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Decarbonizzazione

MSCI: aumenta la divulgazione sull’utilizzo dei crediti di carbonio da parte delle aziende

Le aziende hanno iniziato a comunicare di più i dati su quanto utilizzano i crediti di carbonio, grazie alla diffusione di nuovi standard e norme di riferimento, tra cui la CSRD europea (Corporate Sustainability Reporting Directive). A dirlo è MSCI, società specializzata nella formulazione di analisi e rating per gli investitori, nell’approfondimento Transparency Is King When Using Carbon Credits. La divulgazione dell’utilizzo dei crediti di carbonio è un aspetto complesso, ma importante, del reporting aziendale perché garantisce un certo livello di trasparenza e consente agli stakeholder di valutare l’impatto ambientale netto di un’azienda, il suo grado di pianificazione della transizione e la sua esposizione ai rischi climatici più in generale. Per le imprese, in particolare, è importante perché consente loro di migliorare la reputazione aziendale. 

Tuttavia, se da un lato il proliferare di normative differenti sulla divulgazione dell’utilizzo dei crediti di carbonio è un segnale positivo che arricchisce il quadro di riferimento, allo stesso tempo aggiunge complessità per gli investitori nel reperire informazioni uniformi e nel riferire sull’utilizzo dei crediti nel loro portafoglio. Per le aziende, invece, pone un ulteriore onere di rendicontazione. Una soluzione, sottolinea MSCI, potrebbe venire dalla diffusione di una maggiore standardizzazione nel format di rendicontazione e nei dettagli delle informazioni divulgate.

Di seguito riportiamo l’analisi di MSCI sulle sfide e le opportunità portate dalla normativa in evoluzione sulla rendicontazione in questo ambito, fornendo prima la definizione di crediti di carbonio per una migliore comprensione dell’approfondimento.

Crediti di carbonio: di cosa si tratta?

I crediti di carbonio, noti anche come compensazioni di carbonio (“carbon offsets” in inglese), sono dei “permessi” che consentono a chi li detiene di emettere una certa quantità di anidride carbonica o di altri gas a effetto serra (GHG). Un credito consente l’emissione di una tonnellata di CO2 o l’equivalente di altri gas serra. 

Alle aziende che inquinano vengono concessi dei crediti che permettono loro di continuare a inquinare fino a un certo limite che viene periodicamente ridotto. L’azienda può vendere eventuali crediti non necessari ad altre organizzazioni che ne hanno bisogno, così da innescare un meccanismo in cui le società sono doppiamente incentivate a ridurre le emissioni GHG. Se le emissioni di un’azienda superano il limite imposto, le imprese devono spendere soldi in crediti aggiuntivi. L’obiettivo finale è quello di ridurre il numero di crediti nel tempo, incentivando così le aziende a trovare modi innovativi per ridurre le emissioni.

Non tutti sono favorevoli all’uso di crediti di carbonio. I sostenitori, però, affermano che questo sistema porta a riduzioni misurabili e verificabili delle emissioni tramite l’analisi di progetti climatici certificati e che è uno strumento fondamentale per governi e imprese per affrontare la crisi climatica. 

Quanto costa un credito di carbonio nei mercati volontari?

Il prezzo dei crediti di carbonio varia a seconda del luogo e del mercato in cui vengono scambiati. Tuttavia, a livello globale, il costo medio è cresciuto negli ultimi anni, partendo da 4,33 dollari per tonnellata nel 2019 (fonte: Forest Trends Association), mentre nel 2023 ha toccato i 105 euro. Diversa è la situazione di mercati regolamentati come l’European Trading System (ETS), che ha un prezzo fissato (63 euro tra gennaio e aprile 2024), sebbene oscilli nel tempo.

I tassi di divulgazione sui crediti di carbonio

Prima di illustrare la percentuale di entità che divulgano sull’utilizzo di crediti di carbonio, è utile inquadrare il concetto di “ritiro” di un credito di carbonio. Quando il beneficio del credito di carbonio è avvenuto, e quindi è stato rivendicato dall’entità che lo ha acquistato, il credito viene ritirato. Per ritirare il credito chi lo possiede deve assicurarsi che venga rimosso dal mercato e che sia etichettato come “ritirato” in qualsiasi registro.

Come mostrato nella figura riportata nell’analisi di MSCI, i tassi di divulgazione sui ritiri dei crediti di carbonio riferiti al 2023 al momento sono più bassi rispetto agli anni precedenti a causa dei “ritardi nei cicli di rendicontazione aziendale”, ma, secondo gli analisti di MSCI, “i livelli saliranno e supereranno il 90% una volta completato il processo di reporting”.  

Se si osservano le tipologie di crediti utilizzati, tuttavia, si nota che il livello medio di informazioni divulgate non è dettagliato. Solo la metà del mercato (52%) divulga i nomi dei progetti che hanno generato i crediti di carbonio che stanno utilizzando. In questi casi, sul sito web del registro dei crediti sono reperibili dettagli approfonditi sul progetto sottostante, inclusa la sua ubicazione e la metodologia del credito e i controlli di verifica di terze parti. “Tale profondità di divulgazione è più completa rispetto a molte altre aree del reporting aziendale, come le emissioni di un’azienda”, osserva MSCI. C’è poi però un 46% di ritiri di crediti di carbonio “non identificabili” (anche se questo fenomeno è legato secondo MSCI al ritardo nella rendicontazione riferita al 2023). 

Ritiri annuali di crediti di carbonio, per livello di divulgazione sui crediti ritirati (MtCO2e)

Fonte: dati MSCI Carbon Markets. Dati al 31 marzo 2024. 

La spinta alla trasparenza sulla divulgazione: dai registri al reporting aziendale

A rendere la divulgazione sui crediti di carbonio più trasparente sono soprattutto i registriun’importante fonte di informazione sull’uso dei crediti di carbonio. In questo contesto, i Core Carbon Principles (CCP), un punto di riferimento globale per i crediti di carbonio che fissa soglie rigorose in materia di divulgazione e sviluppo sostenibile, svolgono un ruolo cruciale. Pubblicati recentemente dall’Integrity Council for the Voluntary Carbon Market (ICVCM), questi principi stabiliscono che i registri riportino informazioni sull’entità per conto della quale viene ritirato un credito di carbonio. “Tali informazioni devono essere divulgate solo nell’ambito del registro, non pubblicamente, ma questo nuovo requisito potrebbe portare a tassi di divulgazione più elevati e più diffusi”, sottolinea MSCI. 

Una fonte altrettanto importante di divulgazione in questo ambito è diventato anche il reporting aziendale. Nel 2015, quando era stata creata la Task Force on Climate-based Financial Disclosures (TCFD), divulgare informazioni sull’utilizzo dei crediti di carbonio era marginale e una pratica poco diffusa. Ma le cose sono cambiate. Le autorità di regolamentazione, infatti, hanno iniziato a emanare norme e standard di rendicontazione sempre più rigorosi. Ne sono un esempio gli standard IFRS 1 e IFRS 2 dell’ISSB (International Sustainability Standards Board). “Tra gli standard, quasi tutti ora richiedono che un’azienda divulghi i crediti di carbonio che sta utilizzando, o intende utilizzare. Di conseguenza, il numero di aziende che divulgano dettagli sul proprio utilizzo del credito è destinato ad aumentare”, evidenziano gli analisti di MSCI. 

Tuttavia, come già sottolineato, ogni giurisdizione presenta modelli di divulgazione e livelli di dettaglio diversi. Le regole vengono stabilite in modi diversi e a velocità differenti nei principali mercati. Queste discrepanze potrebbero aumentare gli oneri di rendicontazione per le aziende, in particolare per le società multinazionali soggette a più di una regola, e informazioni dissimili potrebbero rendere più difficile per gli investitori prendere decisioni.

Ulteriori sfide per gli investitori

Come risulta ormai evidente, i requisiti di rendicontazione della normativa in evoluzione coinvolgono anche gli investitori. Nel contesto europeo, ad esempio, la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) chiede ad aziende e investitori di impegnarsi a rendere pubbliche le informazioni sui crediti utilizzati nella loro catena di fornitura, nel caso delle aziende, e nei portafogli, nel caso degli investitori. Probabilmente, anche la revisione della SFDR confermerà questo requisito, sottolinea MSCI, introducendo l’obbligo di rendicontare informazioni dettagliate sui crediti ritirati in relazione a un prodotto finanziario. “L’aggregazione di queste informazioni a livello di portafoglio presenta ulteriori sfide, come la disponibilità e la standardizzazione dei dati, ma permette anche una maggiore comprensione dell’esposizione dell’investitore ai mercati del carbonio e ad alcuni rischi di transizione”, si legge nello studio. Nel considerare tali provvedimenti, le autorità di regolamentazione dell’UE hanno suggerito agli investitori di chiedere supporto a fornitori di dati esterni. Per rispondere a questa esigenza, MSCI ha recentemente lanciato una soluzione allineata alla CSRD che può aiutare gli investitori ad affrontare le complessità della rendicontazione prevista dalla direttiva, compreso l’uso dei crediti di carbonio.

Che dettagli bisogna divulgare sull’utilizzo dei crediti di carbonio?

Il tipo di informazioni che le aziende devono divulgare è simile in tutte le giurisdizioni. Le informazioni di base riguardano la quantità di crediti utilizzatiil tipo e l’ubicazione. A variare sono i dettagli, soprattutto per quanto riguarda i requisiti di informativa sul volume dei crediti ritirati. Alcuni contesti normativi richiedono alle aziende di rivelare l’utilizzo attuale dei crediti mentre altri chiedono dati sull’utilizzo pianificato dei crediti, anche se non sono molte le aziende in grado di dire con sicurezza quali crediti intendono ritirare in un orizzonte di lungo periodo. “Nella migliore delle ipotesi potrebbero conoscere e indicare un volume target”, osserva MSCI. 

Tornando alle informazioni di base, come detto, la tipologia di progetto è un dato che viene recepito come un buon indicatore dei benefici previsti. Allo stesso modo, la divulgazione dell’ubicazione di un progetto è un fattore importante nel considerare il suo contributo agli obiettivi del Paese in cui viene sviluppato, alla contabilità nazionale e al rischio politico intrinseco. La divulgazione sulla certificazione e sull’”integrità” (ovvero affidabilità) dei crediti, infine, aiuta a valutare la credibilità ambientale dell’attività e altri fattori, come l’impatto sui diritti umani.

Riepilogo delle informazioni richieste relative ai crediti di carbonio per giurisdizione o standard volontario

Fonte: MSCI Carbon Markets. Sintesi semplificata degli standard informativi relativi all’utilizzo dei crediti di carbonio, nelle diverse giurisdizioni.