Sono in molti a sostenere che nelle città del futuro si darà un’importanza sempre maggiore all’impatto sociale che gli edifici avranno sulle persone che li occupano e sulle aree che li circondano, tanto da renderlo un elemento importante quanto l’impatto ambientale. È questa l’opinione di Thomas Kotyrba, Head of Research & Strategy BNP Paribas Reim Germany, che analizza l’evoluzione della variabile sociale nel settore immobiliare. “Coinvolgere player diversi tra loro e dare maggiore risalto alla diversità e all’inclusione sono provvedimenti necessari per promuovere la stabilità sociale e l’attrattività di intere regioni, ma anche di locazioni molto più piccole, tanto che noi di BNP Paribas REIM siamo profondamente convinti che società sviluppo di asset immobiliari siano legati a doppio filo e si possano influenzare vicendevolmente, in positivo o in negativo”, spiega Kotyrba.
L’esperto sottolinea come questa tematica abbia iniziato a occupare una posizione di rilievo nei dibattiti dopo che è stata integrata negli obiettivi ESG per la sostenibilità di numerosi stakeholder, attivi sia in ambito immobiliare, sia in ambito finanziario. Inoltre, a sostenere il pilastro del sociale ci sono anche alcuni dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite, in quanto essenziale per la promozione dell’equità e dei diritti umani su tutti i livelli; dagli individui alle imprese alle comunità.
Ma per quanto riguarda il solo settore immobiliare, si chiede, perché l’impatto sociale può essere determinante? La risposta a questa domanda, evidenzia l’analista, la si può articolare in tre tematiche chiave: la reputazione, la regolamentazione e i rendimenti sostenibili.
“Per quanto riguarda il primo dei tre punti, è sotto gli occhi di tutti come oggi la società sia più incline a far sentire la sua voce e a chiedere conto alle imprese del loro operato, con l’attivismo per una determinata causa che sta crescendo costantemente. Le aziende di tutto il mondo, incluse quelle operanti nell’immobiliare o in settori complementari, devono prenderne atto perché coloro che hanno trovato la loro voce non sono entità astratte, ma sono i loro dipendenti, i loro clienti, i loro investitori e i loro partner commerciali e questo comporta che le compagnie che danno una grande importanza alla sostenibilità e all’etica si ritroveranno a godere di un grande vantaggio competitivo, che potrebbe dare loro la possibilità di essere il motore per un cambiamento positivo, oltre che di attrarre e trattenere i migliori talenti che il mercato ha da offrire o di ottenere finanziamenti a condizioni migliori” osserva Kotyrba.
Il secondo tema, quello della regolamentazione, è più problematico a parere dell’analista, in quanto ancora non esiste una definizione univoca di “investimento sociale”. A suo avviso, i problemi nello sviluppo di una tassonomia green hanno scombussolato le tempistiche che si era data l’Unione Europea per lo sviluppo di una seconda tassonomia per il sociale e ancora oggi non si sa quando (o se) si materializzerà. “Tuttavia, questo quadro normativo è esattamente ciò che gli investitori chiedono e la sua assenza è ciò che, purtroppo, mantiene bassi gli investimenti in questo ambito” rileva Kotyrba.
Le spese per le questioni sociali vanno oltre la semplice ristrutturazione e manutenzione di una proprietà e i business plan devono includere voci che prima trovavano poco o nessuno spazio. Tra queste vi sono costi aggiuntivi come servizi aggiuntivi per gli impiegati negli ambienti lavorativi, come la presenza di lounge, terrazzi e anche aree fitness. Tra queste spese possono rientrare anche affitti agevolati, servizi particolari per i locatari e i vicini, ma anche diverse tipologie di aree esterne utilizzabili per meglio integrare un asset nell’ambiente circostante. Tutte queste misure inizialmente genereranno rendimenti inferiori alla media, ma possono rendere la soluzione a cui sono applicate più appetibile per gli utenti, il che a sua volta va ad aumentare il valore del bene, generando rendimenti sostenibili.
“La consapevolezza attorno a questi tre temi chiave cambia la nostra percezione e il nostro approccio agli obiettivi di sostenibilità sociale, ma a questa deve seguire l’implementazione. Noi di BNP Paribas REIM riteniamo sia necessaria una strategia generale per gli investimenti immobiliari sostenibili da parte del manager di riferimento, che descriva obiettivi e approcci sia ambientali che sociali, seguita da una lista chiara e comprensibile delle misure necessarie per raggiungerli, differenziate per la tipologia di investimento in esame. Inoltre, quando una nuova strategia viene aggiunta a un fondo o a un qualsiasi veicolo di investimento immobiliare, chi ha compiuto l’operazione dovrà essere in grado di quantificare l’impatto positivo sulla società, mostrando come il contesto muti in meglio a seguito dell’aggiunta dei nuovi asset e che questi cambiamenti possono essere portati solamente da questi. Questo ultimo punto è ciò che viene chiamato “addizionalità”” conclude l’esperto.
Al giorno d’oggi, aggiunge l’analista, “il dibattito tra gli stakeholder sta dando grande importanza a come provare quanto descritto sopra e come riportarlo nei report che tutti devono presentare. Un approccio potrebbe essere quello di contare i beneficiari delle azioni attuate dal proprietario del bene, un altro il raggiungimento degli obiettivi. Nel contesto degli obiettivi di sostenibilità sociale e delle strategie, i segmenti degli alloggi a prezzi accessibili e delle infrastrutture sociali vengono sono quelli più osservati, dato il rapporto molto stretto tra la società e questo particolare tipo di proprietà, la diffusa e cronica sotto offerta strutturale in queste aree e la crescente volontà degli investitori di dare il proprio contributo alla società attraverso le infrastrutture sociali. La maggiore indipendenza di questi segmenti di utilizzo dai cicli economici ha un effetto equilibrante anche in periodi di volatilità”.