Intesa- Messina- Povertà

Sostenibilità sociale

Contrasto alla povertà, la risposta concreta da 1,5 miliardi di Intesa SP

Nel 2022, secondo i dati Istat, sono 2,18 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) a cui corrispondono 5,6 milioni di individui, ovvero il 9,7% della popolazione italiana, dato in crescita rispetto all’anno precedente, anche a causa della forte accelerazione dell’inflazione. Una realtà che colpisce e alla quale Intesa Sanpaolo si è impegnata per dare una risposta concreta, che possa testimoniare e calare in azioni i propri valori di promotore di sostenibilità e sviluppo sociale.

E a questo scopo Carlo Messina, amministratore delegato Intesa Sanpaolo, ha annunciato ieri nel corso dell’evento “Nessuno escluso. Crescere insieme in un Paese più equo. L’impegno di Intesa Sanpaolo” di avere previsto un contributo da 1,5 miliardi in fondi per l’equità sociale, per i prossimi 4 anni. In pratica 300 milioni all’anno, suddivisi in 200 milioni tramite le iniziative per le comunità e 100 milioni per i dipendenti che si occupano di queste attività. E, a sottolineare sempre in modo concreto, l’importanza rivestita per le persone del gruppo, l’ad ha annunciato un aumento retributivo di 435 euro per tutti i propri 100.000 dipendenti entro il prossimo trimestre.

Inoltre, al fine di rafforzare questa strategia d’intervento a favore del paese, dei territori e delle comunità, la banca si è dotata di una nuova unità organizzativa dedicata con sede a Brescia con funzioni di indirizzo e di governo delle attività sociali svolte dal gruppo, denominata “Intesa Sanpaolo per il Sociale”.

“I dati che costantemente raccogliamo, segno della nostra attenzione alla vita del Paese, ci confermano come un’ampia fascia della popolazione italiana sia esclusa dalla possibilità di godere dei livelli di benessere individuale propri di un’economia avanzata. Con l’annuncio di destinare un miliardo e mezzo di euro al sociale entro il 2027, prendiamo un ulteriore forte impegno verso gli azionisti, i clienti, la società nel suo complesso per contrastare questa situazione. Per noi” ha sottolineato Messina durante l’incontro, “è importante andare oltre le dichiarazioni di principio e tradurre i nostri valori in un impegno quotidiano e credibile frutto di una precisa strategia, di politiche aziendali, di azioni e di consuetudini attente alle esigenze dei territori e delle comunità. Per questo creiamo una nuova unità organizzativa, “Intesa Sanpaolo per il Sociale”, dedicata in esclusiva a questa attività, con sede a Brescia, che seguirò personalmente”.

Messina ha poi invitato anche altri protagonisti del mondo economico e imprenditoriale ad attivarsi per il contrasto alla povertà e alla disuguaglianze sociali. Una direzione che trova l’appoggio di Papa Francesco che ha inviato le sue congratulazioni per le iniziative di Banca Intesa che rappresentano “esdmpi concreti di come una banca può lavorare per l’inclusione”. E che trova compatto il vertice dell’istituto nel sostenere il percorso.

“Per rispondere alle sfide sociali odierne come la povertà, sono necessarie azioni sinergiche tra pubblico e privato. In questo contesto, il compito delle banche è quello di consentire l’accesso al credito in condizioni in cui non è così facile e scontato. Un compito che, nell’ambito del piano di impresa 2022-2025, Intesa Sanpaolo ha portato avanti con numerosi programmi e iniziative di inclusione educativa, occupazione giovanile, inclusione dei fragili e degli anziani”, ha affermato il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro

E la scelta di Brescia come sede della nuova area di attività, non è casuale, essendo la città di uno degli artefici della nascita del gruppo Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, attuale presidente emerito di Intesa Sanpaolo. “In base alla Costituzione” ha richiamato Bazoli, “il concetto di uguaglianza rappresenta un diritto-dovere per tutti e Intesa è rimasta fedele a questo principio dalla sua nascita fino ad oggi”. Nel suo intervento, Bazoli si è poi soffermato sul concetto di profitto, indispensabile per la crescita del paese, ma non per questo “l’unico obiettivo dell’impresa bancaria, ma deve essere inquadrato nel contesto più ampio della comunità in cui opera”. Se ciò non si verifica, “la nostra fragile democrazia può essere a rischio”, ha concluso il presidente emerito Bazoli. 

Una società più giusta e inclusiva per uno sviluppo umano integrale

Solo “costruendo ponti e immaginando progetti inclusivi a lungo termine basati sull’ascolto di tutti è possibile la giustizia sociale”. Ha aperto così la prima tavola rotonda Suor Alessandra Smerilli​, segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale che, riferendo il discorso scritto da Papa Francesco rivolto a Carlo Messina, ha sottolineato la necessità di sviluppare una cultura dell’incontro. Un pensiero in linea con la filosofia presentata dal Santo Padre nell’Enciclica Laudato Si’, l’ecologia integrale. Tale dottrina prevede che ci si debba prendere cura dei più deboli, mantenendo “inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore”.  Nella missiva Papa Francesco ha sottolineato che auspica che i temi portati avanti da Intesa Sanpaolo “contribuiscano concretamente a disegnare un modello di sviluppo in grado di generare soluzioni nuove, più inclusive e sostenibili a sostegno dell’economia reale, aiutando gli individui e le comunità a realizzare le loro aspirazioni più profonde e il bene comune universale”.

Contrastare le povertà, una sfida comune

Bisogna ispirarsi alla cultura dell’incontro e dell’ascolto anche secondo i relatori della seconda tavola rotonda, per i quali tale filosofia deve essere tradotta in un’azione comune di contrasto la povertà.

In particolare, Don Marco Pagniello, direttore Caritas Italiana, ha sottolineato la necessità di “uscire dall’assistenzialismo per rendere le persone soggetti e non più oggetti delle iniziative. Ciò significa percepire gli individui fragili non solo come portatori di bisogni, ma anche come possibili risorse, sulla base del principio che in Caritas chiamiamo promozione umana”. Con la sua rete (218 diocesi e 3.000 centri di ascolto) Caritas accompagna quotidianamente le persone in uno stato di fragilità. “Aiutare chi aiuta”, un’intuizione di banca Intesa, è tra i progetti che supportano tutte le realtà di Caritas ad adempiere al suo ruolo, in particolare affiancando giovani e anziani in difficoltà economiche e carcerati.

Di abbandono dell’assistenzialismo e cambiamenti di paradigma ha parlato anche Livia Pomodoro, consigliere di amministrazione di Intesa Sanpaolo: “Alla base di tutto c’è il dialogo, che è in grado di disegnare società più ispirate e disposte al cambiamento. Basta parlare di sussidi: parliamo del superamento dell’asfissia sociale in cui viviamo”.

Tra le solide partnership che Intesa porta avanti per contrastare la povertà vi anche è quella con l’organizzazione benefica senza scopo di lucro Fondazione Banco Alimentare, di cui ha parlato durante l’evento Giovanni Bruno, presidente della Fondazione. Si tratta, in particolare, di una collaborazione volta a intervenire nel filone progettuale “Buon Samaritano” che Banco Alimentare dedica al recupero quotidiano delle eccedenze alimentari

Nel contrasto alla povertà, però, non conta solo l’intervento di fondazioni e banche, ma anche il ruolo delle imprese è decisivo. Secondo Emma Marcegaglia, presidente e amministratore delegato della Marcegaglia Holding, “non basta più distribuire ricchezza. Il mondo imprenditoriale deve avere un ruolo attivo nello sviluppo sociale delle comunità. Chi ha una visione di medio-lungo termine si pone questo obiettivo”. In tal senso, l’impegno dell’azienda Marcegaglia è evidente in alcune iniziative recenti, come l’istituzione di un’Academy per contrastare la povertà educativa, o il progetto portato avanti dalla Fondazione Marcegaglia “One Cow” (una mucca per ogni famiglia indigente) e “Three Goats”, che prevedeva la donazione di 3 capre alle donne che non avessero terreno sufficiente per tenere una mucca.

Favorire l’uguaglianza di opportunità: formazione, lavoro e inclusione educativa

Per lottare contro la povertà diffusa è necessario partire innanzitutto dai più giovani, garantendo pari opportunità educative. Ne è convinto Paolo Boccardelli, docente dell’Università Luiss., che ha dipinto un quadro piuttosto sconfortante. “I dati sono molto preoccupanti. In Italia ci sono 2 milioni di NEET (persone che non studiano, né lavorano, né ricevono una formazione, ndr) tra i 15 e i 29 anni. La media europea di NEET è dell’11,7%, in Italia è il doppio, il 23,1%. Ciò significa che in una scuola secondaria di secondo livello 1 ragazzo su 4 è destinato a diventare un NEET. Non stiamo dando fiducia alle future generazioni”.

Una problematica a cui non solo l’Italia, ma anche l’Unione Europea cerca di rispondere da anni. Come evidenziato nel corso della tavola rotonda da Ruth Paserman, European Commission – Director DG Employment Social Affairs and Inclusion, la Commissione UE per incentivare l’occupazione giovanile ha introdotto il programma “Garanzia Giovani” dal 2013, tramite il quale aiuta i giovani inattivi a trovare un’occupazione entro 4 mesi dal contatto. 

Nel contesto italiano, Intesa Sanpaolo ha recentemente finanziato il progetto “Futura”, promosso, tra gli altri, dal Forum Disuguaglianze Diversità e da Save The Children, che si pone l’obiettivo di contrastare la povertà educativa femminile a Roma, Napoli e Venezia. “Un progetto”, secondo Andrea Morniroli, co-coordinatore Forum Disuguaglianze Diversità, “di vitale importanza in un paese in cui vi sono ancora divari sociali importanti che riguardano i giovani. Se la media nazionale di dispersione scolastica viaggia intorno al 12-13%, nel Mezzogiorno va dal 16% al 24%. Inoltre, le ragazze pagano un prezzo più alto a causa dei diffusi pregiudizi di genere che le scoraggia a intraprendere determinati percorsi di studio”. Secondo Morniroli, se si vuole realmente raggiungere uno sviluppo equo e inclusivo, oltre a dover considerare le politiche educative e sociali come “un presupposto dello sviluppo, è necessaria la coprogettazione territoriale per evitare di calare risorse dall’alto senza conoscere il contesto specifico”. 

Costruire un futuro demografico sostenibile

Una questione chiave quando si parla di politiche pubbliche e interventi sociali, ovvero di welfare, è quella demografica. L’Italia, si sa, vive un invecchiamento graduale ma continuo della popolazione. Secondo i dati Istat nel 2050 ci saranno 5 milioni di italiani in meno, quota che nel 2080 salirà a 13 milioni. Altri dati preoccupanti vengono dal fronte natalità, dal momento che il numero di figli per donna è pari a 1,25. 

Secondo Gian Carlo Blangiardo, docente di Demografia all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, il sistema bancario può svolgere un ruolo di primo piano per “governare il cambiamento”, ad esempio tramite attività di social housing per incentivare la natalità fornendo determinate garanzie alle giovani coppie, o favorendo l’inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro. Interventi necessari anche per Leonardo Palombi, segretario della Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, che ha però sottolineato come sia fondamentale anche “una riforma che integri sociale e sanitario e che faccia dell’assistenza sanitaria il cuore della risposta, pensando agli anziani come una risorsa e non una spesa”. 

Promuovere la coesione sociale: il ruolo del Terzo Settore

Parlando di iniziative e progetti sociali non si può non citare il Terzo Settore, attore primario in questo ambito, nonché interlocutore di rilievo di Intesa Sanpaolo. “Il Terzo Settore, che fa parte del mondo non profit, in Italia conta 116.000 enti che hanno nel proprio DNA la finalità dell’utilità sociale. Si tratta però di un mondo estremamente diversificato”, ha precisato Giorgio De Rita, segretario generale Censis. Secondo De Rita, tale varietà può rappresentare una ricchezza nel momento in cui si è in grado di collaborare, sia con i propri simili sia con altri soggetti, come ad esempio le banche. 

Sono tanti gli enti supportati da Intesa Sanpaolo nel settore, tra cui Fondazione San Patrignano e Fondazione E4Impact, entrambe presiedute da Letizia Moratti. “Il Terzo Settore oggi deve essere fortemente consapevole dell’impatto che ha sulla società e deve lavorare in rete, sia con le imprese private che con quelle pubbliche, co-progettando e co-programmando”, ha evidenziato Moratti. 

Altra realtà del Terzo Settore sostenuta da Intesa Sanpaolo fin dalla sua nascita è Fondazione Dynamo Camp, che si occupa di fornire attività ricreative a bambini e ragazzi con gravi disabilità o patologie croniche. “Ogni anno beneficiano dei servizi della fondazione più di 8.000 persone e vengono coinvolti circa 2.000 volontari”, ha spiegato Serena Porcari, consigliere delegato e Ceo di Fondazione Dynamo Camp, che ha aggiunto che la fondazione è particolarmente impegnata anche nell’erogazione di corsi di formazione per i professionisti che si occupano di inclusione e disabilità, e per i NEET con cui entra in contatto. 

Tra le persone fragili di cui si occupa Intesa Sanpaolo nelle sue partnership con il Terzo Settore non vanno dimenticati i carcerati, percepiti come individui da reinserire nella società. “Intesa Sanpaolo è diventato il nostro principale cliente e venditore di materiale informatico dismesso, che è il focus del nostro business. Diamo una seconda vita a questi oggetti, consentendo al tempo stessoai carcerati di lavorare e impegnarsi in un’attività in modo continuativo”, ha concluso Roberto Saini, direttore generale Fenixs – Carcere di Bollate.