Torino climate change G7 | ESG News

Climate change

Paesi G7: crescono i danni del clima, ma i piani nazionali non sono chiari

I piani di riduzione delle emissioni dei Paesi del G7 sono troppo deboli e non abbastanza definiti per poter raggiungere gli Accordi di Parigi di mantenere l’aumento della temperatura entro 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali. E nessuna delle sette nazioni è in linea con gli obiettivi fissati al 2030, nonostante i danni economici legati all’aumento degli eventi estremi continuino ad aumentare e abbiano raggiunto i 357 miliardi di dollari nel 2023. A dichiararlo è il think tank internazionale sul clima Climate Analytics, con sede a Berlino, che ha analizzato i piani dei paesi del G7 e ha fornito sette raccomandazioni politiche chiave. Il documento, What good look likes: G7 climate policy, è stato pubblicato a pochi giorni dal G7 Clima, Ambiente ed Energia che si terrà a Venaria Reale (Torino), dal 28 al 30 aprile.

Secondo Climate Analytics, entro il 2030 le economie del G7 dovrebbero ridurre le proprie emissioni del 58% rispetto ai livelli del 2019, ma molte nazioni non hanno comunicato dei target per l’uscita dal carbone e dal gas ne fissato l’anno in cui l’addio a tali fonti energetiche dovrebbe avvenire.

What good look likes: G7 climate policy. Fonte: Climate Analytics

Ecco quindi che nonostante gli impegni presi al 2030 di riduzione delle emissioni, pari al 40-42% (e in ogni caso insufficienti a mantenere l’aumento di temperatura entro 1,5°C), le big del G7 continuano a non dotarsi di piani concreti. Gli esempi più eclatanti sono il Giappone, che non ha fissato l’anno di uscita ne dal carbone ne dal gas, mentre le europee Francia, Germania e Italia non hanno piani per abbandonare il gas. Ma anche le restanti potenze economiche globali non sono chiare nelle dichiarazioni di intenti dei propri piani. Pertanto, secondo il think tank, con le politiche esistenti il G7 probabilmente potrà raggiungere una riduzione del 19-33% entro la fine di questo decennio.

“Queste economie, che rappresentano il 38% del Pil mondiale, non stanno facendo il necessario, nonostante abbiano sia la tecnologia che le risorse finanziarie per fare il salto di qualità” ha commentato Neil Grant, autore principale dell’analisi, “In un contesto di estremi climatici senza precedenti, esacerbati dall’uso dei combustibili fossili, intraprendere azioni ambiziose per la decarbonizzazione e fissare una scadenza per abbandonare i combustibili fossili dovrebbe essere il minimo indispensabile”.

L’urgenza delle azioni è reale e i governi del G7, secondo quanto si legge nel documento, dovrebbero: impegnarsi a ridurre collettivamente le emissioni di gas serra del G7 di almeno il 58% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019 e di almeno il 75% entro il 2035, rafforzare gli obiettivi climatici nazionali per il 2030 in modo che siano allineati con l’obiettivo di 1,5°C dell’Accordo di Parigi, rafforzare l’attuazione delle politiche necessarie per raggiungere questi obiettivi, impegnarsi a eliminare gradualmente la produzione nazionale di energia elettrica da carbone e da gas fossile rispettivamente entro il 2030 e il 2035 – e soprattutto “chiarire e specificare queste date di eliminazione graduale nei prossimi piani nazionali NDC (Nationally determined contribution) per fornire un utile segnale di intenti”.

Inoltre, le nazioni del G7 dovrebbero: porre fine ai finanziamenti pubblici e ad altri tipi di sostegno ai combustibili fossili all’estero, accelerare il raggiungimento dell’obiettivo globale di triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030 e impegnare nuovi e ulteriori finanziamenti internazionali per il clima in linea con le rispettive situazioni nazionali, per andare ben oltre l’obiettivo dei 100 miliardi, e sviluppare strumenti di finanziamento innovativi per accelerare l’erogazione di finanziamenti accessibili ai Paesi vulnerabili.

I danni da clima hanno raggiunto 357 miliardi di dollari nel 2023

L’auspicio è che nella prossima riunione piemontese gli Stati mostrino più concretezza, considerando i danni economici che le potenze globali stanno già subendo. Come ha infatti di recente fatto notare la presidente dell’Ania Maria Bianca Farina, “nel 2023, le catastrofi naturali e climatiche, hanno provocato oneri alle imprese, per danni fisici diretti e perdite in giro d’affari, pari a 357 miliardi di dollari“.

E a seguito dell’aumento degli eventi estremi degli ultimi mesi, le compagnie di assicurazione private e gli assicuratori del settore pubblico sono stati chiamati a coprire tali costi per almeno 123 miliardi di dollari: “È il quarto anno di seguito che le perdite assicurate superano i cento miliardi di dollari, ed è il sesto degli ultimi sette” evidenzia Farina.