mercati | ESG News

L'opinione di Ritu Vohora di T. Rowe Price

Un cambio di regime richiede un equilibrio di stile

L’ultimo decennio è stato dominato dai titoli growth, in particolare dai colossi tecnologici statunitensi. I guadagni pluriennali sono stati alimentati dallo sviluppo della tecnologia e da una crescita superiore degli utili, oltre che da un contesto macro favorevole caratterizzato da bassa inflazione, bassi tassi di interesse e abbondante liquidità.

La pandemia ha accelerato questa tendenza, “anticipando” la crescita futura e concentrando i guadagni in una manciata di titoli. Tuttavia, potremmo aver raggiunto un punto di flesso strutturale.

L’inflazione dilagante, una Fed falco e un’impennata marcata dei rendimenti obbligazionari hanno in gran parte causato perdite nell’azionario globale nella prima metà del 2022. Dopo essere stato in territorio profondamente negativo, il rendimento reale del Treasury USA a 10 anni è diventato positivo a fine aprile e lo shock dei tassi ha avuto un effetto significativo sulle valutazioni delle azioni statunitensi. Ciò è stato particolarmente problematico per gli asset con una lunga duration, come le società growth e tecnologiche. D’altro canto, i titoli value hanno offerto agli investitori un riparo dalla tempesta che ha investito i mercati globali.

Uno scenario in divenire

Molti investitori sono stati indotti dal contesto di mercato successivo alla Great Financial Crisis a credere che il settore growth debba di norma superare quello value, ma non è sempre stato così. I cicli di stile sono durati anni, ma come abbiamo visto i cambiamenti di regime possono essere repentini. La rinascita del value è iniziata più di un anno fa, ma la sua continua crescita nel 2022 la sta rendendo più come un cambiamento strutturale delle condizioni di mercato.

Ritu Vohora, investment specialist, capital markets, T. Rowe Price

Ci sono segnali forti che indicano che il contesto sta cambiando. Potrebbero essere necessari livelli di spesa in conto capitale decisamente più elevati per soddisfare i requisiti di capacità in molti settori, al fine di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e affrontare le minacce poste alle supply chain, in quanto le aziende si concentrano maggiormente a livello locale. Inoltre, i governi potrebbero essere maggiormente disposti a impegnarsi in livelli più elevati di spesa fiscale per resistere a futuri shock economici e soddisfare i programmi sociali.

La combinazione di aumento della spesa in conto capitale e della spesa fiscale sarà probabilmente vantaggiosa per molte aziende orientate al value, oltre a esercitare una continua pressione al rialzo sia sull’inflazione sia sui tassi di interesse.

Una rotazione più sostenibile

Sebbene il value possa performare sia in situazioni difensive che cicliche, tradizionalmente ha sempre guidato i mercati nelle fasi di ripresa economica. Nonostante i crescenti timori di una recessione globale e di sviluppi geopolitici avversi, e nonostante il fatto che nella prima metà dell’anno settori difensivi come i beni di consumo, l’assistenza sanitaria e i servizi di pubblica utilità abbiano sovraperformato aree più cicliche come i settori industriali e finanziari, l’MSCI World Value ha superato l’MSCI World Growth di oltre il 15%.

C’è stato qualche beneficio derivante dai problemi strutturali di approvvigionamento che stanno emergendo nei settori energetico e minerario, che ha spinto questi ultimi verso un forte rialzo, così come il notevole declassamento del settore tecnologico, con un’impronta fortemente growth. Tuttavia, questo spiega solo una parte della dispersione.

L’inflazione più persistente e l’aumento dei tassi modificano il panorama degli investimenti e favoriscono una rotazione più sostenibile verso gli investimenti orientati al value. Sebbene le rotazioni precedenti siano state fugaci, un contesto di tassi in aumento è fondamentale per il value, data la correlazione esistente tra tassi di sconto più elevati e l’attrattiva relativa dei titoli a più breve duration. Inoltre, l’inflazione tipicamente più elevata è associata a migliori prospettive per le società energetiche e minerarie ed è positiva per le aziende con una asset base esistente che dovrebbe gonfiarsi.

Evitare gli estremi

Nonostante quest’anno, ad oggi, il value abbia nettamente sovraperformato il growth, il premio del rapporto P/E per il growth rispetto al value è attualmente pari al 61%, ancora ben al di sopra della mediana del 36% degli ultimi quattro decenni. Ciò lo colloca nell’87° percentile delle osservazioni dal 1984.

Inoltre, gli spread di valutazione nella maggior parte dei Paesi sono ancora al di sopra dei livelli storici medi, presentando buone opportunità per gli investitori orientati al value. Tuttavia, è importante comprendere i rischi secolari ed evitare le trappole del value, per cui sarà importante concentrarsi sui fondamentali.

Poiché ci troviamo di fronte a un cambiamento di paradigma nell’economia globale, non è il momento di investire negli estremi del value o del growth. Se da un lato molti temi secolari resisteranno, come il cloud e la cybersecurity, dall’altro il cambiamento di regime apre la strada ai titoli ciclici di qualità, che potranno beneficiare dell’affievolirsi dei venti contrari dell’ultimo decennio e dell’emergere di nuove opportunità, come la transizione ecologica. La diversificazione sarà comunque fondamentale, poiché il mercato continua a oscillare. Non si tratta più di una questione di value contro growth, ma di value e growth.