare barriere più efficaci, e allo stesso tempo quelle che sviluppano modelli basati sull’intelligenza artificiale destinati ad un utilizzo da parte dei consumatori potrebbero dover ampliare le loro disposizioni sulla privacy per garantire maggiore sicurezza.
Le aziende lungo tutta la catena del valore dell’IA potrebbero aver bisogno di migliori protezioni e disposizioni sulla privacy
La due diligence nella catena di fornitura si rafforza
Le catene di fornitura complesse sono una realtà del business moderno. Se ben costruite, queste catene offrono specializzazione, efficienza e vantaggio competitivo. Ma non sono esenti da rischi, dalla carenza di materiali chiave ai fallimenti nella garanzia della qualità. L’enorme numero di attori coinvolti in ogni fase della produzione può rendere difficile tenere traccia di chi commercia con chi. Per gestire meglio questi rischi e opportunità i principali regolatori stanno alzando l’asticella normativa, rendendo le aziende esplicitamente responsabili di ciò che accade nelle catene di fornitura e ipotizzando pesanti sanzioni in caso di inadempienza. Un esempio di normativa sulla due diligence che entrerà presto in vigore è la CSDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive), una direttiva che terrà in considerazione tanto gli impatti ambientali (come la perdita di biodiversità) quanto quelli sociali (come la modern slavery – schiavitù moderna) che di governance delle catene di fornitura delle aziende. La due diligence richiederà azioni preventive e la valutazione e rendicontazione dei rischi e degli impatti.
Nel report, MSCI analizza la catena di fornitura del settore alimentare, tipicamente molto complessa, soprattutto quando incorpora materie prime come cacao, caffè, olio di palma e soia. Questi ingredienti, infatti, provengono in gran parte dai mercati emergenti, dove il monitoraggio e il reporting possono essere discontinui. Ora, tuttavia, la tracciabilità sta aumentando, soprattutto nel contesto europeo con le nuove leggi anti-deforestazione e di due diligence aziendale. E il 2024, secondo MSCI, potrebbe essere l’anno in cui si scoprirà quali aziende possono rispondere a questa nuova pressione normativa e riferire effettivamente da dove provengono i loro ingredienti.
Analizzando lo scenario attuale della catena di approvvigionamento alimentare, MSCI rileva che solo l’11% delle aziende di prodotti alimentari che facevano affidamento sulla soia disponevano di programmi di tracciabilità, e solo l’8% di quelle che dipendevano dal cacao. “Le aziende di prodotti alimentari avranno bisogno di un cambiamento epocale nei loro sforzi di tracciabilità”, scrive MSCI.
La tracciabilità delle merci ha ancora molta strada da fare, anche per le aziende che dipendono da esse
La reportistica garantisce maggiori informazioni sulle aziende, ma ci sono margini di miglioramento
L’impulso normativo, soprattutto nell’UE, da anni spinge ad una divulgazione delle informazioni aziendali più dettagliata e trasparente. E il lancio degli standard dell’International Sustainability Standards Board (ISSB) a metà del 2023, non farà che confermare la tendenza. “Con l’avanzare del 2024 potremmo vedere se la velocità, la portata e il rigore con cui le aziende implementano gli standard ISSB corrisponde all’ambizione di diventare un punto di riferimento globale per il reporting di sostenibilità”, sostiene MSCI.
Nell’UE, il punto di riferimento per le aziende sono gli European Sustainability Reporting Standards della CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), che sono progettati per essere interoperabili con l’ISSB. Al contrario, le due maggiori economie del mondo, Stati Uniti e Cina, devono ancora annunciare piani formali per introdurre quadri di reporting allineati all’ISSB.
Gli standard di divulgazione dell’ISSB vengono adottati a velocità diverse in tutto il mondo
Nonostante il processo di rendicontazione si faccia sempre più rigoroso, MSCI osserva una lacuna importanza della reportistica, legata alle “clausole scritte in piccolo nei report di sostenibilità”.
Poiché la transizione energetica a basse emissioni di carbonio incontra ostacoli derivanti dall’inflazione e dall’aumento dei costi di produzione, le aziende potrebbero essere tentate di rallentare i piani di decarbonizzazione. A tal fine, per non attirare critiche, in alcuni casi hanno inserito note a piè di pagina nei rapporti sul clima che consentono alle società di rimanere connesse ad alcuni asset legati ai combustibili fossili senza contare le loro emissioni nei bilanci. Pertanto, secondo MSCI, in vista del 2024, potrebbe essere sempre più importante leggere le clausole scritte in piccolo per distinguere i piani di transizione attivi dalle differenze contabili.
Tra le scappatoie che le aziende adottano per ridurre le emissioni dichiarate:
- L’esclusione delle emissioni di asset che non sono interamente gestiti dalla società, come le joint venture;
- L’esclusione delle emissioni delle unità aziendali di cui è prevista la vendita;
- Il passaggio dalla contabilità delle emissioni basata sulla localizzazione a quella basata sul mercato.
Analizzando quattro società di servizi pubblici quotate che utilizzavano almeno una di queste scappatoie, MSCI ha scoperto che stavano escludendo un’ampia fetta (17-95%) di quella che potrebbe essere la loro impronta carbonica complessiva. Per questo MSCI parla di “emissioni orfane”, cui gli investitori dovrebbero prestare particolare attenzione.
Emissioni riportate e corrette per quattro società di servizi pubblici quotate in borsa
Le conseguenze indesiderate della SFDR per i mercati emergenti
Secondo l’analisi di MSCI, gli sforzi per indirizzare il capitale verso progetti a zero emissioni nei mercati emergenti si trovano ad affrontare un ostacolo involontario derivante dalla Sustainable Finance Disclosure Regolamento (SFDR), con troppo poche aziende che soddisfano gli elevati standard di investimento dell’Unione Europea.
La ricerca di MSCI, in particolare, suggerisce che le società dei mercati emergenti sono in una situazione di svantaggio perché non riescono a soddisfare i criteri “non causare danni significativi” (DNSH) della SFDR dell’UE, rendendole non idonee per molti portafogli di investitori. I fondi dell’UE con un obiettivo di sostenibilità (fondi articolo 9), infatti, devono considerare gli indicatori del “principale impatto negativo” (PAI), come prescritto dalla SFDR secondo il principio di “non arrecare danni significativi”.
Quando MSCI ha esaminato i dati disponibili sui PAI, ha riscontrato che le differenze più evidenti tra gli emittenti dei mercati in via di sviluppo ed emergenti, in tutti i settori, riguardavano gli indicatori sociali (PAI 11 e 13). In entrambi i casi, gli emittenti dei mercati emergenti hanno fallito molto più spesso dei loro omologhi dei mercati sviluppati. Tuttavia, gli emittenti dei mercati emergenti tendono a restare indietro anche rispetto agli indicatori legati al carbonio e all’energia (PAI 2, 3 e 6).
Le società dei mercati emergenti potrebbero avere più difficoltà a soddisfare i criteri dei PAI rispetto alle loro concorrenti dei mercati sviluppati
Una conseguenza del mancato rispetto dei criteri DNSH da parte delle società dei mercati emergenti è che diventano di fatto non idonee per i portafogli di molti investitori. I settori chiave verso una transizione a zero emissioni, come i servizi di pubblica utilità, sono particolarmente svantaggiati rispetto ai loro concorrenti dei mercati sviluppati. “Per i mercati che hanno un disperato bisogno di capitale di transizione, questo sarebbe un duro colpo”, afferma il rapporto MSCI.