L’introduzione dei dazi statunitensi sui prodotti agroalimentari europei rischia di colpire duramente il Made in Italy, con una perdita stimata tra i 700 e gli 800 milioni di euro di esportazioni verso gli USA. Secondo Federalimentare, il contraccolpo sarà pesante: si prevede un calo del 10% del fatturato e una contrazione del 30% nei volumi esportati, in un mercato che solo nel 2024 valeva 7,8 miliardi di euro, ovvero il 10% di tutto l’export agroalimentare italiano.
Tra i prodotti più a rischio ci sono quelli simbolo dell’eccellenza italiana: pasta, olio d’oliva, formaggi, salse e vino, con il solo comparto degli alcolici che vale oltre 2 miliardi. A pagarne il prezzo non saranno solo le imprese italiane, ma anche i consumatori americani: Coldiretti stima per loro un impatto di 1,6 miliardi di euro, con un inevitabile calo delle vendite e un probabile aumento del fenomeno dell’Italian sounding.
Il sondaggio condotto da Centromarca rivela che solo il 16% dei consumatori USA è disposto a pagare di più per continuare ad acquistare prodotti italiani, mentre il 30% prevede di ridurne il consumo. Questo scenario desta forte preoccupazione tra le associazioni di categoria. Confcooperative Fedagripesca segnala come il mercato americano rappresenti il 30% dell’export del vino e il 25% dei formaggi per i propri associati, mentre Federvini avverte che in passato i dazi hanno portato a perdite fino al 50% dell’export verso gli Stati Uniti.
Cautamente ottimista il Consorzio del Parmigiano Reggiano, che sottolinea come il prodotto, essendo premium, potrebbe reggere l’impatto dei rincari. Più critico il Consorzio del Grana Padano, che contesta i dati USA e denuncia l’iniquità dei dazi: il dazio europeo sui formaggi americani è di 1,8 euro/kg, mentre le aziende italiane pagano da sempre molto di più.
Di fronte a questa situazione, alcune grandi imprese come Illy, Lavazza e Granarolo stanno già valutando la possibilità di delocalizzare la produzione negli Stati Uniti per aggirare le barriere doganali. Confagricoltura, da parte sua, evidenzia il rischio di concorrenza sleale da parte di Paesi terzi, come la Cina, e chiede misure urgenti di sostegno per i settori più colpiti.
Le preoccupazioni del settore sono emerse anche durante l’incontro tenutosi a Parma il 2 aprile 2025, in occasione della Giornata Nazionale del Made in Italy, alla presenza del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e dei principali rappresentanti dell’industria agroalimentare italiana.
Il Ministro Urso ha ribadito che il Governo intende difendere l’identità e la competitività del Made in Italy nel mondo, sottolineando l’importanza di un approccio unito a livello europeo per evitare dannosi effetti di ritorsione commerciale: «Non reagiremo ai dazi con altri dazi. È preferibile puntare su accordi bilaterali di libero scambio, misure compensative per i settori esposti e una nuova politica industriale che tuteli il mercato interno e apra nuove rotte verso Asia, Africa e America Latina».
Il presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino, ha sottolineato che l’agroalimentare è un settore strategico, che ha visto una crescita dell’export dell’8,6% nel 2024, ma che ora ha bisogno di certezze per poter continuare a investire: «Serve stabilità normativa, un fronte comune in UE e il rinvio della Sugar Tax, che rappresenta un’ulteriore minaccia per la competitività delle imprese».
Annalisa Sassi, presidente di Confindustria Emilia-Romagna, ha ribadito il ruolo centrale del commercio estero nella crescita del settore: «Serve una politica industriale sinergica, che affianchi promozione, accordi commerciali e infrastrutture strategiche». Gabriele Buia, presidente dell’Unione Parmense degli Industriali, ha ricordato come il comparto alimentare di Parma rappresenti da solo il 5% dell’export nazionale e debba essere tutelato come patrimonio nazionale.
Il messaggio emerso è chiaro: il settore agroalimentare italiano non può affrontare da solo le sfide poste dai nuovi scenari globali. Serve una risposta unitaria e strategica, fondata su cooperazione tra imprese, istituzioni e Unione Europea, per difendere una delle eccellenze più riconosciute e apprezzate del nostro Paese nel mondo.