Guido Zanetti Protiviti | ESG News

Interviste

Zanetti (Protiviti): sottovalutata l’importanza del risk management nel presidio della sostenibilità

Con il crescere dell’importanza della sostenibilità nella strategia aziendale, emerge l’esigenza di un presidio manageriale qualificato, per guidare la trasformazione verso un nuovo modello di impresa. All’interno delle società si sta quindi affermando sempre di più la figura del sustainability manager, professionista in grado di tenere le redini di questo delicato processo. Un ruolo complesso, che implica diverse competenze, anche per tenere il passo con la rapida evoluzione normativa.

Le aziende stanno adottando modelli organizzativi differenti per la gestione delle tematiche ESG, inserendo la figura del sustainability manager prevalentemente nella direzione finanza o in quella comunicazione e marketing. “Se il legame del responsabile della sostenibilità con queste due aree è apparsa evidente fin da subito, d’altra parte non è ancora stata posta sufficiente attenzione alle connessioni tra professionisti della sostenibilità e risk management” ha osservato Guido Zanetti, managing director di Protiviti, società di consulenza multinazionale americana controllata da Robert Half International, gruppo quotato negli Stati Uniti e membro dell’indice S&P 500.

Nata poco più di 20 anni fa con un focus sul risk management, Protiviti ha poi ampliato il suo portafoglio di servizi, includendo anche il tema della sostenibilità. E proprio dall’expertise nelle due aree aziendali, Zanetti, co-global ESG leader del team risk and sustainability, sottolinea come a suo avviso, il ruolo del risk management nelle nuove posizioni ESG sia ancora sottovalutato: “I risk manager hanno la forma mentis adatta per assumere un ruolo proattivo nella gestione delle figure relative alla sostenibilità in azienda, anche con la veste di coordinatori”, ha spiegato, intervistato da ESGnews.

Con il crescere dell’importanza delle tematiche ESG, le aziende si devono dotare di un presidio per il loro governo. Quali sono le tendenze organizzative prevalenti tra le imprese?

La famiglia professionale dei responsabili di sostenibilità è ancora molto giovane, e per questo persone con ruoli simili provengono da background molto diversi, come marketing, strategia, e finanza, ma pochissimi dal mondo del risk management. In generale è difficile individuare un tema definito nella scelta di questo incarico e non è detto che il ruolo più tecnico sia il migliore. Di sicuro servono persone con capacità manageriali e competenze trasversali. Queste caratteristiche corrispondono alla figura dei risk manager, che potrebbero essere valorizzati di più nell’ambito della gestione della sostenibilità. A questo riguardo, possono infatti fare leva su competenze già maturate, per esempio nei processi di enterprise risk management, come metodo di lavoro e tendenza alla visione dell’insieme. Queste skills professionali sono infatti importanti sia nella gestione dei rischi sia delle variabili di sostenibilità.

La nuova normativa pone l’accento proprio sull’individuazione dei rischi e delle opportunità in ambito ESG. Non solo, ma con il concetto di doppia materialità l’aspetto di valutazione degli impatti e dei rischi della transizione sarà sempre più importante…

Certamente le due dimensioni trovano una matrice di analisi comune. Da una parte, se si parla ad esempio di rischio climatico, il nesso tra sostenibilità e risk manager è evidente, ma dall’altra c’è un argomento più sottile. La posizione di risk manager richiede un approccio olistico, che ben si sposa con i temi che devono presidiare i responsabili di sostenibilità. I risk manager hanno quindi il metodo e inoltre sono abituati a ingaggiare tutta l’azienda, conoscendola in maniera trasversale e sapendo quali sono l’indirizzamento strategico, le norme e gli standard. Possono quindi far leva sugli strumenti che già utilizzano per guardare alle minacce all’incolumità dell’azienda, applicandoli all’analisi di sostenibilità.

Attualmente vi sono due modelli prevalenti per il collocamento della funzione ESG: nell’area marketing o nell’area finanza. Quale dovrebbe essere la configurazione ideale, a suo avviso?

È difficile parlare di un modello ideale, valido per ogni azienda, perché l’organigramma dipende dalla specifica visione sul tema della sostenibilità. Generalizzando, si può dire che un responsabile di sostenibilità che risponde al Cfo abbia una visione più orientata al reporting, mentre quando riporta direttamente al Ceo si profila un’ottica più strategica, in grado di coordinare e sovrintendere un processo che deve riguardare tutte le funzioni aziendali. Volendo dare delle indicazioni al di là delle necessità della singola impresa, una funzione ESG ridotta al reporting rischia di ridursi a compliance e perdere l’orizzonte strategico. Bisogna poi considerare i legami con l’area innovazione e con le risorse umane per i due aspetti ambientale e sociale.

Come dovrebbe essere gestito il dialogo tra le diverse funzioni aziendali? 

È molto importante che all’interno delle aziende si crei un clima di dialogo e diffusione della cultura tra le diverse funzioni, affinché si possano implementare i processi di trasformazione necessari per raggiungere gli obiettivi ambientali, sociali e di governance prefissati. In questo senso le aziende di consulenza possono svolgere un ruolo di facilitatore del dialogo, partendo da un’attività semplice come organizzare tavoli di discussione e confronto tra risk manager e sustainability manager.

E per le PMI, che spesso non hanno grandi risorse da dedicare, quale potrebbe essere la soluzione ottimale?

Spesso l’ambito manageriale delle piccole e medie aziende prevede strutture più semplici senza la presenza di figure professionali specializzate, come il risk manager o il sustainability manager. Questo offre l’opportunità per le aziende di minori dimensioni di definire, ove ne avvertano la necessità strategica e le risorse lo consentano, una figura che si dedica sia al management del rischio che a quello della sostenibilità. Questo tipo di struttura può rispondere a diverse esigenze, valorizzare la sostenibilità come strumento strategico e includere la mitigazione dei rischi con l’obiettivo di creare valore, permettendo all’azienda di creare grande valore aggiunto.