La crescente attenzione alle tematiche ESG e l’allargamento dell’orizzonte geografico hanno portato a una nuova fase per lo storico fondo di private equity, Mandarin Capital Partners, che ad aprile ha annunciato il cambio del nome in Mindful Capital Partners (MCP). Il fondo, nato nel 2007 dall’iniziativa di alcuni manager tra cui Alberto Forchielli e Lorenzo Stanca per supportare le imprese italiane orientate al mercato cinese, con il tempo ha ampliato il proprio raggio d’azione alle aziende con prospettive di crescita non esclusivamente nel Far East, svolta che ha portato alla decisione di abbandonare un nome che era ormai stretto.
ESG News ha chiesto a Stanca, Managing Partner Mindful Capital Partner, in che modo i fattori ESG sono integrati nelle scelte di investimento di MCP e quali sono le prospettive future del fondo in ambito di sostenibilità anche in seguito all’inserimento nel team della figura dell’ESG officer.
Il cambio del nome segna una nuova fase del fondo. Mindful, che significa attento, consapevole. Quali sono i valori a cui vi ispirate nei vostri investimenti?
Abbiamo scelto il nome Mindful essenzialmente per due ragioni. Da un lato fa riferimento all’ approccio prudente che da sempre ci caratterizza e che prevede un uso molto limitato della leva e una bassa propensione al rischio. Questa strategia ci ha consentito di non registrare mai perdite su un investimento e di avere un tasso di successo più alto della media dei fondi italiani.
Dall’altro lato, Mindful è la naturale espressione della nostra attenzione alle tematiche ESG che abbiamo affinato negli anni, ma che hanno comunque caratterizzato i nostri investimenti fin dall’inizio. Facendo riferimento alle guidelines dell’AIFI, abbiamo adottato un approccio sistematico, che prevede una due diligence per tutti gli investimenti che puntiamo a fare, l’individuazione di specifici obiettivi ESG e il costante monitoraggio dei progressi nel corso dell’investimento, così come la rendicontazione di quanto raggiunto al termine dello stesso.
Siete nati per svolgere il ruolo di ponte per le aziende e gli investimenti verso la Cina. Pensate che il nuovo contesto geopolitico segni un arresto per la globalizzazione?
Non crediamo che la globalizzazione si fermerà, ma sicuramente cambierà. Assistiamo già da un po’ di anni al fenomeno del reshoring, soprattutto in alcune filiere, ma questo è dovuto non tanto ad eventi geopolitici quanto a trend macroeconomici. Ad esempio, l’aumento del costo del lavoro in alcune zone ha reso soggetti geograficamente a noi più vicini nuovamente competitivi, aspetto che ha dato una spinta positiva ad alcuni settori dell’economia italiana.
Quali sono i principali elementi su cui focalizzate l’attenzione nell’investire in società non quotate?
Guardiamo principalmente alla qualità del management, alla performance passata, al posizionamento di mercato e al vantaggio competitivo dell’azienda. Tra tutti questi elementi, ci tengo però a sottolineare che l’avere una struttura manageriale competente ed efficiente riveste una importanza fondamentale perché garantisce una governance adeguata a realizzare piani di sviluppo in modo disciplinato e sostenibile.
Le aziende in portafoglio spaziano in settori molto differenti, quali sono i criteri che utilizzate per la selezione degli investimenti sotto il profilo della sostenibilità: cercate aziende che abbiano già un buon livello ESG o pensate che portare valore aggiunto migliorando questo profilo?
A meno che non ci siano degli aspetti estremamente critici, non esistono soglie minime di ESG performance a cui ci atteniamo nelle nostre scelte di investimento. Il nostro obiettivo su questo fronte è selezionare aziende che abbiano aree e margini di miglioramento e accompagnarle in un percorso di crescita nel raggiungimento degli obiettivi che identifichiamo. Il nostro lavoro quindi è finalizzato a portare valore aggiunto nel business delle aziende in cui investiamo.
Quali metodi utilizzate per incorporate l’analisi ESG nelle società in portafoglio?
Per lo svolgimento dell’analisi ESG, ci affidiamo ad advisor esterni, specializzati nella due diligence in questo campo e insieme a loro analizziamo i punti e i temi emersi. Le metodologie sono quindi quelle che i nostri advisor abbracciano e sono per lo più focalizzate sulla valutazione dello status quo dell’azienda rispetto ad una situazione ideale.
Può citare alcuni risultati ottenuti sul fronte del miglioramento delle performance di sostenibilità delle aziende in cui investite?
Un esempio di miglioramento che abbiamo implementato è stato l’investimento in Margot, un’azienda che produce accessori in metallo per pelletteria di alta gamma. La gran parte del processo si svolgeva tramite la galvanica, una tecnica che ha un impatto potenzialmente forte a livello ambientale. Noi abbiamo dismesso questo sistema produttivo, e abbiamo investito per realizzare un nuovo stabilimento che adotta una diversa tecnologia, con impatto quasi zero. Si tratta di un progresso importante ed esemplificativo della nostra strategia.
È inoltre importante sottolineare che i fondi di private equity sono per loro natura focalizzati sul raggiungimento di obiettivi ESG. Sicuramente, all’inizio, la nostra attenzione era più spostata sul fronte della governance: noi investiamo spesso in aziende di dimensioni ridotte e a conduzione famigliare, quindi tra i primi punti che ci impegniamo ad affrontare è contribuire allo sviluppo di un management e di un organigramma che garantisca il funzionamento ottimale dell’azienda.
Avete inserito nella squadra un nuovo ESG officer. Quali saranno i suoi compiti e come opererà?
L’ESG officer assorbirà e approfondirà tutte le attività che riguardano il profilo di sostenibilità delle aziende in portafoglio. Mi riferisco al coordinamento e al supporto degli advisor nella due diligence ESG a alla definizione dei KPI da monitorare, oltre ovviamente al monitoraggio dei progressi. L’ESG Officer si occuperà quindi di predisporre una specifica reportistica, sia trimestralmente che annualmente e, in sede di uscita dell’investimento, la rendicontazione degli obiettivi raggiunti.
Allargherete il vostro stile di gestione anche a una logica di impatto?
Al momento il nostro fondo non svolge attività di “Impact Investing”, anche se non escludiamo di poter lanciare un fondo con queste caratteristiche in futuro, con un team di investimento dedicato.