Per raggiungere il net zero saranno necessari ingenti investimenti soprattutto nel settore energetico e nelle relative infrastrutture che si stima raddoppieranno entro il 2030 e comporteranno un aumento esponenziale della produzione elettrica, da 500 a 160.000 miliardi di dollari. Ma sebbene questo tipo di approccio è importante per contrastare il cambiamento climatico, può al contempo comportare rischi non trascurabili per la biodiversità, di cui sono già evidenti gli effetti: il calo della funzionalità degli ecosistemi costa infatti all’economia globale più di 5.000 miliardi di dollari all’anno. Questo significa che ogni anno l’economia mondiale perde servizi ecosistemici per un valore pari a circa il 6% del PIL globale, un importo approssimativamente equivalente al valore di mercato totale della produzione agricola, forestale e ittica nel 2019. È quanto rivela l’ultimo report di BCG e Quantis, Harmonizing Infrastructural Progress with Nature, da cui emerge che il settore infrastrutturale, insieme a quello energetico, è responsabile di circa il 35% delle pressioni sulla biodiversità, che si traducono in cambiamento del paesaggio con conseguenze negative sugli habitat e frammentazione delle risorse naturali. È quindi essenziale tenere conto della biodiversità come elemento chiave delle strategie di progettazione e negli investimenti infrastrutturali, affinché se ne valutino attentamente gli impatti a lungo termine per garantire benefici, sia naturali sia economici, duraturi.
Negli ultimi dieci anni il mondo si è concentrato sulla decarbonizzazione, sottolinea l’analisi, creando un linguaggio unificato per affrontare il cambiamento climatico attraverso obiettivi chiari e condivisi di riduzione delle emissioni. Tuttavia, questa enfasi ha portato a un fenomeno noto come carbon tunnel vision, che ha spinto le aziende a concentrarsi esclusivamente sulle emissioni di CO2, trascurando aspetti cruciali dell’impatto dell’uomo sull’ambiente come la tutela della biodiversità.
Ma preservare gli ecosistemi è cruciale per la salvaguardia del Pianeta e delle persone, ed è strettamente connessa al climate change. Tanto è vero che la COP28 ha confermato il fondamentale ruolo della biodiversità nella salvaguardia ambientale, stabilendo un percorso congiunto tra i vari Paesi, utile a preservare gli ecosistemi naturali. Questi impegni sono stati racchiusi nel Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (GBF), sottoscritto da 196 governi e firmato durante la COP15 sulla biodiversità, che segna un punto di svolta, poiché integra la preservazione della biodiversità nelle strategie aziendali e nelle politiche globali. Il GBF ha stabilito 23 obiettivi, tra cui il noto target “30×30”, che mira a lasciare intatto almeno il 30% del pianeta entro il 2030, sottolineando il ruolo delle aziende nel contribuire al risultato nature positive (per cui non solo si tutela la biodiversità, ma si lavora per aumentarla).
“Molte aziende dipendono da servizi ecosistemici offerti gratuitamente dalla natura, come la regolazione idrogeologica e la protezione da eventi climatici. Adottare una visione più ampia su impatti e dipendenze dalla natura, investendo nel ripristino degli ecosistemi, significa poter ottenere un ritorno economico e garantire la resilienza del business.” afferma Fabio Alberto Favorido, Associate Director, Nature and Climate & Sustainability.
Come anticipato, raggiungere le zero emissioni nette richiederà investimenti massicci, stimati in quasi 5.000 miliardi di dollari entro il 2030. Secondo il programma Net Zero Emissions (NZE) dell’AIE, infatti, gli investimenti annuali nel settore energetico cresceranno significativamente, passando dal 2,5% del PIL globale degli ultimi anni al 4,5% entro il 2030. Questo comporterà un aumento esponenziale della produzione elettrica, da 500 a 160.000 miliardi di dollari, nonché un raddoppio degli investimenti nelle infrastrutture. In particolare, le reti di distribuzione elettrica vedranno un incremento dai 320 miliardi di dollari attuali a 740 miliardi.
In particolare i settori delle infrastrutture e dell’energia rappresentano circa il 35% delle pressioni sulla biodiversità e il loro sviluppo comporta costi ambientali elevati. Inoltre, le stime indicano che l’espansione globale delle infrastrutture e dell’ambiente edificato impatta su circa il 29%, ovvero quasi un terzo, delle specie incluse nell’elenco delle specie minacciate e quasi minacciate dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Le infrastrutture possono causare danni significativi alla biodiversità, tra cui distruggere o aumentare la frammentazione dell’habitat, causare perdita di biodiversità, bloccare i corridoi critici per la fauna selvatica, esaurire le risorse non rinnovabili, aumentare l’inquinamento e le emissioni dirette e indirette di gas serra.
Il caso Snam: tutelare la biodiversità non significa frenare la transizione energetica
Snam, azienda italiana attiva nel settore delle infrastrutture energetiche, ha adottato un modello avanzato di sostegno alla biodiversità nelle proprie operazioni e strategie core. Non solo un impegno dettato dall’agenda di sostenibilità europea, ma un pilastro della mission e della stessa strategia aziendale: sviluppare infrastrutture energetiche sostenibili per il futuro.
Con oltre 33.000 chilometri di gasdotti in Italia e più di 1.000 chilometri di nuovi progetti sviluppati ogni anno, Snam opera quotidianamente in stretto contatto con numerosi ecosistemi naturali del territorio nazionale. Considerata la diffusione e la capillarità delle proprie attività e infrastrutture lungo tutto il territorio nazionale, la società ha scelto di adottare un approccio tecnico e geolocalizzato per misurare l’impronta ambientale, valutare i rischi e identificare azioni di mitigazione.
L’azienda ha abbracciato la metodologia Science-Based Target Network (SBTN), servendosi cioè di basi scientifiche per definire gli obiettivi ambientali e per procedere nel percorso sostenibile. Questo approccio consente un’analisi dettagliata e scientificamente fondata delle interazioni dell’azienda con l’ambiente naturale in cui opera, che ha permesso di identificare specifiche aree d’intervento per il miglioramento e la conservazione della biodiversità.
Nello specifico, Snam segue cinque step chiave della metodologia SBTN, come illustrato.
Gli obiettivi ambientali definiti da Snam dimostrano che è possibile costruire infrastrutture energetiche capaci di coesistere positivamente con l’ecosistema che le ospita. Già oggi Snam ha già incorporato la Net Zero Conversion nell’attuale modello operativo attraverso molteplici iniziative di ingegneria ambientale utili a proteggere i paesaggi, la fauna, flora e promuovere la sicurezza dei territori. Partendo da quanto già applicato, l’obiettivo di Snam per il 2027 è generare un impatto non più solo neutrale ma positivo su natura e biodiversità in ogni cantiere rispetto alla situazione trovata ex ante.
Nei cantieri lungo tutto il territorio nazionale, il gruppo si impegna a favorire e preservare la biodiversità, a partire dall’osservazione e cooperazione con il territorio locale, applicando una gestione sostenibile del cantiere che preveda il ripristino di specie vegetative autoctone a km 0, la manutenzione delle strade forestali, il monitoraggio di flora e fauna, il consolidamento del terreno e degli argini dei fiumi, avendo cura di adottare pratiche di economia circolare nei processi di lavoro contribuendo così alla resilienza dell’ambiente anche dai rischi derivanti dal cambiamento climatico.
“La riduzione delle emissioni rappresenta ormai un percorso prioritario e ineludibile per Snam, in considerazione degli obiettivi di carbon neutrality al 2040 e net zero al 2050, ma il climate change rappresenta solo uno dei planetary boundaries”, ricorda Matteo Tanteri, Director Sustainability & social impact di Snam, “È infatti nostro dovere guardare con attenzione all’ambiente nel suo complesso e, ad esempio, rafforzare quanto già intrapreso per tutelare la natura e la biodiversità, al fine non solo di ridurre al minimo e azzerare la nostra impronta ma far sì che il nostro passaggio sul territorio possa anche generare ritorni e benefici positivi per l’ambiente e le persone, come già avvenuto in alcuni nostri cantieri. La sostenibilità, intesa a 360° per ambiente, persone ed economia, fa pienamente parte della strategia dell’azienda e diventa indispensabile per garantire un valore continuo, diffuso e di lungo periodo del nostro business”.
Il modello Snam può fare da traino per le altre realtà aziendali impegnate nel settore, consentendo loro di non limitare la prospettiva sostenibile a ridurre le emissioni di carbonio, ma ampliandola alla tutela e al ripristino della biodiversità, contribuendo così a creare un futuro sostenibile per tutti.