Sallustio Advant | ESGnews

Intervista a Riccardo Sallustio

ADVANT Nctm, nuovi strumenti per creare valore sostenibile e gestire i rischi legati all’area ESG

Rischi di contenzioso ambientale, climatico e di greenwashing, ma anche reputazionali: sono tante le implicazioni legali che possono derivare dall’area ESG. Le imprese devono, innanzitutto, avere consapevolezza di tali rischi e poi dotarsi degli strumenti necessari per gestirli al meglio, ha affermato Riccardo Sallustio, professore presso la LUISS Guido Carli e socio di ADVANT Nctm, studio legale che per primo ha creato un ESG Focus Group composto da professionisti con diverse specializzazioni per un’assistenza a tutto tondo su questi nuovi temi. 

ADVANT Nctm, infatti, ritiene di dover essere parte del cambiamento supportando i propri clienti nella necessaria pianificazione e trasformazione economica, per sfruttare le opportunità di una transizione giusta e sostenibile. Non solo quindi gestione di rischi ma anche contributo fattivo al raggiungimento degli obiettivi climatici previsti dalla normativa internazionale ed europea.

Le crescenti complessità normative e pressioni per dimostrare la sostenibilità delle proprie attività ai vari stakeholder rendono sempre più necessario l’affiancamento di consulenti esperti in queste aree per facilitare scelte responsabili sia da parte delle imprese che degli investitori. Un occhio di riguardo, infine, è prestato alle banche per le quali ADVANT Nctm ha messo a punto uno specifico strumento per monitorare e decidere quindi le strategie più idonee, adesso in fase di sviluppo IT.

Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione normativa sul fronte della sostenibilità. Quali sono a suo avviso i temi a cui prestare maggiormente attenzione?

I temi “caldi” al momento sono innumerevoli: a imprese e istituzioni finanziarie è richiesto sempre di più un continuo aggiornamento dal punto di vista normativo, ma non solo. Si tratta infatti altresì di rivedere le proprie policies e le procedure interne, anche per evitare di incorrere nel rischio di “greenwashing”.

A questo proposito, pensiamo da un lato a tutto ciò che riguarda l’aspetto comunicativo: sono in cantiere le direttive sulle pratiche commerciali scorrette e sui “green claims”, ma si pretende anche di più dalla dichiarazione non finanziaria. 

Dall’altro lato, sarà di grande impatto la direttiva sulla due diligence delle imprese, che andrà a condizionare il modo in cui le imprese gestiscono la catena del valore. Si pensi poi al piano di transizione che verrà richiesto alle imprese dalla medesima direttiva, che le esporrà ancora di più ad un controllo diffuso, in primis, circa la compliance alla normativa applicabile, ma anche in relazione agli impegni assunti in merito al cambiamento climatico e alla sostenibilità intesa in senso ampio.

Le istituzioni finanziarie, inoltre, devono porre sempre maggiore attenzione ai propri investimenti e ai prodotti che offrono alla clientela, verificando proprio la credibilità degli impegni assunti dalle imprese e le modalità di gestione dei rischi (in particolare, dei rischi di transizione).

Le aziende sono pronte a recepire queste novità?

Le aziende devono “attrezzarsi” sotto molteplici aspetti per adeguarsi a queste novità ed è necessario che comincino prima possibile. Innanzitutto, è opportuno che le imprese procedano fin d’ora a “mappare” la supply chain e adottare le azioni necessarie.

Inoltre, anche per evitare, come si diceva prima, il rischio di greenwashing, non si può più pensare di poter fare liberamente affermazioni relativamente alla “sostenibilità”, bensì occorre dotarsi di strumenti adeguati (ad esempio, sottoponendo i propri prodotti al Life Cycle Assessment) e, occorrendo, certificazioni ambientali.

Infine, anche per poter adeguatamente redigere il piano di transizione, le imprese devono porre sempre maggiore attenzione a tutto ciò che può cagionare un rischio di transizione e reputazionale (si pensi alle modifiche normative e alla gestione degli aspetti connessi al cambiamento climatico, come la riduzione delle emissioni di gas serra).

E voi come professionisti come potete aiutarle?

I professionisti, se adeguatamente formati e aggiornati loro stessi, possono essere di grande aiuto nel percorso che si è detto sopra. Ad esempio, il nostro studio ha intrapreso innanzitutto una serie di attività di training interne, che garantiscono una formazione diffusa tra i professionisti (necessaria per poter garantire una efficace assistenza ai clienti). Inoltre, lo studio offre ai propri clienti tutta una serie di servizi che possono essere adattati alle singole specificità dell’impresa o dell’istituzione finanziaria.

Quali sono i temi su cui siete maggiormente focalizzati come studio?

Lo studio assiste gestori patrimoniali, banche, SGR e aziende (quotate e PMI) nella gestione dei rischi connessi al cambiamento climatico e negli aspetti legali associati agli aspetti “ESG”, per supportarli nell’adozione e nell’implementazione della loro strategia di sostenibilità. Lo studio accompagna dunque i propri clienti in questo percorso, prestando assistenza in particolare nelle seguenti aree: finanza sostenibile, corporate governance, profili di diritto e sicurezza sul lavoro, aspetti ambientali, immobiliari e regolatori, rischio di contenzioso ambientale, climatico e di greenwashing e sostenibilità della supply chain. In relazione alle tematiche ESG, inoltre, si offrono pacchetti personalizzati di training.

Avete lanciato, all’avanguardia come studio legale, un Focus Group ESG. Quali sono i suoi obiettivi e quale il bilancio dei primi 18 mesi di attività?

ADVANT Nctm si è dotato di un ESG Focus Group composto da professionisti con diverse specializzazioni che coprono tutte le aree rilevanti per poter fornire un’assistenza a tutto tondo in tematiche tanto complesse quanto attuali.

L’interdisciplinarietà e la specializzazione sono un punto di forza del Focus Group e dimostrano l’attenzione dello studio per la complessità delle tematiche ESG e di sostenibilità. L’intenzione è quindi quella di proseguire su questa strada in modo da poter fornire ai propri clienti servizi di qualità a 360 gradi.

Tra le vostre expertise vi è quella del settore bancario, per il quale avete creato un particolare strumento, il Transition Finance Tool. In cosa consiste e avete già iniziato a utilizzarlo?

Il Transition Finance Tool, realizzato da professionisti esperti in sustainable finance, ambiente e sostenibilità, è uno strumento che ha varie funzioni. Innanzitutto, consente alle banche e agli investitori di predisporre una procedura di engagement con i propri clienti focalizzata su tematiche core della transizione, secondo gli ultimi orientamenti regolamentari, che è asset-based e cerca di individuare la capacità del cliente di gestire i rischi. In secondo luogo, permette di analizzare il rischio di greenwashing dei propri finanziamenti sustainability-linked. Il terzo passaggio prevede la comprensione dell’evoluzione dei rischi e delle opportunità offerte dalla transizione, specialmente quelli originati da cambiamenti di policies, per i propri clienti che operano in alcuni settori hard to abate come ad es. cemento, acciaio e plastica. Infine, permette di acquisire gli strumenti essenziali per valutare la credibilità del piano di transizione anche in ottica di potenziale contenzioso climatico anche per la banca e l’investitore. I rischi di contenzioso climatico, ambientale e greenwashing sono infatti aspetti generalmente non coperti dagli scenari climatici e dalla due diligence e dagli scoring ESG. 

Per tali motivi, il Transition Finance Tool è uno strumento utile anche per le imprese che vogliano verificare la correttezza del proprio percorso anche rispetto alle novità di cui si diceva in precedenza e che vogliano capire se vi siano delle azioni (anche di natura correttiva) che possano utilmente intraprendere. Adesso il Tool è in fase di sviluppo IT e verrà ufficialmente lanciato a breve. 

E sul fronte del climate change, quali iniziative avete per aiutare le aziende a mitigare i rischi?

I nostri professionisti si stanno occupando con una attenzione particolare a tutti gli aspetti connessi al cambiamento climatico, sia dal punto di vista regolatorio e di policy, sia in relazione ai rischi di contenzioso (che sono sempre maggiori a livello globale). 

Per questo, lo studio a tal riguardo può affiancare le imprese, non solo per mitigare, ma anche per prevenire i rischi (si pensi, tra gli altri, al rischio reputazionale).