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Indagine InfluenceMap

L’industria della carne frena le politiche climatiche UE del settore agricolo: ecco come

Se l’UE ha fatto marcia indietro sulle politiche climatiche e ambientali del settore agricolo non è solo per le pressioni esercitate dalle proteste degli agricoltori degli ultimi mesi, bensì è il frutto di anni di tattiche di advocacy adottate dall’industria europea della carne e dei prodotti lattiero-caseari. A rivelarlo è un report di InfluenceMap, The European Meat and Dairy Sector’s Climate Policy Engagement, in cui il think tank londinese ha analizzato come l’industria della carne e dei prodotti lattiero-caseari abbia influenzato e stia influenzando l’agenda dell’UE per ridurre le emissioni di CO2 e l’impatto ambientale delle diete alimentari e degli allevamenti. In particolare, lo studio ha analizzato le posizioni delle 10 maggiori aziende del settore (Unilever, Nestlé, Arla, Cargill, FrieslandCampina, Danish Crown, Groupe Lactalis, Vion Food e Tönnies Group) e delle cinque associazioni di categoria (FoodDrinkEurope, European Livestock and Meat Trades Union, European Dairy Association, Copa-Cogeca e European Livestock Voice) su sei politiche chiave dell’UE volte a contrastare le emissioni di gas serra in agricoltura (Farm to Fork, Sustainable Food Systems Framework, Review of EU Promotion of Farm Products, Review of EU School Milk Scheme, Methane Strategy, Industrial Emissions Directive).

A quanto pare, l’industria della carne e dei prodotti caseari ha mosso gli stessi passi e ha usato le stesse tattiche delle lobby dell’oil&gas per contrastare la lotta al cambiamento climatico: ha infatti costruito e proposto una narrazione della realtà parziale per dissuadere e convincere consumatori e politici. Nel caso del settore agricolo, dall’analisi emerge che due sono state le narrazioni chiave proposte dall’industria: enfatizzare l’importanza dell’allevamento e della carne per la società (esaltandone i benefici per la salute, per la società e per la food security) e allontanare l’attenzione dal fatto che l’allevamento è uno dei driver principali del cambiamento climatico a causa delle emissioni di metano (enfatizzando gli impatti positivi dell’agricoltura, alimentando la disinformazione sulla scienza, negando il bisogno di un cambiamento nelle diete per renderle più sostenibili).

Fonte: The European Meat and Dairy Sector’s Climate Policy Engagement, InfluenceMap, 2024

L’analisi di InfluenceMap evidenzia che, a seguito dell’intensa attività di lobbying da parte degli operatori del settore, due delle sei politiche sono state significativamente indebolite e tre sembrano essersi completamente arenate: si tratta di politiche come il quadro dell’UE per i sistemi alimentari sostenibili (Sustainable Food Systems Framework), la strategia Farm to Fork, politica “faro” per la transizione verso diete sostenibili, e la revisione della Direttiva sulle emissioni industriali (Industrial Emissions Directive) che dovrebbe regolare le emissioni inquinanti delle aziende agricole europee, compreso il metano. “Il Partito Popolare Europeo (PPE) sembra aver adottato la narrativa del settore per opporsi alla legislazione, il che potrebbe aver contribuito a vanificare il successo di queste politiche” si legge in una nota del think tank.   

Da un lato, infatti, le narrazioni individuate da InfluenceMap compaiono ripetutamente nelle risposte alle consultazioni, nelle dichiarazioni pubbliche, sui social media delle aziende e delle associazioni indagate, nonché nelle comunicazioni dirette tra tali organizzazioni e il Commissario europeo per l’Agricoltura Janusz Wojciechowski. Dall’altro lato sono state anche più volte utilizzate dal PPE sia in seno alla Commissione UE e al Parlamento UE, sia nelle dichiarazioni pubbliche.

“I produttori di carne e latticini e le associazioni industriali che li rappresentano sembrano prendere in prestito tattiche e narrazioni dal libro dei combustibili fossili per frenare le politiche volte ad affrontare le emissioni di gas serra”, ha affermato Venetia Roxburgh, responsabile del programma UE di InfluenceMap, “A seguito del comportamento ostruzionistico dell’industria e dell’infiltrazione di narrazioni industriali nel Parlamento e nella Commissione dell’UE, le politiche fondamentali per ridurre le emissioni di gas serra in linea con i pareri scientifici sono state significativamente indebolite o si sono arenate. Senza politiche scientifiche che affrontino il settore, non sembra probabile che le emissioni di gas serra dell’agricoltura europea si riducano in linea con l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di non superare un aumento di temperatura media globale di 1,5°C”.

Nel report infatti il think tank sottolinea che le narrazioni utilizzate sono in contraddizione con le più recenti raccomandazioni scientifiche pubblicate dall’IPCC, il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, nei rapporti 2022 e 2019 e con la revisione scientifica proposta da uno studio del 2019 di EAT-Lancet su come passare a un sistema alimentare sostenibile e a diete sane.

Ma sebbene nessun impegno politico delle imprese analizzate è allineato con le raccomandazioni scientifiche dell’IPCC, dall’analisi emerge una differenza tra i produttori di carne e quelli di beni lattiero-caseari per quanto riguarda le posizioni prese sulle politiche UE. Quelle dei primi tendono infatti ad essere più disallineate rispetto a quelle dei secondi: mentre alcune aziende famose tra cui Unilever, Nestlè e Danone, sembrano essersi spese a favore delle principali politiche europee per promuovere la trasformazione sostenibile delle diete alimentari e la riduzione delle emissioni di gas serra, InfluenceMap non ha trovato alcun tipo di prove che lo stesso sia stato fatto da aziende quali Danish Crown, FrieslandCampina, Groupe Lactalis o Tönnies Group.

Fonte: The European Meat and Dairy Sector’s Climate Policy Engagement, InfluenceMap, 2024

Entrando nel dettaglio, per quanto riguarda la strategia Farm to Fork, Danone, Nestlé e Unilever hanno riconosciuto la necessità di una transizione delle diete verso prodotti a base vegetale, al contrario di Arla e Vion Food Group. Mentre sul framework sui sistemi alimentari sostenibili, Arla non l’ha supportata sostenendo che la politica dovrebbe riconoscere “il ruolo critico di tutti i gruppi di alimenti di base, come i prodotti lattiero-caseari e gli impatti positivi di tali prodotti” mentre Unilever e Nestlé hanno adottato posizioni non ben definite, sostenendo in linea di massima l’obiettivo della politica ma espremendosi a favore di requisiti minimi di sostenibilità che fossero “realistici” per i prodotti alimentari. Solo Danone si è invece espressa alla consultazione pubblica dell’UE sulla Revisione del programma europeo per il latte nelle scuole, sostenendo l’inclusione di prodotti a base vegetale ma auspicando il mantenimento dei prodotti lattiero-caseari all’interno del programma.

Più attive e profondamente in contrasto con le politiche UE si sono dimostrate invece le associazioni di categoria valutate nell’analisi le quali sono state intensamente impegnate nell’opposizione alle riforme politiche volte a ridurre il consumo di carne e prodotti lattiero-caseari e a regolamentare le emissioni dell’allevamento. Dal report emerge infatti che nessuna associazione di categoria ha supportato le politiche chiave dell’UE prese in considerazione e anzi il più delle volte ha affermato e dimostrato la propria opposizione.

Fonte: The European Meat and Dairy Sector’s Climate Policy Engagement, InfluenceMap, 2024

Metodologia di InfluenceMap

La piattaforma LobbyMap di InfluenceMap traccia e valuta l’impegno politico in materia di clima di oltre 500 aziende e 250 associazioni industriali a livello globale. La metodologia di LobbyMap utilizza sette fonti di dati pubblicamente disponibili, che vanno dai siti web e dalle dichiarazioni dirette delle aziende alle prove delle loro consultazioni dirette con i governi. Tutte le prove sono valutate e classificate in base ai parametri di InfluenceMap, sviluppati sulla base delle raccomandazioni dell’IPCC per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Negli ultimi anni, InfluenceMap ha ampliato la portata della sua analisi per includere il settore agricolo europeo, comprese le aziende del settore della carne e del latte e le associazioni di categoria. Le quattro associazioni industriali valutate nel rapporto rappresentano diverse parti della catena del valore alimentare – i settori della carne, dei prodotti lattiero-caseari, dell’agricoltura e dei prodotti alimentari. La European Livestock Voice (ELV), fondata da associazioni del settore agricolo, tra cui le tre EDA, Copa-Cogeca e UECBV presenti in questo rapporto, è stata valutata per il suo compito specifico di influenzare le narrazioni pubbliche e informare i consumatori sul “valore sociale della produzione zootecnica e il suo contributo alle sfide globali”. Oltre alle associazioni di settore, per questa analisi sono state valutate dieci aziende sulla base di una combinazione di fattori, ovvero la loro quota di mercato nell’UE e le loro emissioni di gas serra.

Fonte: The European Meat and Dairy Sector’s Climate Policy Engagement, InfluenceMap, 2024

Metriche InfluenceMap per la valutazione dell’impegno politico dell’industria della carne in materia di clima

Le tabelle di seguito illustrano due metriche chiave per valutare l’impegno delle aziende in materia di politiche climatiche. La Performance Band (da A+ a F) è una misura dell’impegno di un’azienda in materia di politiche climatiche, che tiene conto sia del proprio impegno che di quello delle associazioni di settore. Per le aziende, il Punteggio dell’organizzazione e il Punteggio delle relazioni sono combinati per ottenere un punteggio totale che colloca l’azienda in una fascia di performance. Le associazioni di settore non hanno un Punteggio delle relazioni, quindi la fascia di prestazione per le associazioni di settore è costituita solo dal Punteggio dell’organizzazione. Le fasce di performance da A+ a B (cioè superiori al 75%) indicano un ampio sostegno alla politica climatica allineata alla scienza, mentre i voti da D a F (cioè inferiori al 50%) indicano un impegno sempre più ostruzionistico nella politica climatica. Queste metriche considerano l’impegno sia per le politiche legate all’uso del suolo sia per altre politiche climatiche coperte dalla metodologia LobbyMap, come lo scambio di emissioni, gli standard per le energie rinnovabili e le normative per facilitare la transizione energetica.

Fonte: The European Meat and Dairy Sector’s Climate Policy Engagement, InfluenceMap, 2024

L’Engagement Intensity (espressa in percentuale da 0 a 100) è una misura del livello di impegno politico dell’azienda, sia esso positivo o negativo. I punteggi superiori a 12 indicano un impegno attivo nella politica climatica, mentre quelli superiori a 25 indicano un impegno altamente attivo o strategico nella politica climatica. L’indicatore aggiuntivo “Intensità di impegno sull’uso del suolo” nella tabella seguente si riferisce al numero di istanze di impegno pubblico rilevate da InfluenceMap per ciascuna entità nel 2020-23.

Fonte: The European Meat and Dairy Sector’s Climate Policy Engagement, InfluenceMap, 2024