Quanto costa la mancata tutela degli oceani? E come fare crescere l’interesse degli investitori per la blue economy? Quando si quantificano i costi della mancata tutela degli oceani occorre considerare, non solo l’impatto ambientale derivante dal depauperamento delle risorse oceaniche, marine e costiere e dalla perdita di biodiversità, ma anche gli effetti sull’economia globale, che dipende in larga misura dal funzionamento di settori collegati agli oceani: si stima, infatti, che agli oceani sia oggi riferibile una produzione annua di prodotti e servizi pari a 2.500 miliardi di euro, con una previsione di crescita a un ritmo doppio rispetto all’economia tradizionale entro il 2030. A fare il punto sulla situazione attuale e sulle prospettive della blu economy sono My-Linh Ngo, Senior Director e Impact-Aligned Strategist e Camilla Windus Director, Global Financial Institutions di RBC BlueBay Asset Management.
È di questi giorni, inoltre, l’appello di Greenpeace per ratificare al più presto il trattato sugli oceani in occasione dell’Assemblea Onu del 20 settembre, prima tappa di un percorso che punta a proteggere il 30% degli oceani entro il 2030 (noto come obiettivo 30×30 a difesa della biodiversità frutto della COP15 dello scorso mese di gennaio). Altri obiettivi: proteggere circa 11 milioni di chilometri quadrati di oceano in più ogni anno, da oggi fino al 2030 e per mettere in luce i rischi conseguenti all’aumento della pesca nelle aree di alto mare registrato negli ultimi anni.
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Le iniziative per migliorare la governance dei mari
Le iniziative per migliorare la governance dei mari, hanno sottolineato le due esperte di RBC BlueBay AssetManagement, devono essere sia a livello di enti governativi sia di iniziative sul territorio.
Nel primo ambito, a marzo di quest’anno, è stato raggiunto un accordo per la protezione delle acque d’altura, che aprirà la strada alla creazione di altre aree marine protette. A giugno, inoltre, alcuni Paesi hanno fatto passi avanti nella creazione di un trattato per regolamentare i rifiuti di plastica, visto che l’inquinamento è uno dei principali fattori di perdita della biodiversità.
Per quanto riguarda, invece, il sostegno a iniziative sul territorio RBC BlueBay Asset Management ha scelto nel 2020, tra i partner di beneficenza aziendale, la fondazione Blue Marine che promuove l’uso sostenibile delle risorse oceaniche per la crescita economica, il miglioramento dei mezzi di sussistenza e dei posti di lavoro, preservando al contempo la salute degli ecosistemi oceanici. Un esempio del lavoro di Blue Marine è un’ambiziosa iniziativa, lanciata nel 2022, per collegare sette Aree Marine Protette (AMP) nelle acque costiere italiane, in Toscana, Puglia, Sicilia e Sardegna. Solo l’1,6% delle AMP italiane, infatti, è gestito in modo efficace e solo lo 0,1% è completamente protetto nonostante le acque italiane siano tra le più ricche di biodiversità del Mediterraneo e ospitino, secondo le stime, 14.000 specie marine, di cui il 10% è unico nell’area.
A rendere critica la situazione dei mari e degli oceani contribuiscono anche il basso livello di conoscenza dei rischi ambientali e delle tematiche di conservazione dei mari: per questo Blue Marine ha lanciato vari progetti di educazione alla sostenibilità rivolti soprattutto ai più giovani.
Più economia blu per un futuro più sostenibile
Dei 17 SDG delle Nazioni Unite, l’obiettivo 14 sulla conservazione e l’uso sostenibile degli oceani e delle loro risorse ha attirato una quota di investimenti tra le più basse, pari al 3,5%.
Non esiste una ricetta unica per far crescere questi investimenti, ma molte sono le iniziative che possono contribuire ad una maggiore sostenibilità e a far diminuire l’inquinamento dei mari:
- Le banche possono erogare finanziamenti privilegiando criteri che richiedano alle aziende che hanno il maggiore impatto sugli ambienti marini di operare secondo standard elevati;
- Gli investitori possono usare la loro influenza come proprietari o finanziatori di aziende per incoraggiare pratiche più responsabili;
- I partecipanti alla catena del valore dell’investimento potrebbero collaborare per sviluppare soluzioni innovative, ad esempio come i blue bonds (obbligazioni i cui proventi sono destinati a progetti a tutela dei mari) e attivare mercati con meccanismi analoghi a quelli dei green carbon credits. Un altro esempio sono i titoli emessi da parte di alcuni Stati sovrani, debt for nature swap, che li impegnano a finanziare la conservazione dell’ambiente marino riducendo il debito.
- I diversi gruppi di stakeholder, infine, dovrebbero collaborare per reperire dati e sviluppare strumenti che tengano adeguatamente conto del valore e dei benefici che l’economia blu offre per mitigare i cambiamenti climatici, in modo da incorporarli nel processo decisionale.