È stato raggiunto sabato, dopo quasi vent’anni di discussioni, nella sede dell’ONU di New York uno storico accordo che garantisce la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità marina nelle aree al di fuori delle giurisdizioni nazionali, quindi le acque oltre le 200 miglia marine dalla costa che sono al di là della zona economica esclusiva degli Stati.
Già definito Trattato d’alto mare, il quadro giuridico prevede che il 30 per cento degli oceani del mondo sia fatto rientrare in aree protette entro il 2030, stabilisce lo stanziamento di maggiori fondi per la conservazione dell’ambiente marino e disciplina l’accesso e l’uso delle risorse marine.
Il testo non è stato ancora formalmente adottato dai Paesi aderenti che dovranno riunirsi nuovamente per farlo e per decidere le modalità con cui implementarlo. Nel frattempo, l’UE si è impegnata a investire 40 milioni di euro affinché l’accordo venga ratificato e applicato dagli Stati aderenti. “L’oceano è cibo, energia, vita. Ci ha dato così tanto all’umanità: è tempo di restituire” ha scritto su Twitter Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, “Accolgo con favore l’accordo sull’alto mare. Ce l’abbiamo fatta!”
Il trattato prevede limiti alla pesca, alle zone in cui possono transitare le navi, e alle attività di esplorazione che si possono svolgere, come l’estrazione dei minerali dai fondali marini; inoltre stabilisce una conferenza annuale che si riunirà per discutere delle questioni pertinenti.
Il segretario generale dell’ONU, António Guterres, si è congratulato con i Paesi membri delle Nazioni Unite per aver finalizzato il testo, definendolo una “svolta” dopo quasi due decenni di discussioni e, attraverso il suo portavoce, ha dichiarato che il trattato è fondamentale per affrontare la triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento. Guterres ha anche riconosciuto il sostegno critico delle organizzazioni non governative, della società civile, delle istituzioni accademiche e della comunità scientifica, augurandosi “di continuare a lavorare con tutte le parti per garantire un oceano più sano, più resistente e più produttivo, a beneficio delle generazioni attuali e future”, si legge nel comunicato
L’accordo raggiunto dai delegati della Conferenza intergovernativa sulla biodiversità marina delle aree al di là delle giurisdizioni nazionali, meglio nota con l’acronimo BBNJ, è il culmine dei colloqui facilitati dalle Nazioni Unite iniziati nel 2004.
Il trattato è fondamentale per raggiungere gli obiettivi e i traguardi legati agli oceani dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e del Quadro globale per la biodiversità di Kunming-Montreal che prevede l’obiettivo 30×30 di proteggere un terzo della biodiversità mondiale, sulla terra e sul mare, entro il 2030. Firmato in occasione della COP15 tenutasi a Montreal lo scorso dicembre, l’accordo di Kunming-Montreal prevede di proteggere il 30% della biodiversità del Pianeta entro il 2030 e ripristinare il 30% degli ecosistemi marini e terrestri, con l’obiettivo di fermare la distruzione degli ecosistemi entro la metà del secolo.