Le nostre previsioni sul prezzo del petrolio per il 2024 sono cautamente ottimistiche. Tuttavia, molti investitori sono nervosi e inquieti a causa dei persistenti conflitti nel Mar Rosso e dell’annuncio cruciale dell’OPEC+ sui tagli alla produzione all’inizio di marzo. L’evoluzione di questi eventi potrebbe influenzare significativamente i prezzi del petrolio in entrambe le direzioni. Inoltre, l’aumento dei prezzi del petrolio potrebbe amplificare le pressioni inflazionistiche dovute all’aumento dei costi di trasporto, ritardando potenzialmente i tagli dei tassi di interesse della Federal Reserve.
Un fattore critico è la decisione dell’OPEC+ sulla possibilità di mantenere gli attuali livelli di produzione, attesa per la prima settimana di marzo. Lo scorso ottobre il gruppo si è impegnato a tagliare 7,2 milioni di barili al giorno (mbd). Secondo le stime di PIMCO, ciò equivale a circa il 7% della domanda globale, e un terzo di questa riduzione – circa 2,2 mbd – sarà “volontaria”.
La mancata estensione di questi tagli potrebbe smorzare il sentiment del mercato e comportare un possibile passo indietro dell’OPEC+ rispetto a una politica che ha sostenuto la stabilità dei prezzi. PIMCO stima che le riduzioni abbiano portato a circa 4,5 mbd di capacità produttiva inutilizzata, la più alta in quasi un quarto di secolo. In uno scenario in cui 2,2 mbd rientrano nel mercato ad aprile senza altri aggiustamenti, il nostro modello prevede che il greggio potrebbe scendere di 20 dollari, calando intorno ai 65 dollari al barile (bbl).
Nonostante il consenso del mercato propenda per un’estensione dei tagli volontari fino al secondo trimestre del 2024, la storia suggerisce che tali misure non sono permanenti. Ciò introduce un notevole rischio di ribasso nel caso in cui la strategia dell’OPEC+ dovesse cambiare.
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Tensioni geopolitiche e rischi di approvvigionamento
Al contrario, le tensioni in corso nel Mar Rosso potrebbero far salire i prezzi. I militanti Houthi sostenuti dall’Iran in Yemen hanno turbato il commercio globale prendendo di mira le navi nello stretto di Bab el-Mandeb e nel Mar Rosso, provocando azioni di ritorsione da parte degli Stati Uniti e di altri Paesi.
Ciò ha fatto lievitare i costi di spedizione a causa dei tempi di viaggio più lunghi e dei premi assicurativi più elevati. L’Europa, che dipende fortemente dalle importazioni asiatiche dopo l’imposizione di sanzioni alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina nel 2022, ha accusato il peso di queste difficoltà logistiche, sostenendo costi aggiuntivi significativi per i prodotti petroliferi raffinati. Tuttavia, le forniture globali rimangono per ora inalterate, con l’aumento dei costi compensato dalla riduzione della domanda dovuta al clima più caldo.
Comunque, le persistenti tensioni sottolineano l’importanza di prestare attenzione ai rischi di approvvigionamento. In dicembre prospettavamo un inasprimento delle sanzioni contro l’Iran, previsione confermata da ulteriori sanzioni e attacchi alle milizie per procura iraniane.
La potenziale risposta dell’Iran rimane incerta, ma le sue azioni aggressive in seguito alla reintroduzione delle sanzioni nel 2019, colpendo i beni energetici sauditi e dichiarando, in sostanza, “Se non possiamo vendere il nostro petrolio, nessuno può farlo”, servono da monito. Sebbene i prezzi del petrolio si siano impennati dopo questi attacchi, la rapida ripresa della produzione dell’Arabia Saudita ha velocemente invertito questo picco.
Sebbene le relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita siano migliorate, la capacità dell’Iran di perturbare lo Stretto di Hormuz non è in dubbio. Come si è visto nel Mar Rosso, droni e missili terrestri possono creare scompiglio ed essere difficili da fermare. Nella prima metà del 2023 dallo Stretto di Hormuz è passato circa il 20% delle forniture globali di petrolio e gas naturale, secondo le stime della U.S. Energy Information Administration di dicembre – e al di là degli oleodotti est-ovest in Arabia Saudita, c’è una capacità limitata di reindirizzare le forniture se gli eventi dovessero sfuggire di mano. La natura e la durata di un’eventuale interruzione delle forniture influirebbero sull’aumento del prezzo, ma gli operatori petroliferi reagirebbero rapidamente a qualsiasi rischio percepito e un’impennata di 20 dollari al barile non sarebbe irragionevole.
Il pantano geopolitico e i mercati petroliferi
In sintesi, anche se le nostre previsioni di base per i prezzi del petrolio per il 2024 sono favorevoli, l’incertezza della traiettoria delle decisioni sulla produzione dell’OPEC+ e i conflitti regionali suggeriscono una strada accidentata per il mercato. Per gli investitori, i recenti cali dell’inflazione, in particolare per i prodotti manifatturieri, sono stati accolti con favore, portando a una stabilizzazione dei mercati del reddito fisso e a un aumento delle valutazioni azionarie. Tuttavia, secondo il Bureau of Labor Statistics, a gennaio l’inflazione dei prezzi al consumo negli Stati Uniti è aumentata del 3,1%, più velocemente di quanto previsto rispetto all’anno precedente. L’aumento dei costi di spedizione o uno shock energetico aggiungerebbero pressione inflazionistica, complicando ulteriormente la tempistica dei tagli dei tassi da parte della Fed.