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Sustainable Finance Partnership di Borsa Italiana

Il ruolo strategico delle catene produttive per raggiungere il Net Zero

Quando si parla di decarbonizzare i settori industriali, quindi di ridurre le emissioni di gas serra delle attività aziendali, il grande scoglio da superare riguarda le emissioni Scope 3, ossia quelle indirette prodotte lungo tutta la catena di approvvigionamento di una impresa. Anche per le società più avanti nelle strategie climatiche, infatti, che da tempo si sono date obiettivi di lungo periodo e che hanno già messo in atto tutte le iniziative necessarie a diminuire la CO2 emessa dalla propria attività, emerge una difficoltà nel gestire gli impatti dei fornitori con cui lavorano. Eppure è un passaggio fondamentale. Le emissioni Scope 3, infatti, sono in media 11 volte quelle dirette dell’azienda. E invertire la rotta accelerando la decarbonizzazione è più che mai urgente per raggiungere l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi come previsto dall’Accordo di Parigi. A oggi siamo già a 1,2 gradi e le proiezioni senza interventi danno una traiettoria di 2,7 gradi. Per riuscire a ridurre le emissioni della filiera produttiva servono quindi azioni concrete che partano da engagement, interno ed esterno per coinvolgere tutti gli stakeholder, digitalizzazione dei dati, innovazione tecnologica, incentivi mirati e il coinvolgimento degli investitori. Sono queste alcune suggestioni emerse durante il secondo “Lunch & Learn” di Borsa Italiana, il nuovo format di engagement lanciato da Piazza Affari con il supporto della Sustainable Finance Partnership, dal titolo Net-Zero goal: the strategic role of supply chains, che ha proposto una riflessione sul ruolo fondamentale delle supply chain per raggiungere gli obiettivi net zero e ha fornito alcune risposte per favorire la diffusione delle best practice di mercato.

L’evento ha visto al centro delle due tavole rotonde gli interventi di Blanca Moreno, Managing Consultant, Carbonsink, Amelia Celia, Chief Sustainability Officer, ASTM, Franco Doria, Chief Internal Officer di Cementir, Chiara Sacco, Partner, ERM e Giovanni Tula, Head of Sustainability, Enel Green Power and Thermal Generation moderati da Patrizia Celia, Head of Large Caps, Investment Vehicles & Sustainable Finance Partnership.

Le azioni per ridurre le emissioni Scope 3

Quali sono, dunque, le azioni da mettere in campo per ridurre le emissioni Scope 3? Per Carbonsink, società del gruppo South Pole attiva nella consulenza climatica, è fondamentale iniziare dall’engagement e dalla digitalizzazione dei dati. Per raggiungere gli obiettivi net zero, infatti, non è possibile prescindere dall’impatto proveniente da tutti gli attori lungo la catena di fornitura. Quindi, in primo luogo è necessaria la collaborazione, interna alle aziende, tra il dipartimento di sostenibilità e il procurement. Il secondo passo è poi rendere noti gli obiettivi di decarbonizzazione della società e le aspettative all’esterno e aprire il dialogo con i fornitori su questi aspetti. Fare dunque engagement e coinvolgere gli attori lungo la supply chain il cui contributo non può però che passare per una digitalizzazione dei dati per favorire lo scambio di informazioni, la misurazione e il monitoraggio. Questa strategia operativa può determinare “una rivoluzione a cascata” secondo le parole della Moreno e garantire che le decisioni vengano prese in maniera proattiva.

Per molte società la complessità deriva dal fatto che i soggetti coinvolti sono numerosi e il grado di interazione è differenziato. La leva diretta può essere attivata solo con i fornitori di primo livello o al più con i subfornitori. La digitalizzazione dei dati e la richiesta di una reportistica sono dunque elementi chiave, ma che devono andare di pari passo con la definizione (e la conseguente richiesta da parte dell’azienda) di standard definiti e trasversali, come ha ricordato Tula evidenziando l’importanza non solo del “cosa” ma anche del “come”, quindi delle strategie messe in campo per raggiungere gli obiettivi. D’altronde, ha proseguito l’head of sustainability di Enel Green Power, pioniera del settore delle energie rinnovabili e quotata dal 2010, integrare queste considerazioni significa comprendere che ridurre l’impatto emissivo di un prodotto o di uno strumento – come, per esempio, quello di una turbina eolica nel caso di Enel – significa prendere in considerazione tutto il ciclo di vita. Questo necessariamente include diverse filiere e settori anche apparentemente distanti – come nel caso della pala eolica anche quelli del cemento considerando che la sua Life Cycle Analysis (LCA) parte dal sito e dalle fondamenta, dunque, dal luogo selezionato e dalla colata di cemento iniziale sulla quale vengono poi posizionati i ferri.

Sebbene si parli sempre più di sostenibilità e di impatti ESG, un fattore da prendere in considerazione è che tali logiche che si allontanano da modalità “business as usual” non sono ancora appannaggio di molti attori economici e finanziari. “La Corporate Sustainability Due Diligence Directive, la direttiva dell’Unione Europea per prevenire e mitigare gli impatti delle aziende lungo la catena di fornitura, darà una spinta in questo contesto” ha dichiarato Sacco di Erm, società che fornisce servizi di consulenza in ambito ambientale, sociale e di sostenibilità in oltre 40 Paesi, “ma i consulenti esterni possono supportare le aziende nelle sfide che la transizione sostenibile e climatica comporta”.

Per Sacco il primo step da fare per costruire programmi di avanzamento e miglioramento sul fronte delle emissioni Scope 3 è mappare i fornitori per capire dove agire. “Identificare quali sono i fornitori e focalizzarsi in un primo momento lì dove si riscontrano gli impatti ambientali maggiori e al contempo esiste già una relazione di fiducia su cui poter far leva per costruire un percorso insieme” ha sottolineato la partner di Erm che ha concordato poi sulla necessità di ragionare in una logica di ciclo di vita per ottenere un miglioramento della performance concreto e rendicontabile, quindi affidabile per enti terzi.

Dalle tavole rotonde è emerso come questo tipo di approccio si riesce a portare avanti soprattutto nelle aziende in cui oltre al responsabile della sostenibilità questi temi sono trasversali a tutte le funzioni e i dipartimenti e quando c’è propensione ad accogliere l’innovazione tecnologica. È necessario fare squadra e coinvolgere tutti i team a tutti i livelli per un’azione efficace ed efficiente ed essere aperti al cambiamento per poterne cogliere tutte le opportunità anche dal punto di vista finanziario.

L’innovazione rappresenta un fattore abilitante necessario sia che sia di prodotto, come nel caso dei nuovi asfalti utilizzati da ASTM come sottolineato da Celia, o di processo, come nel caso delle nuove tecniche di carbon storage sulle quali è concentrata Cementir come ricordato da Doria. Ma il passo successivo è quello di portare il tema della decarbonizzazione e dell’innovazione nella definizione stessa dei processi e delle infrastrutture, con una visione progettuale che è quella destinata a produrre un vero salto in avanti.

Il ruolo di banche e investitori per incentivare azioni concrete

L’ultimo tassello necessario per dare concretezza agli obiettivi net zero sono i contributi di banche e investitori che possono fornire le risorse finanziare necessarie per mettere in moto la macchina. Nelle sfide della sostenibilità, infatti, (e questa della catena di fornitura non è da meno) tutti devono giocare il proprio ruolo.

Numerosi sono gli strumenti che si stanno facendo spazio sul mercato. La logica che si sta dimostrando vincente è quella della premialità relativa, per esempio, al raggiungimento di determinati KPI sul fronte ambientale. Un approccio incentivante che può essere integrato anche nelle gare dei fornitori come nell’esempio di Enel Green Power che ha inserito ora requisiti sull’impronta carbonica e premia chi presenta valori di footprint più bassi offrendo la migliore tecnologia.