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Climate action

ONU: storica risoluzione per la giustizia climatica

Le Nazioni Unite, dopo l’accordo a tutela di oceani e biodiversità marina di inizio mese, hanno approvato mercoledì nella sede di New York una storica risoluzione sulla giustizia climatica con l’obiettivo di rendere responsabili da un punto di vista legale i Paesi inquinanti per non aver affrontato in modo adeguato l’emergenza climatica. Adottata all’unanimità, la risoluzione è stata promossa da una piccola nazione insulare del Pacifico, Vanuatu, che è particolarmente vulnerabile agli effetti estremi del cambiamento climatico.

In cosa consiste la risoluzione

La risoluzione richiede un parere legale alla Corte internazionale di giustizia che chiarisca gli obblighi degli Stati nell’affrontare la crisi climatica e che definisca le conseguenze a cui devono andare incontro i Paesi in caso di inazione. Si tratta del primo tentativo di stabilire obblighi di azione per il clima nell’ambito del diritto internazionale, che i sostenitori sperano possa rafforzare le controversie legate al clima, aiutando soprattutto gli Stati più esposti a ritenere i Paesi responsabili delle loro azioni o inazioni.

“Oggi abbiamo assistito a una vittoria di proporzioni epiche per la giustizia climatica”, ha dichiarato Ishmael Kalsakau, primo ministro di Vanuatu. “La storica risoluzione di oggi è l’inizio di una nuova era nella cooperazione multilaterale sul clima, un’era che si concentra maggiormente sul rispetto del diritto internazionale e che pone i diritti umani e l’equità intergenerazionale in prima linea nel processo decisionale sul clima”.

“Siamo entusiasti dal fatto che il mondo abbia ascoltato i giovani del Pacifico”, ha dichiarato Cynthia Houniuhi, presidente degli studenti delle isole del Pacifico che combattono il cambiamento climatico. “Non per colpa nostra, stiamo vivendo con cicloni tropicali devastanti, inondazioni, perdita di biodiversità e innalzamento del livello del mare. Abbiamo contribuito in misura minima alle emissioni globali che stanno affogando la nostra terra”.

Perché è stata proposta la risoluzione

La risoluzione, co-sponsorizzata da oltre 130 Paesi (non dagli Stati Uniti però), contribuisce a fornire una forza legale al movimento globale per la giustizia climatica. Infatti, sebbene il parere della Corte internazionale di giustizia non possa essere vincolante per i tribunali nazionali, la definizione di norme giuridiche internazionali può influenzare i giudici e i governi. In sostanza, il parere della Corte contribuirà a stabilire se esiste un obbligo legale per i Paesi di fare ciò che si sono impegnati a compiere in trattati non vincolanti come l’Accordo di Parigi e se il mancato rispetto di tale obbligo possa essere contestato con un’azione legale.

Il motivo che spinto i Paesi dell’ONU ad agire sul piano legale è di fare corrispondere alla retorica dei dibattiti internazionali sul cambiamento climatico un’azione concreta.

Diversi esponenti dell’ONU hanno parlato di “momento storico” nella lotta per la giustizia climatica, ma anche per i diritti umani e l’equità intergenerazionale. Si parla di giustizia e diritti umani anche perché le nazioni più vulnerabili ed esposte, come Vanuatu, sono anche quelle che negli anni hanno contribuito in misura minore alle emissioni globali di gas serra. Eppure ora su di loro gravano le conseguenze peggiori, ovvero gli eventi meteorologici estremi come uragani, inondazioni, siccità.

La nuova risoluzione aprirà il cammino a “un’azione climatica più forte e coraggiosa di cui il nostro mondo ha disperatamente bisogno”, ha dichiarato il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.