L'opinione di Hakan Kaya di Neuberger Berman

Il ritorno delle materie prime

Le materie prime, a partire dall’ondata di vendite dello scorso novembre, sono rimaste coinvolte in un tiro alla fune tra forze micro e macroeconomiche che ne hanno confinato le performance all’interno di un intervallo ben definito. Sul versante dei fattori macroeconomici l’inasprimento delle politiche monetarie, la crisi energetica in Europa e i lockdown pandemici in Cina hanno contribuito a far crescere l’avversione al rischio nell’economia e nei mercati. E questa stessa avversione al rischio, sul lato micro, ha indotto le imprese (come le aziende di prodotti alimentari, imprese manifatturiere e utility energetiche) a metter mano alle quantità di scorte detenute (destoccaggio) e a interrompere ogni nuovo acquisto di nuove riforniture. In alcuni casi, le scorte sono scese a livelli decisamente troppo bassi. Ciononostante, a nostro avviso, diversi cambiamenti politici in corso o imminenti, dalla riapertura della Cina ad un maggior focus sugli investimenti sostenibili, provocheranno con ogni probabilità un’inversione di questo ciclo di breve periodo di riduzione delle scorte. E riteniamo che il conseguente passaggio dal “destoccaggio” ad una fase di nuovi rifornimenti possa contribuire a ridare slancio alle materie prime.

Domanda

Le prime riaperture in Cina dopo i lockdown pandemici hanno iniziato, fin da subito, ha mettere sotto pressione le scorte già di per sé limitate. Come risulta da tutte le fonti che abbiamo a disposizione, con le persone finalmente in grado di viaggiare dopo quasi tre anni di restrizioni nelle città la mobilità è in aumento. E non solamente all’interno dei confini nazionali: a riaprire non è solo la Cina ma tutta l’area Asia-Pacifico. Man mano che riapriranno le rotte aeree precedentemente cancellate o ne inaugureranno di nuove, secondo le proiezioni nel primo semestre di quest’anno, dalle compagnie aeree locali e internazionali dovrebbe provenire un incremento della domanda di carburante per aerei pari all’incirca a 1,5 milioni di barili al giorno. Favorendo, al contempo, anche la domanda di altre materie prime. In particolare, negli ultimi tempi la Cina aveva ridotto le sue scorte di petrolio e prodotti petroliferi a basso costo provenienti dalla Russia ed è ora molto probabile che le sue riserve possano terminare; per questo motivo, per soddisfare quest’impennata della domanda di carburante per aerei il Paese potrebbe essere costretto presto a ricorrere a nuovi rifornimenti. Oltre alla Cina, ci aspettiamo che anche l’Europa si riattivi. Ora che l’inverno, piuttosto mite, sembra essersi lasciato alle spalle i prezzi esorbitanti dell’energia elettrica dello scorso anno, è probabile che anche l’economia europea riprenda slancio. Questo potrebbe determinare un aumento della domanda sia di energia che di metalli, con un ruolo predominante in tal senso svolto da un focus sempre maggiore, da parte degli attori di mercato, sugli investimenti sostenibili.

Investimenti sostenibili

Il 2023 potrebbe infatti rivelarsi un anno storico per gli investimenti sostenibili. Alcuni Paesi stanno puntando sugli investimenti sostenibili per risolvere i propri problemi legati all’inflazione, altri vogliono essere leader di questo segmento mentre altri ancora mirano a recuperare il terreno perso in termini di sviluppo tecnologico rispetto ai propri competitor. In Cina, ad esempio, perfino durante i lockdown dello scorso anno abbiamo assistito a un aumento della domanda di rame grazie alle vendite record di veicoli elettrici (VE). Una volta che la Cina e altre economie in via di sviluppo avranno sviluppato la propria industria legata alla produzione di veicolo elettrici autosufficienti e in grado di rifornirsi localmente di energia, questo contribuirà non solo alla riduzione delle emissioni a livello globale, ma anche a creare livellare la produzione mondiale di automobili dopo decenni di arretratezza da parte dei Paesi in via di sviluppo sul versante delle tecnologie e delle competenze legate alla produzione di motori a combustione interna. Allo stesso modo, negli Stati Uniti, secondo le previsioni nell’arco del prossimo decennio l’Inflation Reduction Act (IRA) dovrebbe destinare agli investimenti sostenibili 1600 miliardi di dollari in forma di contributi a fondo perduto e sovvenzioni per chi intenda costruire impianti di produzione e infrastrutture green e svolgere attività economiche sostenibili nel Paese. Poiché le politiche “China first” e “America first” potrebbero dirottare gli investimenti sostenibili lontano dall’Europa, che vuole divenire essa stessa il leader della transizione ecologica, appare probabile il varo di un “IRA europeo” in competizione con quello statunitense con investimenti potenziali destinati alla transizione energetica per circa 4000 miliardi di dollari nell’arco del prossimo decennio. Questa gara (per molti aspetti virtuosa) per conseguire l’autosufficienza e la leadership nell’ambito dell’economia sostenibile creerà con tutta probabilità un’ulteriore concorrenza per accaparrarsi le risorse d’investimento rispetto a catene di approvvigionamento caratterizzate da una produzione centralizzata in aree geografiche specializzate e poi immessa sul mercato. Con la riduzione delle scorte delle materie prime fondamentali per la transizione ecologica quali rame, alluminio, zinco, nichel, argento e platino, è possibile ipotizzare che i diversi Paesi si dotino di scorte d’emergenza man mano che, nel corso di quest’anno, questi circa 6000 miliardi di dollari di investimenti green arriveranno sul mercato.

Accaparramento

Gran parte della domanda di materie prime associate alla transizione ecologica riguarda i metalli necessari per l’elettrificazione, ma anche i combustibili rinnovabili potrebbero ricevere un impulso alla domanda. Alcune raffinerie di petrolio sono già state riconvertite ai biocombustibili, realizzati a partire da prodotti agricoli. Nel corso dell’ultimo decennio la produzione di biodiesel è incrementata di oltre 10 volte e, secondo la U.S. Energy Information Administration, nei prossimi tre anni dovrebbe più che raddoppiare. I legislatori stanno abbandonando la politica “cibo prima per le persone e poi per gli animali” per abbracciare quella “cibo per i combustibili”. Circa metà del raccolto di mais statunitense e il 35% dei fagioli di soia macinati nel Paese sono già destinati agli impianti per la raffinazione di biocombustibile. Per conseguire questa diversificazione delle fonti d’energia preservando al contempo la sicurezza energetica riteniamo che l’accaparramento delle granaglie risulterà inevitabile per mitigare le carenze di prodotti agricoli provocate da maltempo, malattie e interruzioni delle catene di approvvigionamento.

Inflazione green

La politica di gestione delle scorte degli ultimi sei mesi è stata quella di metter mano alle scorte a fronte dell’incertezza economica. Con la riapertura della Cina, l’effetto positivo per l’Europa della riduzione dei prezzi energetici e l’inasprimento delle politiche monetarie statunitensi sempre più vicino al suo completamento, prevediamo un’ondata di nuove forniture in previsione di un ritorno della propensione al rischio. A causa di alcuni fattori microeconomici come i continui tagli da parte dell’OPEC, il calo della produzione di scisto bituminoso negli Stati Uniti e la fine degli svincoli delle scorte di petrolio d’emergenza le scorte di commodity energetiche e biocombustibili agricoli dovrebbero rimanere scarse. Con l’ondata di investimenti sostenibili in vista i metalli potrebbero divenire il nuovo petrolio. Questi risultati posticiperanno probabilmente qualsiasi normalizzazione significativa dell’inflazione e potenzialmente creeranno un’inflazione green strutturale. Nel frattempo, mentre il rallentamento economico continua a pesare sul sentiment di mercato, a nostro avviso gli investitori possono approfittare degli attuali prezzi relativamente bassi delle materie prime che rappresentano, a tutti gli effetti, un interessante punto d’ingresso per incrementare le proprie esposizioni, così da contribuire a mitigare l’effetto dell’inflazione sui portafogli.