Da oggi il Giappone ha iniziato a rilasciare nell’Oceano Pacifico l’acqua radioattiva trattata dalla centrale nucleare distrutta di Fukushima, una mossa che ha spinto la Cina ad annunciare un divieto immediato su tutti i prodotti acquatici provenienti dal Giappone. La preoccupazione di Pechino è che i prodotti alimentari e agricoli giapponesi siano radioattivi.
Il governo giapponese ha approvato il piano di rilascio delle acque reflue due anni fa, ovvero dieci anni dopo il violento terremoto di magnitudo 9.0 che ha causato la fusione di tre reattori, e il mese scorso ha ricevuto il via libera dall’organismo di vigilanza nucleare delle Nazioni Unite. Lo scarico è un passo fondamentale nello smantellamento dell’impianto di Fukushima Daiichi dopo che fu distrutto da uno tsunami nel 2011.
Il primo scarico, per un totale di 7.800 metri cubi, l’equivalente di circa tre piscine olimpioniche d’acqua, avverrà in circa 17 giorni. L’operatore dell’impianto Tokyo Electric Power ha dichiarato che il rilascio è iniziato alle 13:03. ora locale (04:03 GMT) e non ha riscontrato alcuna anomalia. Tuttavia, la Cina ha ribadito la sua ferma opposizione al piano e ha affermato che il governo giapponese non ha dimostrato che l’acqua scaricata sarebbe sicura.
“La parte giapponese non dovrebbe causare danni secondari alla popolazione locale e nemmeno ai popoli del mondo per i propri interessi egoistici”, ha affermato in una nota il ministero degli Esteri cinesi, secondo quanto riportato da Reuters. Tokyo, dal canto suo, ha criticato la Cina per aver diffuso “affermazioni scientificamente infondate”. Il Giappone, infatti, sostiene che il rilascio dell’acqua è sicuro, sottolineando che anche l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) ha concluso che l’impatto che avrebbe sulle persone e sull’ambiente sarebbe “trascurabile”.
Il Giappone ha chiesto alla Cina di revocare immediatamente il divieto di importazione di prodotti acquatici e cerca un confronto sull’impatto del rilascio di acqua basato sulla scienza. Nel 2022 il Giappone ha esportato in Cina prodotti acquatici per un valore di circa 600 milioni di dollari, diventando così il mercato più grande per le esportazioni giapponesi, seguito da Hong Kong. Secondo i dati del governo, le vendite verso Cina e Hong Kong hanno rappresentato il 42% di tutte le esportazioni acquatiche giapponesi nel 2022.
La dogana cinese non ha fornito dettagli sugli specifici prodotti acquatici interessati dal divieto e non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento.
Secondo i risultati dei test della Tokyo Electric Power rilasciati giovedì, l’acqua conteneva circa 63 becquerel di trizio per litro, al di sotto del limite di acqua potabile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di 10.000 becquerel per litro. Un becquerel è un’unità di radioattività. L’AIEA ha anche rilasciato una dichiarazione in cui afferma che la sua analisi indipendente in loco ha confermato che la concentrazione di trizio era molto al di sotto del limite.
Eppure, ad essere preoccupata non è solo la Cina, dato che anche Hong Kong e Macao hanno annunciato il proprio divieto a partire da giovedì, che copre le importazioni di prodotti ittici giapponesi da 10 regioni.
Il Giappone condurrà il monitoraggio intorno all’area di rilascio dell’acqua e pubblicherà i risultati settimanalmente a partire da domenica, come ha dichiarato il ministro dell’ambiente giapponese. Si stima che il rilascio richiederà circa 30 anni.