La Svizzera è stata ritenuta responsabile per non avere protetto la salute dei suoi cittadini dalla crisi climatica. Sentenza storica quella della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) che ieri ha accolto il ricorso dell’associazione svizzera KlimaSeniorinnen (Anziane per il clima), che riunisce più di 2.300 donne svizzere dai 65 anni in su, impegnate nel combattere i danni della crisi climatica. L’organizzazione aveva infatti presentato ricorso alla CEDU, dopo che le loro denunce per i danni alla salute derivanti dal cambiamento climatico non erano stati accolti dai tribunali svizzeri.
La Corte ha ritenuto che la Convenzione europea dei diritti dell’uomo contempli il diritto ad una protezione effettiva da parte delle autorità statali dai gravi effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla vita, sulla salute, sul benessere e sulla qualità della vita. Nel dettaglio è stata riconosciuta una violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare).
La decisione ha una rilevanza anche per tutti gli altri 46 stati che fanno parte del Consiglio d’Europa. La sentenza, infatti, è vincolante e rappresenta un precedente, che potrebbe nelle prossime scelte giuridiche dettare la linea sul tema.
“Il cambiamento del clima causa già oggi danni immensi. Minacciosi periodi di siccità, frane e inondazioni saranno presto la normalità se non agiamo subito. Malgrado i dati scientifici, la Svizzera e la maggior parte degli altri Paesi non fanno abbastanza per scongiurare le catastrofi. Gli Stati stanno violando dei diritti fondamentali e sempre più persone in tutto il mondo intraprendono le vie legali. Si tratta di difendere un futuro vivibile – senza collasso climatico” è la tesi delle combattive senior elvetiche.
La Corte ha dato loro ragione ritenendo che la Confederazione Svizzera non abbia adempiuto ai suoi doveri (“obblighi positivi”) ai sensi della Convenzione sul cambiamento climatico.
Respinto invece il ricorso di un cittadino francese che, in una denuncia analoga a quella elvetica, sosteneva che la Francia non avesse adottato misure sufficienti per prevenire il riscaldamento globale e che tale fallimento comporta una violazione del diritto alla vita e del diritto al rispetto della vita privata e familiare. La Corte ha dichiarato il ricorso irricevibile in quanto la ricorrente non aveva lo status di vittima ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
Bocciato anche l’appello, contro il Portogallo e alcuni altri Paesi, dei giovani portoghesi sui gravi effetti attuali e futuri del cambiamento climatico, che secondo loro incidono sulla loro vita, sul loro benessere, sulla salute mentale e sul pacifico godimento delle loro case. Per quanto riguarda la giurisdizione extraterritoriale degli Stati convenuti diversi dal Portogallo, la Corte ha ritenuto che non vi fossero motivi nella Convenzione per estendere la loro giurisdizione extraterritoriale nel modo richiesto dai ricorrenti. Inoltre i ricorso contro il Portogallo è stato bocciato perché i ricorrenti non si erano rivolti in prima istanza ai tribunali locali.