Calcolare le emissioni per un portafoglio di investimenti azionari non è semplice, ma la valutazione dell’impronta di carbonio di un portafoglio obbligazionario è ancora più complicata. Per gli azionisti, infatti, la percentuale di proprietà di un’azienda (e quindi la percentuale di emissioni di cui sono responsabili) è chiara. Non lo è altrettanto per gli obbligazionisti: gli emittenti, infatti, possono decidere di aumentare il livello dei finanziamenti oppure rimborsare il debito, cambiando così il contributo di un investitore obbligazionario al debito totale o al valore totale dell’azienda.
Fatta questa premessa, spiega Blair Reid, RBC BlueBay Senior Portfolio Manager, Multi-Asset and Income, gli investitori obbligazionari hanno a disposizione due metodi molto diversi per valutare le emissioni di un portafoglio obbligazionario: uno è l’approccio basato sul rischio (dove l’unità di misura è “l’intensità” di CO2 rapportata al fatturato per le aziende e al PIL o alla popolazione per i Paesi, dando vita a metriche diverse e difficili da confrontare) e l’altro sulle emissioni finanziate (con metodologia di calcolo diversa per debiti corporate e sovrani).
Perché è così importante questo calcolo? Perché per Reid gli investitori devono essere in grado di prendere decisioni basate sull’analisi dell’impronta di carbonio dei loro portafogli visto che ogni anno viene stimata l’emissione globale di 37 miliardi di tonnellate di CO2 dai combustibili fossili, ovvero l’equivalente di un pieno di carburante ogni settimana per ogni persona che vive su questo pianeta.
In realtà parlare solo di emissioni di CO2 può essere fuorviante, spiega ancora Reid. È più corretto fare riferimento ai gas a effetto serra (GHG) che intrappolano calore nell’atmosfera (come il vapore acqueo, la CO2 o il metano) e quindi riferirsi alla CO2e, un’unità di misura che rende equivalenti i diversi gas e che porta a 55 miliardi di tonnellate la stima delle emissioni globali annuali.
La stima delle emissioni dipende da quello che viene incluso nel calcolo, per questo è utile distinguere tra:
- Scope 1: emissioni dirette derivanti da attività di proprietà o controllate dall’azienda dichiarante, ad esempio autovetture, camion;
- Scope 2: emissioni indirette derivanti dalla generazione di elettricità/riscaldamento/raffreddamento utilizzati dall’azienda;
- Scope 3: emissioni indirette non ancora incluse che sono prodotte nella catena del valore, sia a monte che a valle, ad esempio il pendolarismo dei dipendenti, l’uso di prodotti venduti.
Oggi il calcolo dell’intensità di carbonio si limita allo Scope 1 e 2 ma si stanno facendo molti sforzi per calcolare anche lo Scope 3, sottolinea Reid, evitando doppie contabilizzazioni.
Quanto pesano le emissioni su una valutazione ESG globale
Ma quanto influiscono le emissioni nella E di ESG e quale peso ha la E in un punteggio ESG complessivo?
La piattaforma di investimento di reddito fisso di RBC BlueBay, sottolinea Reid, offre ai suoi clienti sia una visione proprietaria che una visione esterna (con l’utilizzo di diversi fornitori esterni di dati ESG) delle caratteristiche di sostenibilità dei loro investimenti.
Il punto importante è che il punteggio ESG non dipende dal livello assoluto delle emissioni, anche se riflette l’andamento dei livelli di emissione nel tempo e le emissioni rispetto ai pari settore. Questo vuol dire, ad esempio, che un’azienda energetica può avere un punteggio E migliore di una società non energetica.
Transizione energetica e mercati obbligazionari
la transizione energetica rappresenta una grande opportunità per gli investimenti obbligazionari perché verrà finanziata dai mercati del debito sia a livello corporate che dei governi Bloomberg stima che la transizione globale potrebbe richiedere fino a 173.000 miliardi di dollari di investimenti in forniture energetiche e infrastrutture nei prossimi 30 anni, qualcosa come 6 volte il debito USA, commenta Reid.
La transizione però porta inevitabilmente nuove emissioni. Tuttavia, alcuni investitori stanno cercando di decarbonizzare i loro portafogli e di ridurre l’esposizione ad alcuni settori che producono nuove emissioni, nonostante l’importanza di una transizione verso basse emissioni. Ad esempio, il National Employment Savings Trust (Nest) del governo britannico esclude gli investimenti in infrastrutture nucleari, nonostante l’energia nucleare svolga un ruolo centrale nella transizione energetica del Regno Unito.
Altri temi spinosi sono quello della compensazione delle emissioni e dell’obiettivo Net-Zero. Dal punto di vista dell’investitore obbligazionario, nota Reid, le aziende compensano sempre più spesso almeno una parte delle loro emissioni, il che di solito è volontario e sicuramente positivo, ma non deve essere visto come un’alternativa alle strategie di riduzione delle emissioni.
Inoltre il concetto di Net-Zero è quello di raggiungere “l’equilibrio tra la quantità di gas serra prodotta e quella rimossa dall’atmosfera”. Ciò si ottiene riducendo le emissioni il più possibile e, in qualche modo, compensando le emissioni residue create dall’eliminazione dei gas serra, soprattutto CO2, dall’atmosfera.
Perché l’obiettivo di Net-Zero è importante per gli obbligazionisti?
Il finanziamento delle iniziative per raggiungere l’obiettivo net-zero può avvenire in gran parte attraverso i mercati obbligazionari per le aziende mentre per i Paesi è percorribile solo la strada dei mercati del debito, visto che non emettono azioni. Potrebbero così essere creati nuovi settori di mercato, in particolare quello della cattura del carbonio. E l’acronimo CCS (carbon capture and storage) si affermerà sempre di più.
In conclusione, l’aumento delle emissioni nell’atmosfera è il principale responsabile del cambiamento climatico. Per questo, conclude Reid, è importante monitorarle all’interno dei portafogli per gestire i rischi legati al clima. E per farlo bene, ha concluso, occorre considerare molti aspetti, tra cui:
- La copertura in termini di dati dele emissioni di CO2 del mercato obbligazionario è migliorata negli ultimi anni, anche se alcune aree del mercato non sono coperte (per esempio i derivati);
- L’engagement, i club degli investitori e il dialogo con le società emittenti possono portare a grandi risultati
- Nel prossimo decennio, le emissioni obbligazionarie per finanziare la transizione energetica rappresenteranno una parte significativa delle emissioni totali. Garantire l’affidabilità delle “credenziali verdi” di un emittente sarà essenziale.