Electricity Market Report

IEA: calo domanda energia e aumento rinnovabili faranno scendere le emissioni nel 2023

Nella prima metà del 2022, molti mercati dell’elettricità hanno continuato a registrare prezzi alle stelle, soprattutto in Europa, a causa delle profonde incertezze sulle forniture di combustibili fossili e sulle prospettive economiche. Il conflitto tra Russia e Ucraina, infatti, ha mandato in frantumi ogni speranza di riduzione dei prezzi dell’energia nel breve periodo, dopo i forti aumenti registrati nella seconda metà del 2021. In Europa, la situazione di grave crisi ha rafforzato le politiche per portare avanti la transizione verso l’energia pulita e ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili. Nel breve periodo, però, si è verificato anche un parziale ritorno alla produzione di elettricità a carbone. Nei prossimi 18 mesi, tuttavia, secondo l’IEA (International Energy Agency), la lenta crescita economica attenuerà la crescita della domanda globale di elettricità a meno della metà del tasso registrato nel 2021 (2,4% vs 6%). Nonostante il passaggio dal gas al carbone e la scarsa disponibilità di centrali nucleari in Europa, quindi, le emissioni del settore elettrico mondiale potrebbero diminuire leggermente nel 2022 e nel 2023, grazie alla combinazione tra il rallentamento della domanda di energia e la sostituzione dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili.

Nell’Electricity Market Report aggiornato al luglio 2022, l’IEA presenta le sue ultime previsioni per la domanda, l’offerta e le emissioni di elettricità a livello mondiale fino al 2023.

La guerra in Ucraina ha aggravato le prospettive economiche per il 2022 e 2023

Nel 2021, una ripresa economica generale ha rispecchiato l’allentamento delle restrizioni dovute al Covid-19. Nel 2022, la guerra in Ucraina, i prezzi elevati dell’energia, le interruzioni della catena di approvvigionamento e l’inflazione elevata hanno portato a rivedere al ribasso le previsioni di crescita economica a breve termine. A causa delle forti incertezze, nell’aprile 2022 il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha abbassato le previsioni di crescita del PIL mondiale al 3,6% per il 2022 e il 2023, dal 4,9% per il 2022 e dal 3,6% per il 2023 dell’ottobre 2021. Anche la Banca Mondiale ha previsto a giugno una crescita annuale di solo circa il 3% nel periodo 2022-2024.

Per l’area dell’euro, la crescita del PIL è stimata al 2,8% per il 2022 (dal 4,3%) e al 2,3% per il 2023 (dal 2%). La riduzione nel 2022 è dovuta principalmente all’inflazione elevata causata dagli alti prezzi dell’energia, dalle interruzioni della catena di approvvigionamento e dalla dipendenza dai combustibili fossili russi, in particolare nel settore manifatturiero. Per il 2023, secondo l’IEA è molto probabile che l’attività economica rimanga significativamente al di sotto dei livelli precedenti.

Rallentamento della crescita della domanda globale di elettricità

Dopo una crescita del 6% nel 2021 (che ha fatto seguito a un piccolo calo nel 2020), l’Agenzia internazionale prevede che nel 2022 la domanda globale di elettricità crescerà del 2,4% (più o meno come la media dal 2015 al 2019), inferiore al 3% circa stimato all’inizio di quest’anno. Sebbene fosse prevedibile l’esaurirsi della rapida ripresa economica che ha favorito la domanda nel 2021, diversi sviluppi nella prima metà del 2022 hanno avuto un impatto negativo sulle prospettive della domanda. Il persistere di prezzi energetici elevati, conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina, ha determinato un aumento generale dei prezzi delle materie prime. A loro volta, gli elevati tassi di inflazione hanno indotto le banche centrali di tutto il mondo ad aumentare i tassi di interesse. Inoltre, le severe misure sanitarie in Cina hanno influito sulla produzione industriale e hanno aumentato la tensione nelle catene di approvvigionamento globali, già molto tese.

Considerando che l’industria è responsabile di oltre il 40% della domanda finale di elettricità e che il 20% è consumato dal settore commerciale e dei servizi, il conseguente rallentamento dell’attività economica ha innescato un calo dei consumi. Un’eccezione degna di nota – si sottolinea nel report – è l’India, dove le temperature insolitamente calde del secondo trimestre del 2022 hanno spinto la domanda di elettricità a nuovi livelli record.

Per il 2023, secondo l’IEA esistono forti incertezze legate a diversi fattori (interconnessi): la crescita economica globale, i prezzi elevati e volatili dei combustibili fossili e le misure sanitarie in corso relative al Covid-19.

Soprattutto in Europa, i prezzi dell’energia – e di conseguenza l’impatto sull’economia – sono stati particolarmente elevati. Inoltre, le sanzioni sulle importazioni dalla Russia nell’UE e le misure di ritorsione da parte della Russia hanno peggiorato le prospettive di ripresa economica e, con essa, la crescita della domanda di elettricità nel 2022. Anche le temperature più miti nel primo trimestre del 2022 rispetto al 2021 hanno frenato la domanda. Ad esempio, nei Paesi in cui l’elettricità fornisce una quota elevata di riscaldamento (ad esempio Francia e Paesi scandinavi), la domanda nei primi quattro mesi dell’anno è diminuita di oltre il 5% rispetto all’anno precedente. In Turchia, in termini assoluti il Paese con la più alta crescita della domanda nel 2021 (più 8%), la crescita della domanda è rallentata a circa il 2,8% nella prima metà del 2022, principalmente a causa della minore crescita economica. In Ucraina, chiaramente la domanda mensile di elettricità è diminuita di oltre il 30% su base annua dopo l’invasione della Russia.

Secondo l’IEA, nell’arco dell’anno continuerà a registrarsi un aumento della domanda in Europa inferiore all’1%, meno della metà del valore previsto all’inizio di quest’anno. Una possibile carenza di combustibili fossili, in particolare di gas naturale, e un ulteriore rallentamento della crescita economica potrebbero ridurre ulteriormente la crescita della domanda. Per il 2023, secondo l’Agenzia, le prospettive sono piuttosto incerte. Nell’ipotesi di una continua tensione dei mercati energetici e di una crescita economica contenuta, la crescita della domanda di elettricità potrebbe rimanere a un livello altrettanto basso rispetto al 2022.

La tensione dei mercati del gas e del carbone ha portato a nuovi massimi per i costi di generazione termica

La tensione dei mercati del gas e del carbone è stata evidente nel 2021, con i prezzi che hanno raggiunto livelli mai visti prima nell’ottobre 2021. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha messo ancora più pressione e aumentato l’incertezza sui mercati delle materie prime energetiche. Come si evidenzia nel report, i prezzi europei del gas e del carbone sono saliti ai massimi storici e hanno mostrato una forte volatilità nella prima metà del 2022. I prezzi spot del GNL e del carbone in Asia hanno seguito l’esempio, riflettendo la forte interconnessione dei mercati regionali. Negli Stati Uniti, i bassi livelli di stoccaggio, insieme all’elevata domanda dovuta alle condizioni meteorologiche nel primo trimestre e alla debole risposta dei fornitori, hanno portato i prezzi del gas e del carbone ai massimi di dieci anni. Secondo l’IEA, i fondamentali di domanda e offerta, accompagnati da grandi incertezze, si protrarranno fino al 2023, sia per il carbone che per il gas in tutti i mercati chiave.

Le energie rinnovabili crescono più velocemente della domanda

Dall’analisi dell’IEA è emerso che le rinnovabili nel corso del 2022 si riprenderanno il titolo di fonte di approvvigionamento elettrico in più rapida crescita in termini assoluti, dopo averlo già detenuto dal 2018 al 2020 ma averlo perso a favore del carbone nel 2021. Sostenuta dalle nuove installazioni record di capacità nel 2021 e da un altro record previsto nel 2022, e dopo essere stata ostacolata da un clima sfavorevole nel 2021, secondo le stime dell’Agenzia la produzione potrebbe crescere di oltre il 10% nel 2022. Si tratta del valore più alto mai registrato e porta la quota delle rinnovabili nel mix di fornitura al 30% (più due punti percentuali).

Secondo l’IEA, poiché la generazione nucleare è in calo del 3% (a causa della minore disponibilità di capacità e dei pensionamenti in Europa), la generazione a basse emissioni di carbonio cresce complessivamente del 7%, superando la crescita della domanda e facendo diminuire dell’1% il consumo globale di combustibili fossili.

Nonostante i prezzi elevati del gas che causano il passaggio dal gas al carbone e la crescita della domanda di elettricità alimentata dal carbone in India, secondo l’Agenzia la produzione globale a base di carbone aumenterà solo leggermente nel 2022, soprattutto a causa della debolezza della domanda di elettricità in Cina e delle restrizioni dell’offerta di carbone negli Stati Uniti.

La produzione globale a gas, invece, diminuisce del 2,6%, in quanto la moderata crescita in Nord America e Medio Oriente compensa in parte le perdite in Europa, Eurasia e nella regione Asia-Pacifico.

Per il 2023, l’Agenzia prevede che la crescita delle rinnovabili a livello globale (più 8%) supererà nuovamente la domanda aggiuntiva di elettricità. Insieme alla ripresa del nucleare (più 3%), ciò si traduce in un ulteriore calo della produzione di energia elettrica da combustibili fossili. Il persistere di prezzi elevati del gas potrebbe far calare la produzione a gas di un altro 0,5%, mentre l’uso del carbone diminuirà dell’1%.

Le emissioni rimangono elevate a causa della continua forte produzione a carbone

Mentre le previsioni dell’IEA di gennaio indicavano che le emissioni globali del settore elettrico sarebbero rimaste invariate nel 2022 e nel 2023, ora l’Agenzia si aspetta un calo di circa mezzo punto percentuale nel 2022 e dell’1% nel 2023, dopo il massimo storico di oltre 13 Gt di CO2 nel 2021.

Entra in gioco una combinazione di due fattori principali: una crescita della domanda di energia elettrica inferiore al previsto e una maggiore produzione di energie rinnovabili. Entrambi determinano una diminuzione dell’uso dei combustibili fossili.

Solo per l’Europa dai dati emersi dall’analisi si prevede un aumento delle emissioni (+3%) nel 2022, poiché, nonostante la crescita delle rinnovabili, l’uso del carbone aumenta per ridurre il consumo di gas (e per compensare il calo della generazione nucleare).

Europa

Il problema della sicurezza energetica in Europa

La Russia nel 2021, era il secondo produttore mondiale (dopo gli Stati Uniti) e il maggior esportatore di gas naturale. Inoltre, era uno dei primi tre produttori di greggio (insieme ad Arabia Saudita e Stati Uniti) e rappresentava circa un quinto delle esportazioni globali di carbone.
Le esportazioni energetiche russe sono particolarmente importanti per l’Europa. Nel 2020, secondo l’IEA, quasi il 30% del gas naturale totale consumato nell’Unione Europea e nel Regno Unito è stato importato dalla Russia; la quota del petrolio è stata di oltre il 20% e quella del carbone di circa il 12%.

La Russia svolge un ruolo importante anche per il funzionamento delle centrali nucleari in Europa. Nel 2020, circa il 20% dell’uranio fornito all’Unione Europea proveniva dalla Russia e le aziende russe hanno fornito il 24% della conversione e il 26% dei servizi di arricchimento alle utility dell’UE.

A causa della dipendenza energetica dell’Europa, l’invasione russa dell’Ucraina ha avuto gravi conseguenze per l’intero continente. Oltre ai mercati del gas naturale già ristretti e alla scarsa disponibilità delle centrali nucleari francesi, l’invasione ha provocato scarsità di energia e prezzi elevati, costituendo un onere per i consumatori e frenando la ripresa economica dalla recessione del 2020.
La mancanza di sufficienti alternative di approvvigionamento (a basso costo), in particolare per il gas, comporta potenziali conseguenze per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e per i prezzi dell’energia, limitando così le possibilità di imporre sanzioni alla Russia. Tali sanzioni, sottolinea l’Agenzia, potrebbero anche innescare misure di ritorsione, ad esempio sotto forma di riduzione o blocco delle esportazioni, come già visto in molti Paesi, con conseguenze simili.

Il settore elettrico è fondamentale per ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia

Nel report si sottolinea l’importanza del settore dell’elettricità nel ridurre il fabbisogno europeo di importazioni di combustibili fossili. Nel suo Piano in 10 punti sul gas e nel Piano in 10 punti sul petrolio, l’IEA evidenzia i modi per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, in particolare le importazioni dalla Russia, nel breve e nel lungo termine.

Le misure disponibili possono essere suddivise in quattro gruppi. In primo luogo, l’utilizzo di opzioni di approvvigionamento alternative per i combustibili fossili. In secondo luogo, l’attuazione di misure di austerità che riducono il consumo di energia a scapito dell’utilità (ad esempio, velocità di guida ridotta, riscaldamento e raffreddamento moderati). In terzo luogo, l’adozione di misure di efficienza energetica che riducono il fabbisogno energetico mantenendo il livello di utilità (ad esempio, un migliore isolamento degli edifici). Infine, aumentare l’uso delle fonti energetiche domestiche.

Alla luce degli obiettivi di cambiamento climatico e di prosperità della società, sottolinea l’Agenzia, il passaggio ad altri fornitori di combustibili fossili e l’attuazione di misure di austerità sono adatti solo per interventi a breve termine. A lungo termine, il miglioramento dell’efficienza energetica e la raccolta di energie nazionali a basso contenuto di carbonio possono non solo ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di energia, ma anche creare un sistema energetico più sostenibile. Tuttavia, avverte l’IEA, la creazione di catene di approvvigionamento di energia pulita sicure, resilienti e sostenibili è essenziale per salvaguardare la transizione energetica. Le energie rinnovabili sono di gran lunga la fonte di energia nazionale a basse emissioni di carbonio più grande e in più rapida crescita. Accelerare la loro diffusione può ridurre in modo significativo la necessità di importare energia.

Misure europee per ridurre il consumo di energia e far progredire la transizione energetica

In risposta alla crisi energetica in corso, l’Unione europea ha adottato misure per ridurre la dipendenza dalle importazioni dalla Russia. Molte delle misure proseguono e accelerano le politiche di protezione del clima avviate negli ultimi anni, a testimonianza del fatto che le transizioni energetiche sono necessarie per contenere i cambiamenti climatici, ma contribuiscono anche in modo significativo a migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico.

Il 18 maggio 2022 la Commissione europea ha pubblicato il piano REPowerEU per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi accelerando la transizione energetica pulita. Le proposte si basano sul pacchetto Fit for 55, che intende allineare le leggi dell’UE con obiettivi più ambiziosi di protezione del clima per il 2030 e il 2050. Oltre alle misure specificamente rivolte al settore del gas, il piano individua nella trasformazione del settore dell’elettricità – attraverso l’accelerazione della diffusione delle energie rinnovabili, l’elettrificazione degli usi finali e l’idrogeno rinnovabile – un mezzo fondamentale per ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia. Il settore dell’elettricità è anche al centro delle iniziative nazionali europee, in genere in linea con le proposte dell’UE.