La rete Ethereum ha subito un aggiornamento a metà settembre 2022. Tale aggiornamento, comunemente definito “il merge”, ha comportato il passaggio del meccanismo di consenso della rete all’algoritmo proof of stake. Le conseguenze di questo cambiamento presentano sia opportunità che rischi per gli investitori: le opportunità si riveleranno sotto forma di rendimento staking per chi depositerà le proprie partecipazioni ether; i rischi riguarderanno la sicurezza informatica, nel caso in cui dovesse verificarsi un bug critico nel code base aggiornato, e la compatibilità con le tante applicazioni decentralizzate (dApp) che fanno capo al livello di base di Ethereum. C’è anche la possibilità che un gruppo di fuoriusciti decida di effettuare un “hard fork” della rete, in modo da preservarne i flussi di entrate del mining, con ripercussioni per gli attuali detentori di ether.
Analizzando il lato tecnico, un meccanismo di consenso è la modalità con cui una rete decentralizzata trova un accordo sull’ordine corretto delle transazioni aggiunte a un database distribuito ( “blockchain”). Finora le reti Bitcoin ed Ethereum hanno utilizzato un meccanismo di consenso proof of work, in base al quale molti computer risolvono complessi problemi matematici, in modo da raggruppare nuove transazioni che poi vengono aggiunte al rispettivo database distribuito. Il meccanismo di consenso proof of stake, già implementato su reti come Solana e Cardano, funziona in modo diverso.
La rete Ethereum utilizza due blockchain dall’aprile 2022: la blockchain originaria, che adotta un meccanismo di consenso proof of work, e la catena “faro”, che implementa il proof of stake. Ciò significa che da qualche tempo è possibile depositare (stake) i propri ether. Tuttavia, come nella canzone Hotel California, non è possibile ritirarli (“You can check out any time you like, but you can never leave”, ossia “puoi lasciare la stanza quando vuoi, ma non potrai mai andartene”). Presto questa situazione cambierà: il primo passo è l’unione delle due catene (da qui il termine “merge”, “fusione”) in vista del passo successivo, detto “l’hard fork di Shanghai”, che costituirà un ulteriore aggiornamento per consentire il ritiro degli ether depositati.
E ora passiamo alle conseguenze…
La prima conseguenza del passaggio di Etherum all’algoritmo proof of stake è la modalità di distribuzione dei nuovi ether, che saranno attribuiti a chi deposita le proprie partecipazioni ether presso i nodi validatori nella rete. In media questi nodi producono già un rendimento di circa 4% annuo, presentando una struttura di incentivi economici ben diversa rispetto alla rete precedente, in cui i nuovi ether erano generati dai miner. Esiste già una nicchia di mercato che si occupa degli ether depositati, in modo da massimizzare la performance e le entrate provenienti dai nodi validatori. In futuro le domande principali saranno queste: chi detiene l’ether, chi gestisce i nodi e chi è in grado di gestirli nel modo più efficiente?
C’è poi da attendersi che emerga una narrazione ESG: il meccanismo di consenso proof of work richiede energia per alimentare i computer che risolvono complessi problemi matematici; il proof of stake ne richiede di meno, il che induce qualcuno ad affermare che si tratti di un algoritmo più “ESG friendly”. Questo cambierà il modo in cui molti investitori istituzionali vedono lo spazio degli asset digitali.
In termini di rischi, la fusione di Ethereum è un aggiornamento del codice che è già “in produzione” (ossia sta già funzionando in un contesto non sperimentale). Ci sono stati tanti turni di prove per il livello del protocollo, ragion per cui il rischio di vulnerabilità critiche nel code base in questione, pur essendo presente, desta minore preoccupazione. Il rischio principale da considerare è costituito dai problemi di compatibilità con le molte applicazioni decentralizzate (dApp) che già funzionano e si basano sulla rete Ethereum. Questo ecosistema include i segmenti NFT (token non fungibili) e “DeFi” (la finanza decentralizzata), di valore equivalente a svariati miliardi di USD.
Infine, pensiamo a cosa farà chi in precedenza aveva generato ricavi dall’estrazione (mining) e dalla negoziazione sulla rete Ethereum. Le entrate complessive del mining sono cambiate nel corso del tempo, ma si sono attestate all’incirca su mezzo miliardo di dollari USA al mese nel 2022. Questo flusso di ricavi diventerà un ricordo con la nuova rete Ethereum; alcuni miner e borse hanno già dichiarato l’intenzione di lanciare una versione “hard fork” del codice Ethereum, che mantiene l’algoritmo proof of stake (e conseguentemente le loro entrate). Scissioni come questa sono avvenute in passato (ad esempio Ethereum Classic [ETC] e Bitcoin Cash [BCH]). Gli investitori istituzionali dovrebbero chiedersi se riceveranno l'”ETH-POW” coinvolto nel fork e, in tal caso, quale sarà il suo utilizzo.
Un altro passo lungo il percorso di sviluppo
L’aspetto curioso del software open source è che viene modificato nel corso del tempo da comunità attive di sviluppatori; in altri termini il code base, in questo caso Ethereum, è diverso da quello di qualche anno fa e tra qualche anno sarà diverso da quello attuale. Per gli investitori è importante pensare alle ramificazioni prodotte da queste modifiche (e a come possano risultare positive o negative) per cogliere le opportunità create da questa evoluzione, gestendo nel contempo i rischi concomitanti.