La caduta del dollaro da settembre 2022 ha riportato in auge il tema della “de-dollarizzazione”, con una ripresa dell’attività di ricerca sul web attorno a questo termine. Tuttavia, il calo del dollaro registrato negli ultimi sei mesi non ci sembra “strutturale” e, quindi, legato alla messa in discussione del suo ruolo di moneta di riserva. In realtà, il deprezzamento del dollaro dai massimi di settembre 2022, è più di natura “ciclica”.
Infatti, questo calo del dollaro è pienamente coerente con la rivalutazione della politica monetaria statunitense da parte dei mercati finanziari, che ora indicano tagli dei Fed Funds nel 2023. Pertanto, l’aumento del tasso di cambio EUR-USD è in linea con l’evoluzione dello spread dei tassi di interesse reali tra Europa e Stati Uniti.
Sebbene la recente caduta del dollaro sia ciclica, ciò non impedisce che il peso del dollaro nel sistema monetario internazionale (IMS) diminuisca regolarmente. Questa graduale de-dollarizzazione è normale se ricordiamo che l’economia statunitense rappresenta oggi soltanto il 15% del PIL mondiale e il 13% del commercio mondiale.
Questa de-dollarizzazione è multiforme. Ad esempio, il dollaro rappresenta oggi solo il 51% degli investimenti finanziari internazionali rispetto al 56% di due anni fa. Il numero di valute ancorate al dollaro è ancora prevalente, ma sta diminuendo. È inoltre da segnalare che la moneta statunitense rappresentava il 59% delle riserve delle banche centrali alla fine del 2022, rispetto al 63% della fine del 2020 (sulla base di un paniere composto da USD, EUR, GBP, JPY, CHF, AUD e CAD); questo calo va a vantaggio di tutte le altre valute, in particolare dell’euro.
Il dollaro, quindi, non viene “detronizzato”, nel senso che mantiene la sua posizione dominante sui flussi finanziari, ma il sistema monetario internazionale sta inevitabilmente cambiando.
Dobbiamo quindi pensare a un sistema monetario internazionale che passi da un’unica valuta di riserva a un’altra?
Riteniamo che l’egemonia del dollaro non sarà sostituita da un’altra egemonia per due motivi. In primo luogo, lo Yuan è la moneta che in teoria potrebbe sostituire il dollaro a causa del suo ruolo crescente nell’economia mondiale (la Cina rappresenta il 18% del PIL mondiale). Tuttavia, le autorità cinesi non accetteranno mai di non controllare la loro bilancia dei capitali, il che rende il CNY di fatto incompatibile con un ruolo di valuta di riserva. In secondo luogo, in un mondo multipolare, il sistema monetario internazionale “in equilibrio” è multi-currency.
Le Banche Centrali continueranno quindi ad adeguarsi a un mix di attività più diversificato in valute, coerente con la struttura del commercio mondiale. La de-dollarizzazione dell’economia mondiale è quindi destinata a proseguire, lentamente ma inesorabilmente.