Pale eoliche

Dazi

L’effetto boomerang dei dazi di Trump: gli impatti sulle energie rinnovabili

L’effetto boomerang dei dazi è già arrivato anche sull’America. Se l’obiettivo dichiarato è quello di ridurre la dipendenza industriale e favorire la produzione nazionale, le conseguenze potrebbero essere ben più complesse. Il rischio maggiore è quello di ostacolare la corsa verso la transizione energetica, rallentando il passaggio dagli idrocarburi alle fonti rinnovabili e penalizzando settori già fragili come lo stoccaggio energetico, l’eolico, il solare e la mobilità elettrica. Il tutto mentre il crollo del prezzo del petrolio, con Wood Mackenzie, fornitore di dati e analisi sul settore dell’energia, che prevede un prezzo del petrolio Brent attorno ai 73 dollari al barile in media, in calo di 7 dollari rispetto al 2024. Un elemento, alimentato da diversi fattori quali le politiche estrattive dell’Opec ma anche l’andamento dell’economia e quindi della domanda, che potrebbe non rendere redditizi i progetti di nuove trivellazioni. Il risultato finale? Secondo il Financial Times un aumento dei costi che potrebbe persino portare a un rallentamento significativo del percorso degli Stati Uniti verso la leadership nella rivoluzione dell’intelligenza artificiale.

Il nuovo pacchetto tariffario varato da Trump prende di mira una vasta gamma di prodotti, imponendo imposte doganali che vanno dal 10% al 49%, con un focus particolare sulle importazioni provenienti da Cina, Europa e Paesi del sud-est asiatico.

Attualmente il mercato americano del settore rinnovabile è fortemente interconnesso alle catene di fornitura estere. Le nuove tariffe che vanno a colpire l’importazione porteranno quindi a un incremento dei costi delle materie prime e delle componenti necessarie a costruire gli impianti per le energie rinnovabili. Il comparto delle energie pulite rischia quindi di ricevere nuovi contraccolpi dalle politiche dell’amministrazione Trump.

A cominciare dall’energia solare che, sebbene negli ultimi anni la produzione interna di pannelli solari sia cresciuta velocemente, continua a importare numeri importanti. Solo nel 2023, secondo i dati di Rystad Energy, si parla del 95 milioni di pannelli fotovoltaici provenienti per lo più da Paesi asiatici come Vietnam, Malesia e Thailandia. Visti gli elevati dazi imposti a questi ultimi si pensa che l’America sia pronta ad affacciarsi su altri mercati come il Medio Oriente e l’Africa, ma in ogni caso si tratta di riconversioni delle catene di produzione che richiedono tempo.

Tra i settori delle energie rinnovabili più vulnerabili c’è senza dubbio il comparto eolico. Le turbine eoliche, infatti, richiedono componenti avanzati spesso importati: pale, generatori, sistemi elettronici di controllo e trasmissioni, molti dei quali provengono dall’Europa. Secondo gli analisti se le tariffe dovessero raggiungere il 25% su tutti i componenti importati, il costo finale dei progetti eolici aumenterebbe fino al 7%, con un impatto diretto sulla competitività e la fattibilità economica di nuovi impianti.

Insieme all’eolico è in grave sofferenza anche il mercato delle batterie e in generale dello stoccaggio energetico. Oltre il 90% delle batterie installate in America proveniva infatti dalla Cina che, però, con le nuove tariffe, combinate con quelle esistenti e con gli aumenti già previsti dall’amministrazione Biden, porteranno i dazi su queste celle fino all’82,4% entro il 2026. I dazi colpiranno non solo le importazioni dei manufatti finiti, ma anche faranno sentire i loro effetti sulla nuova produzione prevista nelle nuovi siti americani in costruzione che dipendono da componentistiche che dovranno essere comunque importate e che continueranno ad essere tassate portando così a inevitabili rincari.

Infine anche il settore dei veicoli elettrici (EV) è un altro campo di battaglia fondamentale. Il governo Biden aveva cercato di rilanciare la produzione interna attraverso misure ad hoc, con crediti fiscali consistenti per incentivare le fabbriche e le infrastrutture verdi.

La dipendenza da materiali importati – come litio, nichel, cobalto – resta dunque ancora forte, e le nuove tariffe potrebbero far salire il prezzo delle auto elettriche anche di 10.000 dollari per unità, inferendo un duro colpo per un mercato che già fatica a diventare competitivo rispetto ai veicoli tradizionali.
Questa situazione porterà inevitabilmente in campo nuovi Paesi emergenti che diventeranno fondamentali per non far crollare gli sforzi fatti fino ad adesso. La Cina, che domina la produzione globale di tecnologie pulite, per esempio sta stringendo accordi con nazioni emergenti in Africa, America Latina e Medio Oriente.

Sul fronte macroeconomico, invece, i dazi imporranno costi più alti per componenti e materiali che ricadranno inevitabilmente su consumatori e imprese, con una pressione al rialzo sui prezzi dell’energia.