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Analisi di Giulio Maroncelli e Fabio Lenzini di DLA Piper

Eolico Offshore, la corsa (a ostacoli) verso la competitività economica

La diffusione della bozza dell’aggiornamento del PNIEC (il Piano nazionale per l’energia e il clima al 2030) trasmessa a Bruxelles nei giorni scorsi è l’occasione per fare alcune considerazioni su una tecnologia innovativa e dalle grandi potenzialità come l’eolico offshore. Si tratta di un comparto delle rinnovabili in grande sviluppo, ma che come sottolinea lo stesso PNIEC, al momento è una “tecnologia ancora lontana dalla competitività economica”.

Per quanto l’elemento della non competitività, non può che essere allo stato attuale confermato. Tuttavia è pensiero unanime che il traguardo dell’equilibrio economico verrà raggiunto, visto l’elevatissimo numero di progetti eolici offshore in Italia (ed in Europa). Occorre però sottolineare che per il decollo dei progetti che si basano su questa tecnologia manca una chiarezza legislativa e sugli incentivi previsti, riguardo ai quali neanche il PNIEC porta le auspicate certezze. Si tratta di fattori abilitanti indispensabili per iniziative i cui costi e tempi di realizzazione richiedono una maggiore certezza del contesto normativo ed economico.

A livello italiano, il settore dell’eolico offshore ha ricevuto un forte impulso a partire dall’avviso pubblico pubblicato dal MASE (Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica) nel 2021, che sollecitò l’invio di manifestazioni di interesse da parte di sviluppatori ed operatori e sancì il riconoscimento istituzionale di questa tecnologia.

Le enormi potenzialità dei mari italiani (in termini di capacità installabile) e l’impulso tecnologico che in questi anni è stato dato e continua ad essere dato a livello internazionale fanno sì che nel nostro paese oggi si contino decine di progetti, per una capacità potenziale stimabile tra i 50 e i 100 GW; numeri in continua evoluzione e da valutare con prudenza anche in considerazione del fatto che nel corso dei mesi molti progetti sono stati abbandonati e che taluni progetti, interessando in tutto o in parte le medesime aree, non potrebbero essere realizzati nelle loro configurazioni originarie. Un “ingorgo” recentemente denunciato anche dalla Soprintendenza PNRR.

Numeri, inoltre, che devono anche fare i conti con le incertezze e i lunghi tempi delle fasi di progettazione ed autorizzazione, che porteranno inevitabilmente all’abbandono o al ridimensionamento di una parte dei progetti.

Tornando allo PNIEC, in esso viene riportata la chiara volontà di supportare l’eolico offshore, con particolare riferimento alla tecnologia “floating”, che, come riportato nella medesima bozza, è quella prevalentemente adottata nei progetti in corso di sviluppo (risultando la più adatta ai fondali italiani), ma che soffre ancora di incertezze dal punto di vista puramente tecnologico posto che le soluzioni offerte dal mercato sono molteplici ma quasi tutte a livello prototipale.

Vengono inoltre individuati alcuni aspetti ancillari, che sono al tempo stesso elementi necessari al successo delle iniziative offshore e occasione a sé di sviluppo ed investimento: l’esigenza di sviluppare infrastrutture (in particolare portuali) finalizzate alle fasi di realizzazione e assemblaggio degli impianti, e quella di coordinare la pianificazione territoriale delle Regioni e lo sviluppo delle reti elettriche previsto da Terna, sottolineando come “la rapidità con cui saranno gestiti tali aspetti e l’incremento della competitività di queste tecnologie, consentirà di spostare l’obiettivo eolico da onshore a offshore”.

La bozza di PNIEC, ad ogni modo, non permette di acquisire nuove indicazioni circa le strategie del legislatore per sviluppare tale tecnologia, nonostante il dichiarato intento di attivare “procedure calibrate sulle relative specificità” e finalizzate a consentire l’entrata in esercizio di 300 MW entro il 2025 e 2,1 GW entro il 2030 (obiettivi peraltro valutati come poco ambiziosi dalle associazioni di categoria che avrebbero indicato in almeno 5 GW il target, realistico, per il 2030). Di fatto la misura più concreta che viene richiamata è il cd. FER 2, con riferimento al quale viene confermato che il contingente più generoso è (in linea con le bozze circolate nel tempo) proprio quello dedicato all’eolico offshore “che si ritiene possa dare un contributo rilevante agli obiettivi di decarbonizzazione, minimizzando al contempo l’impatto ambientale e paesaggistico, specialmente nel caso di soluzioni floating”.

Viene inoltre richiamata la misura prevista dal PNRR, finalizzata ad incentivare la realizzazione entro il 2026 di impianti eolici e fotovoltaici galleggianti con una capacità di almeno 100 MW, uniti a sistemi di stoccaggio dell’energia (ancora in attesa di decreto ministeriale attuativo).

IL PNIEC, insomma, non introduce nuove misure oltre a quelle già note. Peraltro entrambe le misure risultano con tutta evidenza insufficienti a supportare i progetti in corso di sviluppo, la cui potenza complessiva è di gran lunga superiore ai contingenti incentivabili. Senza dimenticare che il Decreto FER 2, il cui testo è stato notificato alla Commissione Europea lo scorso marzo, continua ad avere un iter di approvazione incerto.

Nessun riferimento è invece formulato all’opportunità e necessità di intervenire con semplificazioni ed armonizzazioni a livello normativo.

L’assetto normativo applicabile agli impianti eolici offshore è infatti la somma di norme già esistenti (i.e., il Codice della Navigazione per la concessione demaniale marittima, il D. Lgs. 387/2003 per il procedimento di autorizzazione unica, il Codice dell’Ambiente del 2006 ed il recente D. Lgs. 199/2021, recepimento direttiva REDII). Mancano, ancora oggi, le linee guida che dovranno definire il procedimento autorizzativo e la connessione tra autorizzazione unica e concessione demaniale, introdotte dal citato D. Lgs. 199/2021. Mancano poi i piani di gestione dello spazio marittimo. Il quadro regolatorio necessita pertanto di interventi profondi.

Non vi è più traccia delle semplificazioni ipotizzate nel periodo che ha proceduto l’approvazione della Legge di Conversione del D.L. n .13/2023.

In conclusione, resta indispensabile avere sia certezza sugli eventuali sistemi incentivanti che sull’assetto normativo, al fine di consentire una migliore valutazione degli investimenti. Non va infatti dimenticato che lo sviluppo e la realizzazione di un progetto eolico offshore sono attività estremamente costose e fuori dalla portata della maggior parte degli operatori, e che l’unico precedente italiano è l’impianto “Beleolico” di Renexia che vanta un iter autorizzativo di ben 14 anni. Guardando alla variegata composizione dei progetti in corso di sviluppo, infatti, accanto a grandi player industriali che potrebbero, o hanno già deciso di, non fare affidamento sugli incentivi, vi sono sviluppatori che non sono in grado di portare avanti in maniera autonoma simili iniziative e la cui ricerca di capitali ed investitori, spesso stranieri, è rallentata proprio da tali incertezze.I tempi per correggere il tiro ci sono. I progetti in fase di sviluppo sono, per la maggior parte, nelle fasi preliminari di scoping o hanno da poco presentato le richieste di VIA e/o concessione demaniale marittima, e l’orizzonte della relativa cantierabilità s