La nuova normativa UE sulla sostenibilità, comporterà un imponente sforzo da parte delle società e degli asset manager per adempiere a tutte le nuove richieste. Ma porterà anche a nuove opportunità. Soprattutto per coloro che sono più avanti nel percorso di incorporazione dei fattori ESG (Environmental, social e governance) nel proprio modello di business. È questa la visione di NN Investment Partners, la società di asset management olandese, tra quelle più all’avanguardia nell’implementazione degli investimenti responsabili e alla frontiera nella ricerca.
“Le nuove regole dell’UE possono aiutare a guidare il passaggio verso investimenti e finanziamenti più sostenibili, favorendo lo sviluppo di nuovi prodotti, aumentando la consapevolezza sulle questioni ESG e stimolando all’azione chi è ancora indietro “, ha commentato Adrie Heinsbroek, Chief Sustainability Officer di NN Investment Partners (NN IP), in occasione dell’incontro dal titolo “Investimenti Responsabili. Come le nuove normative europee cambieranno l’industria? Conversazione con NN IP”.
“Siamo di fronte a un cambiamento epocale nel modo di concepire gli investimenti: nel nuovo mondo il nostro dovere fiduciario come asset manager non è più soltanto produrre profitto, ma è realizzare una superiore performance aggiustata per il rischio, incluso quello per i fattori ESG, realizzando anche un beneficio per la società”, ha affermato Simona Merzagora, Managing Director di NN IP, “un vantaggio che abbiamo come NN Investment Partners è che questo tipo di analisi non rappresenta certo una novità per noi che da anni usiamo criteri proprietari di analisi ESG che ci stanno aiutando la nostra transizione verso le nuove categorie di prodotti previste dalla SFDR”.
Ma a fronte del corposo cambiamento nella normativa UE che, a completamento della SFDR, comprende il regolamento sulla tassonomia e la proposta di aprile di una direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale, oltre ad modifiche alla legislazione esistente (MiFID II e le direttive UCITS e AIFMD), si registra un notevole incremento degli asset ESG globali. Secondo una stima di Bloomberg Intelligence tali asset potrebbero raggiungere i 53 trilioni di dollari entro il 2025. Nuove masse che l’industria del risparmio gestito deve mettere a frutto in modo sostenibile offrendo soluzioni di investimento idonee ai risparmiatori. “Ora tocca ai gestori patrimoniali impegnati sulla frontiera dell’innovazione fornire una nuova visione d’investimento e prodotti che ci conducano sulla strada di un futuro sostenibile. Occorre trasformarsi in un incubatore di idee“, osserva Heinsbroek.
E la crescita riguarderà le tipologie di asset sulle quali verrà applicata l’analisi ESG. “Si è partiti dall’equity, per arrivare al fixed income e ai titoli governativi, per i quali come NN IP abbiamo lanciato uno dei primi fondi specializzati. Ora la frontiera sono il private debt e il private equity” osserva Merzagora. Altro territorio di sviluppo sono i mercati emergenti, con l’Europa a fare da traino, anche per gli Stati Uniti, su regole e standard. Grazie al cosiddetto “effetto Bruxelles”, è probabile che i paesi di tutto il mondo adottino normative e regolamenti simili considerati ormai best practice globali.
Ma come capire se un fondo è realmente sostenibile? Il rispetto della normativa sarà un elemento necessario ma non sufficiente. “E’ come trovarsi di fronte due automobili dello stesso modello: per capire quale è elettrica e quale no devo aprire e guardare dentro com’è il motore. E così per i prodotti del risparmio gestito devo sapere cosa contengono e come incidono sul cambiamento” osserva Heinsbroek.
“I regolamenti europei sulla sostenibilità ” prosegue l’esperto ESG di NNIP “forniscono importanti criteri per classificare i fondi nelle tre categorie, note come articoli 6, 8 e 9, che presentano requisiti di sostenibilità sempre più rigorosi stabilendo quali prodotti incorporano i rischi ESG, quali promuovono caratteristiche ambientali o sociali e quali invece si prefiggono di avere un impatto. Ma non costituiscono una certificazione. Da questo punto di vista le attuali Label europee continueranno a offrire uno strumento di chiarezza perché aiutano a capire come realmente sono gestiti”. E la trasparenza è un altro elemento che potrà fare la differenza. “Le società di gestione devono essere in grado si spiegare le loro pratiche di sostenibilità in modo chiaro già nella fase pre-contrattuale di contatto con il cliente e attraverso il proprio sito devono essere fare capire quello che fanno” puntualizza Heinsbroek.
E per agire in modo sostenibile le società di asset management devono avere profondamente incorporato nei propri processi i fattori ESG. “La Tassonomia non è una questione che riguarda l’ufficio legale, ma si tratta di costruire competenze a partire dal top management. E’ un processo che riguarda l’area IT, la capacità di acquisire comprendere ed elaborare i dati e coinvolge i gestori. Come NNIP abbiamo costruito negli anni le competenze, i processi, abbiamo una visione e questo rappresenta per noi un notevole vantaggio competitivo e che ci consente di attrarre i migliori talenti” spiega Merzagora.
Un anello fondamentale è il rapporto con le imprese. Il gestore deve essere in grado di porre le domande giuste per capire se la strategia dell’azienda e gli investimenti sono diretti a trovare soluzioni concrete per rispondere alle diverse sfide ambientali da affrontare per fermare il cambiamento climatico. Al contempo, l’asset manager deve garantire il proprio supporto agli investimenti che favoriscano le nuove soluzioni migliorative per l’ambiente, valutando i ritorni nella corretta prospettiva temporale. “Per le aziende è molto importante sentire di avere gli investitori al proprio fianco nel condividere i piani di investimento che favoriscono la transizione, senza un’ossessione per la redditività di breve periodo. E il sostegno è ancora più efficace quando di opera attraverso un’alleanza di asset manager come Carbon100+” aggiunge Heinsbroek .L’importante quindi non è selezionare solo le società che già presentano i migliori parametri in termini, per esempio, di emissioni di CO2, ma sapere accompagnare quelle che si impegnano maggiormente verso nuove soluzioni.
E all’orizzonte c’è l’importante appuntamento di Cop26 . “Una scadenza che potrà dare utili indicazioni e mostrare la compattezza dei leader nell’impegno verso la transizione, ma aziende e asset manager hanno già una chiara strada davanti a loro da percorrere a prescindere dai risultati più o meno eclatanti del meeting. E’ questo il momento di agire se si vuole mettere in cantiere un piano di investimenti che mostri i propri risultati entro l’appuntamento del 2030” conclude il responsabile della ricerca ESG di NN IP..
E oltre al clima, sempre più peso ha la preservazione della biodiversità.