Silvia Ricci Ance | ESG News

Intervista ESGmakers

Ricci (Ance): settore edile pronto alla trasformazione ESG, ma per le case green servono incentivi

Dall’efficientamento energetico all’attenzione agli impatti sulla collettività, i temi ambientali e sociali sono ormai parte dell’agenda delle imprese del settore edile. In questo scenario, l’Ance, Associazione nazionale costruttori edili, svolge un importante ruolo di accompagnamento delle aziende del settore, in particolare le PMI, nel loro percorso verso la transizione ecologica. 

La transizione, infatti, è il focus di una delle otto Commissioni che compongono l’organizzazione Ance, ovvero la Commissione referente per la Transizione Ecologica. Compito della Commissione è quello di analizzare e valutare i provvedimenti legislativi europei, nazionali e regionali in materia di ambiente e sostenibilità, economia circolare, permitting ambientale, bonifiche dei siti contaminati e gestione dei rifiuti. Dopo la fase di analisi, l’organo elabora poi proposte, pareri e circolari rivolti alle imprese, per contribuire al loro sviluppo verso la sostenibilità, anche attraverso iniziative di formazione e aggiornamento. Altra importante attività dell’associazione, sempre in tema transizione ecologica, è la cura dei rapporti con i soggetti istituzionali e con gli stakeholder di filiera, tra cui il settore finanziario, per definire le questioni di specifico interesse per il settore. 

A rendere ancora più efficace il contributo di Ance alla transizione del settore edile è il suo radicamento nel territorio, con 88 associazioni territoriali e 20 organismi regionali, caratteristica che le consente di adottare un approccio di vicinanza alle imprese. 

Silvia Ricci, presidente della Commissione dedicata alla transizione e vicepresidente dell’associazione, in questa intervista approfondisce i temi ESG rilevanti per il settore edile, includendo uno spunto di riflessione sulla direttiva Epbd (Energy Performance Buildings Directive), e le ultime attività introdotte da Ance sul fronte della sostenibilità. 

Quali priorità portate avanti come Ance sul fronte della sostenibilità?

L’Ance è particolarmente attenta alla sostenibilità, tanto da aver introdotto, da ormai un anno, una nuova vicepresidenza con delega specifica alla transizione ecologica e attivato una serie di azioni e iniziative per supportare e sensibilizzare le imprese associate al tema della decarbonizzazione e agli obiettivi, sempre più stringenti, che l’Europa ci impone. Questo perché siamo coscienti del fatto che oggi investire sul futuro significa investire sulla sostenibilità.

Non si tratta di uno slogan, ma di una tendenza sempre più consolidata, frutto di un processo culturale e di una nuova consapevolezza generale. La cornice di riferimento è rappresentata dai target globali di sviluppo sostenibile, definiti dalle Nazioni Unite e dagli indirizzi normativi che si stanno adottando, per promuovere la transizione verso un’economia sempre più attenta agli aspetti di natura ambientale, sociale e di governance. 

Da questo punto di vista il settore delle costruzioni svolge un ruolo chiave perché direttamente coinvolto in ambiti che, più di altri, possono incidere positivamente nell’affrontare queste sfide. Ambiti, dunque, in grado di generare un forte impatto economico, sociale e ambientale nei quali incanalare le energie costruttive da qui al 2030 e oltre, primo fra tutti la prosecuzione del processo di efficientamento energetico e di messa in sicurezza del patrimonio immobiliare italiano e la rigenerazione urbana. 

Come imprese abbiamo ben chiaro che il reale valore non è più determinato solamente dal livello di profitto o dalla pura redditività, ma è strettamente connesso al valore che l’impresa è in grado di generare per il sistema e la collettività. Abbiamo imparato che la strategia di investimento per lo sviluppo di un nuovo intervento immobiliare deve porre analoga attenzione all’analisi finanziaria rispetto a quella ambientale, sociale e di economia condivisa, al fine di creare valore per chi investe e per la società nel suo complesso.

Siamo anche consapevoli, però, che ripensare le strategie e i processi aziendali in chiave sostenibile sia non solo molto complesso, ma anche oneroso. Per questo, come Associazione, ci impegniamo a tutelare e supportare tutte le imprese, specialmente le più piccole, attraverso la predisposizione di strumenti pratici e operativi, il costante aggiornamento, l’attività di formazione e il dialogo con le istituzioni, il mondo finanziario, le grandi committenze e i professionisti. Tutti attori indispensabili in questo processo di transizione.

Recentemente avete realizzato un progetto sui criteri ESG con l’ESG Lab di SDA Bocconi School of Management. Ci può sintetizzare cosa emerge dallo studio?

L’Unione europea è sempre più sensibile al tema della sostenibilità e, soprattutto, a come questa viene declinata nel mondo delle imprese e, quindi, all’impatto che la loro attività ha sull’ambiente e sull’ecosistema. Sul tema sono stati prodotti numerosi provvedimenti, tra cui le recenti direttive CSRD (sulla rendicontazione societaria di sostenibilità) e CS3D (sulla Due diligence delle imprese), che mirano proprio a creare un sistema economico più consapevole e responsabile, in cui ciascuna impresa è in grado di valutare singolarmente il proprio impatto sul pianeta. In questo contesto l’Ance ha ritenuto essenziale concentrarsi sul proprio settore, vista l’elevata quantità di emissioni che questo produce (nell’attività di produzione, consumo di materie prime e produzione di rifiuti), per renderlo più sostenibile attraverso strumenti capaci di supportare e orientare i processi decisionali delle imprese, nel rispetto dei parametri ESG.

Tale obiettivo si è concretizzato in un progetto di ricerca, portato avanti in collaborazione con l’ESG Lab di SDA Bocconi School of Management, che nasce proprio dall’esigenza di studiare gli aspetti specifici del settore delle costruzioni, per elaborarli e valutarli in modo da creare un sistema di rating che tenga conto di tutte le sue peculiarità e declinarle, poi, in un documento operativo, un “modello Ancedi sostenibilità da condividere con banche, istituti finanziari e grandi committenti anche tramite un “white paper”

Il progetto si è articolato in quattro fasi: nella prima sono stati ricostruiti tutti i riferimenti agli ESG che è possibile trovare sia a livello internazionale che nazionale, nella seconda si è studiato il settore delle costruzioni attraverso interviste e analisi degli strumenti già esistenti, nella terza fase, che è quella in cui ci troviamo attualmente, si sta elaborando un modello Ance, che risulterà dalla sintesi di quanto raggiunto nelle fasi precedenti, la quarta e ultima fase riguarderà la diffusione del modello. Si tratta di un progetto ambizioso, ma fondamentale, anche alla luce delle recenti normative europee (CSRD, ma anche CS3D). 

Quali sono i criteri ESG da prendere in considerazione nelle costruzioni di nuovi edifici?

I fattori ESG sono divenuti parametri determinanti al punto tale da orientare gli investitori, i committenti e gli acquirenti nella scelta e nella valutazione delle opportunità, ma soprattutto sono fondamentali per garantire che i progetti siano sostenibili, rispettosi dell’ambiente, socialmente responsabili e gestiti in modo etico. Con specifico riferimento al settore edile, ce ne sono diversi che possono e devono essere presi in considerazione nella costruzione di nuovi edifici e, in generale, nei processi edilizi. L’Europa, in questo senso, impone ai Paesi membri di rispettare importanti target di sostenibilità non solo in materia ambientale, ma anche sociale ed economica. Dal punto di vista ambientale, ad esempio, numerosi obblighi europei si riferiscono ai temi del recupero dei rifiuti e della loro corretta gestione, spingendo verso l’utilizzo di tecnologie e materiali che riducano il consumo energetico degli edifici. Sotto il profilo sociale, invece, ricorre il tema delle politiche di welfare aziendale ma anche degli impatti positivi sulla collettività che derivano dai processi di riqualificazione territoriale e rigenerazione urbana, mentre, con riguardo alla governance, particolare attenzione viene richiesta alle imprese nella selezione della propria catena del valore. L’idea alla base di questi criteri è che il loro rispetto è fondamentale per creare edifici che non solo rispettano l’ambiente e la società, ma che sono anche economicamente sostenibili nel lungo periodo.

A che punto siamo con la decarbonizzazione del settore edilizio?

Il settore dell’edilizia richiede l’utilizzo di ingenti quantità di risorse non rinnovabili ed è considerato tra i principali responsabili delle emissioni di anidride carbonica: circa il 40% delle emissioni totali nazionali. Per questo è stato tra i principali destinatari dei target prestazionali imposti a livello europeo al fine di raggiungere la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55% entro il 2030, per poi arrivare alla neutralità climatica entro il 2050. 

Da questo punto di vista, in termini di riduzione delle emissioni di gas serra derivanti dal settore, molto è già stato fatto negli ultimi anni. Tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga e complessa.

In questo quadro, il recepimento della direttiva EPDB nel nostro Paese, che dovrà avvenire nei prossimi due anni, giocherà sicuramente un ruolo cruciale. Entrata in vigore il 28 maggio 2024, la direttiva contiene infatti un programma davvero sfidante e degli obiettivi molto importanti in tema di riduzione dei consumi del patrimonio immobiliare degli Stati membri. 

È evidente che si tratta di un processo di trasformazione molto complesso, in cui le imprese devono necessariamente essere accompagnate lungo il percorso di cambiamento. 

A tal proposito, come Ance, già nel 2022 abbiamo elaborato le “Linee guida per la decarbonizzazione del settore delle costruzioni” e predisposto uno strumento operativo che consente a tutte le imprese – dalle più piccole alle più grandi – di calcolare, in pochi e semplici passaggi, la propria impronta carbonica, step fondamentale per definire una strategia aziendale di decarbonizzazione.

Un progetto ambizioso il cui principale obiettivo è quello di accompagnare le imprese in un percorso di costante crescita e miglioramento. Il tool, infatti, consente anche di elaborare una proiezione inerziale delle emissioni che l’impresa produrrà negli anni successivi, prendendo come orizzonte temporale di riferimento il 2050, visti gli obiettivi europei. In questo modo l’impresa è in grado di individuare facilmente i divari da colmare, definire l’approccio con il quale affrontare queste sfide, scegliere le iniziative da intraprendere e, soprattutto, i tempi entro i quali raggiungere gli obiettivi fissati.  Si tratta, quindi, di uno strumento molto utile per le imprese e in generale per il settore che, peraltro, stiamo anche ulteriormente sviluppando, attraverso la creazione di una piattaforma dedicata. 

E dal punto di vista del riutilizzo dei materiali quali sono degli esempi virtuosi di economia circolare?

Gli impatti ambientali dei materiali utilizzati nel settore delle costruzioni concorrono alla sostenibilità dell’opera edile in cui sono incorporati. La valutazione della sostenibilità di un’opera, infatti, inizia sin dalla fase di progetto, quando si definiscono i requisiti e si scelgono i prodotti e materiali più idonei, con una crescente rilevanza degli aspetti ambientali e sociali. In generale i trend che contraddistinguono la sostenibilità di una costruzione, e quindi anche dei materiali utilizzati, si rifanno innanzitutto all’uso responsabile delle risorse naturali – che significa preferire, ove possibile, il ricorso ai materiali da costruzione riciclati, in luogo di quelli vergini, ridurre gli sprechi e minimizzare l’impatto ambientale durante le fasi di trasporto, ottimizzando le attività. In secondo luogo, c’è la questione della gestione dei rifiuti, fondamentale nel settore della costruzione. Ciò significa pianificare le attività legate alla produzione dei rifiuti, organizzare il cantiere per favorirne la corretta tenuta, prediligere il recupero allo smaltimento, favorire il disassemblaggio o la demolizione selettiva, già a partire dalla fase di progettazione. 

E dal punto di vista dell’efficienza energetica? 

C’è un terzo trend che contraddistingue la sostenibilità di una costruzione, ed è proprio quello dell’efficienza energetica. Un edificio sostenibile, infatti, è progettato per consumare meno energia, sia durante la fase di costruzione che soprattutto durante l’uso quotidiano. Ciò include, ad esempio, un’attenta valutazione dei materiali da utilizzare, la progettazione di sistemi di riscaldamento e raffrescamento ad alte prestazioni, l’uso di fonti di energia rinnovabile, magari prodotte in loco. 

Un’attenzione particolare meritano poi le tecnologie digitali, che possono favorire la sostenibilità in quanto migliorano l’efficienza sia nella fase di progettazione che realizzativa (minimizzando errori, ritardi di consegna, incidenti sotto il profilo della sicurezza sul lavoro) sia in fase di gestione del bene edilizio (ad esempio con i software intelligenti in grado di ottimizzare la gestione dell’energia sulla base dei comportamenti degli utenti). 

Quali sono gli aspetti più sfidanti per rispondere alla strada indicata dallo studio?

Sicuramente i costi della sostenibilità. L’Europa, infatti, continua a fissare target e obiettivi davvero sfidanti senza però prevedere un piano strutturato che sia da supporto per gli operatori. Un problema, da questo punto di vista, consiste nel fatto che investire sulla transizione e sulla sostenibilità ha un costo, immediato e diretto. Questo costo non può essere rimesso in capo alle sole imprese e, più in generale, ai privati cittadini tanto più che i benefici che ne derivano sono per l’intera collettività. Investire nella sostenibilità, infatti, significa investire nel bene comune: è una responsabilità collettiva, un imperativo morale e strategico, fondamentale per la salute, la sicurezza, l’occupazione e la competitività delle imprese. È una questione di sicurezza nazionale, perché siamo un Paese povero di materie prime e particolarmente vulnerabile dal punto di vista territoriale. Per questi motivi i costi della sostenibilità devono essere riconosciuti e ripartiti tra tutti gli attori coinvolti: non devono più essere visti come una spesa negoziabile o trattabile. Solo attraverso un impegno comune e condiviso di governo, istituzioni, committenti, operatori,  saremo in grado di affrontare le sfide che ci impone l’Europa e riusciremo a traghettare le nostre imprese e il Paese verso gli obiettivi fissati.

Quali strumenti, legislativi o di sistema potrebbero aiutare maggiormente?

Servono sicuramente strumenti operativi e qualificati, in grado di supportare veramente le imprese in questo processo di transizione verso un modello di sviluppo sostenibile, favorendone la crescita in un’ottica di miglioramento continuo. Per questo, l’Ance sta portando avanti numerose iniziative per supportare le imprese di costruzione, ad esempio il progetto di ricerca con SDA Bocconi e il Tool operativo, avviato nel 2022, per il calcolo dell’impronta carbonica. Molte sono anche le iniziative promosse a livello locale che denotano la grande importanza che l’intero settore attribuisce al tema della sostenibilità.  A livello legislativo, invece, la parola chiave è sicuramente “Incentivi”. In questo senso, sarebbe fondamentale intervenire con delle misure fiscali che, ad esempio, siano volte ad incentivare il recupero dei materiali dell’edilizia.

Una delle priorità che da sempre portiamo avanti come Associazione, infatti, è sicuramente quella di favorire la transizione alla circolarità, agevolando l’uso dei materiali recuperati e riducendo il ricorso alla nuova materia prima, nella consapevolezza del ruolo cruciale che riveste l’edilizia. Al settore delle costruzioni, infatti, è imputato circa il 50% delle estrazioni di materiali vergini e quasi il 47% della produzione di rifiuti speciali. 

Per far questo, però, è essenziale il coinvolgimento di tutti gli attori in gioco, sensibilizzando stazioni appaltanti, progettisti, professionisti, operatori e consumatori sulle qualità, le caratteristiche e i possibili utilizzi dei materiali recuperati. 

Abbiamo poi bisogno di istituzioni aperte al dialogo e al confronto, per rimuovere tutte quelle barriere, troppo spesso normative e burocratiche, che hanno finora impedito l’effettiva attuazione della transizione ecologica. 

Le iniziative portate avanti in questi ultimi anni dal Ministero dell’Ambiente vanno sicuramente in questa direzione, segno di un importante cambio di passo. Tuttavia, servono interventi ancora più coraggiosi, che puntino alla semplificazione e all’implementazione della capacità di recupero del nostro Paese. In questo modo potremo finalmente essere protagonisti del processo di transizione verso un modello di sviluppo sostenibile e circolare.  

Ma dal punto di vista di una società di costruzioni quali sono gli aspetti positivi derivanti dall’integrare le variabili di sostenibilità, al di là della compliance legislativa?

Ci sono innumerevoli vantaggi, in termini di concorrenza, che possono derivare dall’implementazione di strategie produttive basate anche su temi sociali ed ambientali: riconoscibilità della qualità e valore dell’impresa, di accesso a committenti evoluti, di ottimizzazione dei costi e di miglioramento nel rapporto con gli acquirenti e i fornitori. 

Essere capaci di dimostrarsi sostenibili, poi, oggi è fondamentale anche per non restare esclusi dal mercato poiché, ormai, le scelte degli stakeholder sono sempre più selettive e basate sulla capacità di un’azienda di essere sostenibile nella propria produzione. 

Anche le politiche di welfare aziendale, l’esistenza di una buona governance, la capacità di ottimizzare l’organizzazione lavorativa (quindi la logistica, i trasporti, ecc), hanno effetti positivi sullo sviluppo di un’impresa. Progettare bene è infatti un ulteriore elemento di sostenibilità: ad esempio, una buona organizzazione del cantiere non solo ottimizza il lavoro, ma consente di ridurre gli sprechi, valorizzare l’impiego delle risorse, favorire comportamenti virtuosi creando, di conseguenza, nuovo valore per l’impresa e per la collettività. 

Avete osservazioni/proposte sulla Direttiva EPBD? Le può sintetizzare?

Il recepimento in Italia della Energy Performance Building Directive (EPBD) nei prossimi anni sarà inevitabile e non credo che questa possa rappresentare un ostacolo per il settore delle costruzioni. Tuttavia, riteniamo che le imprese debbano essere supportate nel percorso di raggiungimento degli obblighi imposti dalla Direttiva. L’efficientamento energetico del parco immobiliare esistente e, quindi, tutte le attività di ricostruzione ad esso legate, determinano un importante impegno economico che, essendo imposto a livello europeo, non può pesare sui singoli cittadini. La marcia verso l’efficientamento energetico non ci preoccupa e come Associazione riteniamo di essere già a buon punto in termini di strumenti volti al risparmio energetico e di consumo, anche grazie a tutti gli interventi e alle iniziative introdotte finora. Quello però di cui abbiamo bisogno, e che riteniamo essenziale, è la messa in campo di un piano industriale strutturato, condiviso e, soprattutto, sostenibile da qui ai prossimi 25 anni. Noi ci stiamo lavorando e siamo proti a mettere a disposizione di tutti le nostre analisi e proposte.