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Giornata mondiale della biodiversità

Al via il secondo giorno del Forum Nazionale della Biodiversità a Palermo

A un anno dalla sua costituzione, il National Biodiversity Future Center (NBFC) il 22 maggio, Giornata mondiale della biodiversità, presenta il primo Rapporto Annuale sullo stato della Biodiversità in Italia. 2.000 ricercatori hanno passato al setaccio il Paese, dalle montagne al mare, per capire come stanno le nostre aree protette e i parchi, valutare come rafforzare le foreste, riqualificare le zone umide e le coste, preservare e implementare la biodiversità nei centri urbani. Il risultato del loro lavoro viene presentato al Primo Forum nazionale per la biodiversità, che vede riuniti all’Università di Palermo fino a domani oltre 600 ricercatrici e ricercatoriscienziate e scienziati ma anche imprenditori ed enti di gestione interessati a capire come contribuire a fermare la perdita di biodiversità e al contempo fornire strumenti innovativi per un futuro sostenibile. 

Il rapporto annuale è un documento importante con cui la comunità scientifica del NBFC si apre al dialogo con i cittadini e le istituzioni per orientare le pratiche e le politiche e creare consapevolezza che la biodiversità è la soluzione e può essere la risposta alla crisi ambientale e socio culturale. 

Trovare soluzioni concrete e attuabili per dare valore scientifico, economico, sociale e culturale alla natura, è proprio la missione del National Biodiversity Future Center (NBFC), uno dei cinque centri del MUR destinati alla ricerca di frontiera e il primo Centro nazionale di ricerca e innovazione dedicato alla biodiversità, istituito nel 2023 e finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza PNRR – Next Generation EU. Promosso dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) coinvolge 48 partner, tra università, centri di ricerca, fondazioni e imprese, è finanziato con 320 milioni di euro per tre anni e vede il coinvolgimento di 2000 ricercatori, la metà dei quali sono donne.

Il centro si sviluppa sul modello Hub & Spoke, con 8 raggi (spoke) dedicati alle problematiche legate al mare, alla terra e acqua dolce, alle aree urbane e alle ricadute sulla società. Questi sono supportati da spoke trasversali dedicati a formazione, comunicazione e innovazione con lo scopo di trasformare la ricerca in valore per la società. Un’attività che assume una rilevanza strategica nell’ottica di contribuire a raggiungere i traguardi fissati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, e gli obiettivi Europei per la tutela della biodiversità previsti per il 2030: conservare almeno il 30% delle aree terrestri e marine e attivare un programma di rispristino delle aree degradate che porti al recupero del 30% degli habitat.

“La biodiversità, il mare ed i territori costieri, definiscono il comune destino di tutti coloro che vivono intorno al Mediterraneo. La diplomazia scientifica è fondamentale per promuovere progetti di collaborazione tra scienza e tecnologia”, ha dichiarato Luigi Fiorentino, presidente del National Biodiversity Future Center, “dalla biodiversità potremo ottenere materiali sostenibili, nuovi alimenti, farmaci e migliorare la nostra agricoltura: una sfida che i tanti giovani presenti al Forum sono pronti a raccogliere, sfruttando le nuove tecnologie ispirate alla natura”.

Il National Biodiversity Future Center si è impegnato a formare una nuova generazione di ricercatori e ricercatrici. Sono oltre 600 i giovani neo reclutati che lavorano nel centro. Per dare continuità a quest’azione di formazione è stato anche istituito il Dottorato nazionale sulla Biodiversità che solo nello scorso anno ha erogato 24 borse di studio (2.550.000 mila euro) che insieme agli oltre 100 dottorandi nazionali compongono una delle prime linee del NBFC. A questi si aggiungono assegnisti, tecnologie e ricercatori che guardano ai lavori del futuro. Del resto solo oggi in Italia sono 3,5 milioni i green jobber. Le stime ci dicono che entro il 2030 saranno più di 5 milioni e che oltre il 60% delle aziende cerca personale con competenze in biodiversità e sostenibilità. Il centro nazionale sarà quindi la palestra per formare professionisti della biodiversità   che potranno occupare posizioni di rilievo nel nostro Paese e nell’intero mediterraneo. Al Forum 300 giovani scienziati e scienziate presentano le proprie ricerche con brevi talk e poster.

Nonostante esista una diversità biologica tra le più significative di tutta l’Europa, con 60.000 specie animali, 10.000 piante vascolari e oltre 130 ecosistemi (dati Ispra), solo il 17 % del nostro Paese è rappresentato da parchi e riserve che custodiscono la biodiversità. Le aree marine sono anche peggio: solo l’11 % è protetto, sebbene il Mediterraneo, pur con la sua estensione relativamente ridotta, ospiti circa il 7% della biodiversità marina di tutti i mari e gli oceani del mondo. È un bene che la protezione di tale di ricchezza sia ora sancita dalla Costituzione, grazie al riferimento al concetto di biodiversità inserito a seguito della modifica dell’articolo 9 risalente a febbraio 2022. Tre gli ingredienti essenziali della ricetta del NBFC: interventi mirati per una conservazione di interi ecosistemi e non solo delle singole specie; individuazione di sistemi di monitoraggio capaci di prevenire i rischi di erosione e rafforzare le aree degradate, bonificando, se necessario, le zone inquinate attraverso le fitotecnologie.

Un lavoro complesso che necessariamente deve guardare al futuro. Ed è proprio pensando al futuro che nasce il Biodiversity Science Gateway, l’eredità che NBFC vuole lasciare dopo il Forum. Una grande infrastruttura virtuale, una porta d’accesso alle conoscenze generate, che diventerà così innovazione, produrrà lavoro e occupazione, rilancerà l’economia ma soprattutto diverrà valore sociale.

“Il nostro scopo “, ha spiegato Luca De Biase, il Gateway designer, “è quello di connettere la ricerca scientifica alla società e all’economia, trasformandola in conoscenza diffusa, in strumento per l’educazione, l’innovazione e lo sviluppo. Vogliamo far sì che il Centro valorizzi la ricerca e favorisca un cambiamento concreto nella società. Questa missione sarà realizzata con strutture di informazione pensate per servire gli stakeholder provenienti da diversi ambiti e che possono trarre vantaggi dalla biodiversità. Il Gateway sarà la piattaforma capace di generare opportunità economiche, tecnologiche, sociali e culturali che emergono dalla ricerca scientifica, dall’innovazione e dalle validazioni in campo. La ‘porta del gateway ha lo scopo di collegare la comunità scientifica con il sistema delle imprese, con le amministrazioni pubbliche, i professionisti della conservazione della biodiversità e con la cittadinanza nel suo complesso. Il Gateway raccoglierà esigenze e affronterà criticità per generare servizi accessibili, attraenti, adatti alle esigenze di tutti”.

Al Forum architetti, forestali, botanici e medici e tanti altri professionisti getteranno le basi per la transizione ecologica urbana e per migliorare il benessere dell’uomo e di tutti gli organismi viventi in chiave one health. Uno dei temi caldi è anche quello che riguarda la biodiversità nelle città. In questo caso NBFC ha sperimentato tecnologie di rinverdimento mediante soluzioni ispirate alla natura, le Nature-Based Solution. Si va da strategie di forestazione urbana a corridoi ecologici, fino a piccole aiuole capaci di riportare gli impollinatori nelle città e abbattere le elevate temperature estive.

Nella prima giornata di ieri oltre a fotografare lo stato di salute della biodiversità, delle aree protette e dei parchi in Italia, esperti e studiosi hanno affrontato il tema quanto mai attuale delle specie animali e vegetali invasive ed endemiche, che minacciano seriamente la biodiversità italiana. Non solo il granchio blu o il ciliegio nero, ma anche altre specie di animali e insetti come gli efemerotteri e l’annoso gravissimo problema degli incendi che distruggono interi ecosistemi. Oggi sarà discusso il tema fondamentale del ripristino della biodiversità a livello europeo, valutando come rafforzare le foreste e riqualificare le zone umide e le coste, anche alla luce della Nature Restoration Law, che prevede il recupero del 30% delle aree terrestri e marine entro il 2030 e di tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050.